Il caso

Non solo nel Lazio, le affinità elettive tra Conte e la Cgil di Landini

Gianluca De Rosa

Alle regionali la sindacalista Tina Balì sarà in cima alla lista di sinistra che insieme al M5s sostiene la candidatura. E' l'ultimo episodio del progressivo avvicinamento tra il capo del M5s e il segretario della Cgil

La decisione Tina Balì, membra della segreteria nazionale della Flai Cgil, un passato dentro alla federazione laziale del sindacato, l’ha presa all’ultimo momento, ma non per questo con meno convinzione. “Alle ultime elezioni regionali – ricorda – ho sempre sostenuto Nicola Zingaretti, penso sia stato un bravo presidente, ma oggi mi trovo più con il M5s, sono gli unici che nel merito stanno seguendo le istanze che arrivano dal sindacato”. Balì sarà la capolista del Coordinamento 2050, la lista di sinistra creata da Stefano Fassina, Paolo Cento e Loredana De Petris che in Lazio affiancherà quella del  M5s in appoggio a Donatella Bianchi contro il candidato di Pd e Terzo polo Alessio D’Amato.


La Cgil, insomma, si sposta. Pensare che per cinque anni, il ruolo di assessore al Lavoro nella giunta Zingaretti lo ha svolto Claudio Di Berardino, uno che della Cgil è stato segretario regionale. Ma, si sa, le cose cambiano. D’altronde non sono più in tempi in cui Beppe Grillo liquidava il sindacato a “struttura vecchia come i partiti politici”, né quelli in cui Roberta Lombardi, in trattativa con Bersani per un governo che non nacque mai, teorizzava l’inutilità del sindacato: “Noi non incontriamo le parti sociali perché siamo quelle parti sociali”, diceva l’uscente assessore all’Ambiente della giunta rossogialla del Lazio, riducendo i sindacati a “grumi di potere che mercanteggiano soldi”. E non è neanche il 2019, quando sul Blog delle stelle apparve un articolo che annoverava Landini tra quell’”élite di privilegiati” che “guadagnano migliaia di euro al mese” senza fare davvero “l’interesse dei lavoratori”. Non è passato poi così tanto tempo, eppure oggi a quello stesso Landini, ex nababbo sindacalista, Conte sta facendo una corte spietata. Tutto è iniziato lo scorso 8 ottobre quando il fu avvocato del popolo, ospite ad una manifestazione disse: “Nel rispetto dei ruoli la nostra agenda sociale ha molti temi in comune con quella della Cgil: contro le buste paga da fame, contro il precariato selvaggio e per restituire dignità al lavoro”. Due mesi più tardi, il 6 dicembre, Landini è stato ospite di Conte nella sede del M5s in via di Campo marzio per un confronto sulla legge di bilancio del governo Meloni. “Su molte nostre richieste c’è un terreno importante e comune di iniziative”, disse uscendo il segretario della Cgil. L’ufficializzazione di un patto, nuove convergenze dopo quelle già sancite sul tema della pace a qualsiasi costo in Ucraina. 


Ma è da tempo che un pezzo consistente del sindacato rosso guarda con maggior favore ai grillini che agli ex riferimenti politici del Pd. Alle scorse elezioni politiche uno storico volto della Cgil bolognese, Danilo Gruppi, annunciò il suo voto al Movimento: “E’ la prima volta che non scelgo un partito derivato dal Pci, ma ormai i 5 stelle sono più a sinistra del Pd che ormai è il partito dell’establishment, solo gente come Lepore o Provenzano ha in mente una prospettiva laburista che, però, resta nei loro sogni”, spiegò al Corriere della Sera. E Balì oggi al Foglio sostiene cose non affatto distanti. “Dentro al Pd – dice – c’è tanta gente di valore, ma soprattutto a livello nazionale è mancato il coraggio, l’audacia di fare e dire cose radicali, dalla parte dei lavoratori, con Conte invece c’è sintonia, l’ho sentito anche in occasione della legge di bilancio, si è impegnato con noi contro i voucher, ci ha ascoltato, come d’altronde ha sempre fatto anche negli anni in cui era a palazzo Chigi”.
 

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