L'intervista a Fabrizio Boron
In Veneto FdI lancia la Giornata del patriota. Lega furiosa: “Pensino al federalismo”
“Più che alla patria, i meloniani pensino a creare un paese federale”, incalza il consigliere regionale veneto. San Marco, Resistenza e Stati Uniti d’Italia: i pilastri della Liga mettono in imbarazzo la maggioranza
Quando cantava Up patriots to arms, a buttare giù Franco Battiato era la musica contemporanea. Per i leghisti veneti, oggi, è l’ordine del giorno in Consiglio regionale. Che invece di preoccuparsi per l’autonomia che non arriva – Engagez-vous! – si perde nelle ricorrenze. Ultima sul tavolo, la proposta di legge di Fratelli d’Italia per istituire la Giornata del patriota: ogni 15 giugno, con l’obiettivo di educare i giovani in sinergia con le forze di sicurezza e le associazioni d’arma. Con ottimismo un po’ naif, i meloniani si sono augurati “l’ampia condivisione di questa iniziativa pensata per arginare il disagio psicologico dei nostri ragazzi. E che non c’entra nulla col sabato fascista”, obiezione già mossa dalle forze di opposizione. I primi a opporsi sarebbero però gli alleati. “Patria”, filosofa Fabrizio Boron, storico consigliere in quota Carroccio. “Che cos’è, dopo tutto, la patria?”. Ce lo dica lei. “Ritengo sia la terra dei padri, il posto dove poggi il tuo sguardo sin dalla nascita. Il Veneto, nel nostro caso”.
La sensazione è che ci sia un leggerissimo misunderstanding. “Qualcun altro pensa invece a Roma e al Colosseo? Legittimo. Ma allora è necessario chiarire il contesto di questa richiesta”. Cioè? “Se la Giornata del patriota vuole ricordare coloro che ogni giorno rischiano la vita per il paese, nulla in contrario. Se invece implica un’etichetta di destra nazionalista, beh, nasce oggi e muore domani. Non va affatto bene. Né a me, né ai cittadini veneti”. Anche perché il regalino di FdI costerebbe 250mila euro di stanziamento. “Vengo da una famiglia semplice, mio nonno è finito in un campo di concentramento. Credo dunque nel valore delle ricorrenze. Ma soltanto se possono rappresentare tutti e vengono condivise da tutti. Come il nostro 25 aprile: sia celebrazione di San Marco, sia Festa della Liberazione”.
E però, consigliere, li va proprio a provocare i nostalgici della fiamma. “Tutti riconosciamo l’importanza di certe date. Poi si sa, il 100 per cento nei fatti non esiste. Basterebbe il 98,1”. Numero non casuale. “Oltre a una profonda riforma dello stato, il referendum per l’autonomia del 2017 rappresenta un sentimento comune. Senza colori politici. E stiamo ancora aspettando”.
Altra frecciatina a Giorgia. “Quando la sento parlare di Italia”, continua Boron, ben avvezzo al fuoco amico anche all’interno del proprio partito, “utilizza la parola nazione. Io dico stato. Non è una differenza da poco. E non venitemi a parlare di identità rinnegata: gli Stati Uniti d’America sono un insieme di stati federali che sotto una bandiera comune provano un orgoglio sconfinato. Noi potremmo essere la stessa cosa, in teoria”. Sogna gli Stati Uniti d’Italia? “Abbiamo culture, origini e tradizioni variegate: questo è il bello del nostro paese, che mi auguro presto federale. E questa è l’autonomia che vogliamo: la valorizzazione e la responsabilizzazione dei territori”.
È da cinque anni che Luca Zaia e compagni van martellando per comizi, palazzi del potere ed emittenti televisive. “Il nostro presidente mette a fuoco le spaccature e le difficoltà dell’Italia di oggi. E queste problematiche sono figlie di una struttura statuale centralizzata”. Boron si gioca l’asso al passo di cronaca: “Difficilmente in Veneto potrebbe esistere un latitante che per trent’anni scorrazza liberamente come un cittadino qualunque. Parliamo di questo, anziché di patria”.
Ma alla fine, la discussione in Consiglio regionale come si è risolta? “Si è fermata. Agli annunci dovranno seguire i fatti. E la ricorrenza, se mai vedrà la luce, dovrà essere aggiustata in modo tale che rappresenti i veneti e non soltanto alcuni veneti”, garantisce il fedelissimo di Zaia, già in rotta con Salvini e la Lega romana. Ultimo sassolino? “Quello della delusione. Siamo arrivati a gennaio e dell’autonomia non c’è traccia se non in un qualche indefinito Consiglio dei ministri. Per iniziare a discuterla, poi. Figurarsi i tempi che serviranno per approvarla: il governo di cui facciamo parte ci ha promesso un percorso reale e concreto entro la fine del 2023”. C’è da fidarsi? “Credo soltanto che prima o poi l’autonomia arriverà. Perché qualsiasi cosa amata e voluta da un popolo ha un solo esito: quello del suo inevitabile compimento. Si pensi ad accelerarlo, per quel che può fare la regione. Altro che Giornata del patriota”. I falsi miti di progresso, come prosegue il brano di Battiato. Ma forse Boron questo non lo canta. Anche perché il Maestro era siciliano.