Spoils System

Meloni e generali. Scatta la corsa per guidare Gdf, Servizi e Polizia

Carmelo Caruso

La nomina della nomina è per il dopo Zafarana, comandante delle Fiamme Gialle. Entro il 15 gennaio i nomi dei vicedirettori dell'intelligence che scadono. Il ruolo di De Gennaro che consiglia la premier

Per alcuni al di sopra di questo incarico c’è solo quello di presidente della Repubblica. E’ la “nomina delle nomine”. E’ quella a Comandante generale della Guardia di Finanza. Chi vuole può riprendere la storia politica degli ultimi vent’anni e accorgersi che quanto formulato all’inizio non è poi lontano dal vero. Chi si è seduto su quella sedia si è scontrato con premier, è stato intercettato al telefono, è finito al centro di inchieste giudiziarie. L’incarico è al momento ricoperto da Giuseppe Zafarana. E’ al vertice dal maggio del 2019 e il suo mandato è stato prolungato dal governo Draghi di un anno. Per farlo è stata approvata una norma che ha esteso la scadenza naturale, tre anni, nel caso in cui non venivano raggiunti i limiti d’età. La stessa norma ha permesso di prolungare anche il mandato di Mario Parente, direttore dell’Aisi. Il governo Meloni, che continua a difendere legittimamente la pratica dello spoils system si trova adesso a decidere se prolungare ancora l’incarico di Zafarana così come quello di Parente. Ci sono tre profili che hanno l’ambizione di sostituire Zafarana. Il primo è quello del Capo di stato maggiore del Comando generale, Francesco Greco. Il secondo è Umberto Sirico, generale di Corpo d’armata. Il terzo, anche lui generale di Corpo d’armata, è Fabrizio Carrarini. Vengono però ritenuti nomi divisivi per compattare un corpo ampio come quello della Gdf. Ecco perché si parla di un rinnovo di Zafarana o di una figura che sia la sua copia. Meloni deve adesso dimostrare se oltre a rivendicare lo spoils system sarà capace di metterlo in pratica in ogni ingranaggio dello stato.


 Si racconta che Alfredo Mantovano, un uomo stimato trasversalmente, abbia spiegato alla premier che anziché chiamarlo spoils system andrebbe chiamata “ginnastica dei dirigenti”. L’Italia ha infatti un problema di competenze altissime che non riescono a essere sostituite. Non riescono a esserlo perché i vertici vengono prorogati, le posizioni cristallizzate. Non è solo “un mettere i miei e togliere i tuoi”. La sfida è “trovare i miei uomini dato che ci sono sempre stati i tuoi”. Nel governo si dice che “i vertici dei servizi e il comandante della Gdf hanno ricoperto il mandato senza scosse”. E però, si fa un’ulteriore riflessione: “Si possono prorogare i vertici dei Corpi ma il rischio è di non avere il Corpo”. Significa dire che congelando la situazione si impedisce a chi vuole giustamente avanzare di farlo. Si creano malumori all’interno. Inoltre vige un vecchio adagio: “Se tu mi proroghi sarò leale, ma la gratitudine antica sarà per chi mi ha nominato la prima volta”.

 

Meloni si trova di fronte a questo incrocio. E lei, se potesse, vorrebbe la lealtà ma anche la gratitudine. Il suo ministro della Difesa Guido Crosetto si trova di fronte a un altro: sacrificare competenze, amicizie, relazioni con uomini o salvarle. Non c’è solo Fausto Recchia, amministratore delegato di Difesa e Servizi Spa, ed ex deputato del Pd, riconfermato. Un altro caso è quello di Luciano Carta, presidente di Leonardo, voluto in quel ruolo da Di Maio, ed ex Capo di stato maggiore della Finanza. La Lega e Forza Italia vogliono che venga rimosso per ragioni diverse. Salvini ne aveva una in più (e spiegheremo perché usiamo l’imperfetto) che non gli perdona. Avevano un buon rapporto finito quando Carta si è avvicinato a Conte. Ultimamente Carta, e si dà per certo, si è riavvicinato a Salvini. Si sono incontrati. Sostituire è politica ma anche la politica ha ragioni che lo spoils system non conosce. Di Elisabetta Belloni, prima donna direttrice dei servizi segreti, che ha lavorato anche lei con Di Maio alla Farnesina, Meloni pensa che non vada sostituita o che se vada sostituita debba essere nominata presidente di Eni. Belloni è stata attaccata da Matteo Renzi e questo, per la premier, è un buon motivo per lasciarla al suo posto. E’ stato già scritto, ma serve ripeterlo. Gli incarichi dei servizi vanno mediati con il Quirinale. I due direttori di Aisi, l’Agenzia di informazione per la sicurezza interna, e di Aise, l’Agenzia informazioni per la sicurezza esterna, sono rispettivamente Mario Parente e Giovanni Caravelli. Devono completare il mandato e il governo lo lascerà completare. Aise e Aisi sono agenzie dove i ruoli operativi sono svolti soprattutto dai vicedirettori e Meloni tra pochi giorni sarà chiamata a scegliere. I due vice dell’Aise (Luigi Della Volpe e Carlo Massagli; indicati da Conte) hanno i mandati in scadenza tra poche settimane. Scadrà anche il mandato di De Donno, altro vice di Aisi.

 

Due giorni fa c’è stata una riunione dei vertici dei servizi e si è stabilita una data limite. Quella data è il 15 gennaio. Prima di quella data i direttori si vedranno con Elisabetta Belloni e faranno una lista di possibili nomi da presentare a Mantovano, il sottosegretario alla presidenza che ha la delega ai servizi. Mantovano la valuterà con Meloni. Uno dei vice in corsa, stimato dalla Belloni, è Nicola Boeri. Vittorio Pisani che è invece l’attuale vice dell’Aisi e che qualcuno indica come sostituto di Parente, quando scadrà il mandato, è in realtà il nome a cui pensa Matteo Piantedosi come prossimo capo della Polizia al posto di Lamberto Giannini. C’è una vecchia personalità che conforta su questi dossier Meloni. Si tratta di Gianni De Gennaro, antico maestro di Pisani, ex capo della Polizia, direttore dei Servizi e tanto altro.

 

De Gennaro dal 2013 al 2020 è stato anche presidente di Leonardo, dove oggi c’è Carta. Si tiene tutto. Siamo partiti dalla Guardia di Finanza, passando per le partecipate, abbiamo attraversato i servizi per giungere infine alla Polizia. Il governo Meloni verrà valutato non per le interviste o per le sue lame sudamericane, ma per la capacità di presentare, formare una nuova generazione di uomini di stato e manager che non rimangono al loro posto come i caudilli. Non bisogna usare il machete del Sudamerica, ma evitare il Sudamerica. Anche quello di Paolo Conte. Parole e nuvole.
 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio