Dietro le mosse di Valditara
Rivoluzione tutor. Perché tra scuola e governo c'è feeling
Scioperi snobbati, contratti rinnovati, e ora arriva il professore-tutor, che potrebbe dare una spallata alla vecchia didattica. Così il mondo della scuola, stanco di decenni di immobilismo ideologico, è pronto a dare credito alle proposte del ministro dell'Istruzione
Hanno titolato tutti “I docenti tutor saranno pagati di più”, all’annuncio, per ora non formalizzato, del ministro dell’Istruzione (e Merito) Giuseppe Valditara dell’introduzione di un nuovo tipo di docente – o per meglio dire di una diversa “funzione docente”. Cioè il professore tutor, che “si dovrà occupare di coordinare la personalizzazione dell’insegnamento” di tutti i colleghi per renderlo più efficace e vicino agli studenti più in difficoltà e anche a quelli “più avanti”, a cui servono stimoli superiori. E di altre cose ancora. Buon segno per il ministro, l’interesse subito acceso, perché dimostra quanto il mondo della scuola aspiri disperatamente a novità, a idee da mettere alla prova, a spallate robuste per smuovere un sistema immobile fino a farlo cedere. E immaginare una figura docente diversa e diversamente preparata, psicologia e pedagogia in primis, per coordinare in team il lavoro dei colleghi può essere una buona spallata. Ma quei titoli, tutti tarati sullo stipendio, sono anche un segno di quel che Valditara dovrà poi aspettarsi, dal mondo della scuola e dal suo esoscheletro sindacalizzato: da troppi decenni la scuola è considerata un problema di pubblico impiego, di posti e retribuzioni uguali per tutti. E quando il ministro, parlando a Radio 24, ha spiegato che “il docente tutor non è un collega gerarchicamente sovraordinato, ma è un collega come gli altri” ha dimostrato di avere coscienza delle possibili trappole contrattuali. Anche se, ha detto, con i sindacati si è già iniziato a discutere, c’è disponibilità, e ci sono i fondi del Pnrr.
Innovare nella scuola non è mai facile, ma stavolta la nuova maggioranza potrebbe sfruttare un “effetto attesa” troppo a lungo frustrato dai passati governi. C’è nella scuola un blocco ideologico che a furia di dirsi progressista è conservatore, legato a un mito falsamente egualitario che, di fatto, ha invece penalizzato proprio i livelli più deboli della scolarizzazione. Ma in tanti chiedono aria nuova (o scelgono Opzione donna). L’idea di introdurre un “tutor” più o meno con le stesse caratteristiche, in grado di intervenire soprattutto sull’inclusione e contro la dispersione scolastica, era presente già nella Buona scuola di Renzi (2015). A frenare fu, tra le altre cose, proprio l’impossibilità mentale, quasi fisica, per i “colleghi” di poter accettare un ruolo “gerarchicamente sovraordinato”, con responsabilità decisionali più ampie e, ovviamente, meglio pagato. Ma di una scuola così si muore, e come ricorda il ministro la dispersione scolastica italiana è al 13 per cento (con picchi al Sud molto più alti).
Così nelle scuole, presidi e tantissimi docenti, la richiesta di riforme che rimettano in moto il sistema è sempre più alta. Valditara lo sa, e può tenerne conto. I segnali non mancano: gli ultimi scioperi politicizzati sono stati un flop, segno di una sempre minore sopportazione da parte di un regime politico-sindacale che tutela solo il posto (fisso) a scapito di qualsiasi qualità; il governo ha messo un po’ di risorse economiche per il nuovo contratto e (via Pnrr) per digitalizzazione e strutture. E questo ha destato un’apertura di credito nel mondo della scuola. A controprova: le polemiche stupide sui cellulari o la disciplina sono nate e morte sui giornali, molto lontano dalla vita reale delle aule. Ora l’idea dei tutor può essere una prima forte spallata, stavolta per sperimentare didattiche più rispondenti alle necessità. Non è una riforma totale del sistema, ma se in ogni classe, in ogni consiglio di classe, arrivasse una figura preparata e aggiornata, in grado di indicare le scelte, sarebbe già molto. Non aspetta altro, la scuola, per smettere di essere un recinto desolato abitato da prof demotivati, da cui gli studenti, appena possono, se la danno a gambe.