Non tutti son tassisti
Nel rapporto con le corporazioni per Meloni la vita è più dura del previsto
Nonostante l'attenzione dedicata ai corpi intermedi, sono diverse le associazioni corporative che hanno interlocuzioni complicate con la maggioranza. E per un governo di destra lo sciopero di una categoria come i benzinai suona come un clamoroso contropiede
Corporazioni contro nazione. Un bel derby. Per un governo di destra lo sciopero di una categoria come i benzinai suona come un clamoroso contropiede. Perché ci saranno stati sicuramente degli errori di sottovalutazione sulla complessa materia delle accise ma in termini di blocco sociale l’astensione programmata per il 25 e il 26 gennaio equivale a dire che nella politica di oggi non ci sono pasti gratis. Non ci sono fedeltà assicurate. Come i moderni consumatori anche i corpi intermedi e le piccole associazioni di categoria sono tendenzialmente infedeli appena li tocchi sul portafoglio o quando minacci sanzioni. La destra quando è stata all’opposizione ha sempre preferito il dialogo sociale con le categorie free rider, quelle che a qualsiasi discorso di sistema hanno sempre messo davanti la difesa intransigente dei propri interessi. Senza se e senza ma.
Come i tassisti o i balneari. Ed è quindi quasi una nemesi che il governo Meloni vada a sbattere proprio contro le associazioni corporative, come si usava dire una volta. Eppure non si può dire che la nuova maggioranza non abbia dedicato la giusta attenzione all’interlocuzione con i corpi intermedi. Il caso virtuoso è sicuramente quello della Coldiretti, che non solo ha ospitato la premier nella primissima uscita dopo il 25 settembre ma è stata ricompensata subito con il cambio di nome del ministero agricolo diventato della Sovranità alimentare. Non contento, il ministro Francesco Lollobrigida non fa mancare il suo appoggio e la sua presenza alle iniziative di territorio della Coldiretti inquadrate nel format della campagna contro Frankenstein, al secolo la carne sintetica e gli insetti che le autorità europee e le perfide multinazionali vorrebbero far ingerire agli italiani al posto della bistecca fiorentina, del culatello e delle puntarelle.
Qualche (silenzioso) successo il governo lo ha registrato anche tra i commercianti e gli artigiani grazie al potenziamento della flat tax e all’allargamento del regime forfettario, che si presenta come uno sconto fiscale per le fasce medio-basse del lavoro autonomo. Più in generale gli addetti ai lavori segnalano come Meloni tenda a privilegiare l’interlocuzione con le associazioni bianche, le ex democristiane, con il sogno di ricostruire in vitro un po’ del vecchio collateralismo e isolare i rossi d’antan. Meglio la Confcooperative, per capirci, che le Coop.
Più difficile, si dice, sia il rapporto con il Terzo settore: il Forum delle associazioni di volontariato mugugna contro il governo ma più in là per ora non si va. Del resto si sa che i riconoscimenti spagnoleschi per il Terzo settore funzionano tantissimo nei discorsi scritti dai ghostwriter, tirano applausi dalle platee benpensanti ma poi sono regolarmente destinati a restare lettera morta per il semplice motivo che i benzinai, come vediamo, possono scioperare e i poveri e i malati no.
Restano Confindustria e i sindacati. E’ qui che l’iniziativa del governo sembra decisamente meno stringente. Dopo una serie di frecciate scambiate (per di più a mezzo stampa) con gli industriali, il ministro Adolfo Urso è volato addirittura a Kyiv con il presidente Carlo Bonomi per parlare di ricostruzione dell’Ucraina e ha promesso impegno per far decollare i tavoli promessi, aperti e congelati presso il nuovo Mimit sulle crisi di settore. Ma intanto il primo banco di prova arriverà da cosa concretamente il governo riuscirà a mettere in campo per incentivare la diffusione della Transizione 4.0, dossier decisivo specie in una fase in cui la contrazione dei margini industriali rischia pressoché di azzerare la spesa delle imprese per investimenti. Tra i sindacati dei dipendenti, Meloni può contare ovviamente sull’Ugl equiparata alla Triplice aggiungendo stabilmente un posto al tavolo. La premier si è anche giovata indirettamente del pragmatismo della Cisl di Luigi Sbarra, che in continuità con le scelte operate con il governo Draghi non si è accodata ai comizi dei gemelli dello sciopero, Maurizio Landini e Pierpaolo Bombardieri. Le agitazioni indette da Cgil e Uil non sono rimaste scolpite nella storia delle relazioni industriali italiane e così l’iniziativa è finita per languire da entrambe le parti.
Chi non langue però è l’inflazione e come dimostra lo sciopero dei benzinai i problemi hanno la testa dura. Ergo o l’esecutivo ha la capacità/forza di impostare un’iniziativa di governo delle retribuzioni per tutelare il potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti oppure rischia l’irrilevanza. Ma c’è dentro la maggioranza una cultura “alta” dello scambio che possa presiedere a un’iniziativa di questo genere senza generare i mostri dell’indicizzazione delle retribuzioni?