Processo al ministro
Nordio isolato confida: "Posso lasciare". Calenda: "FdI è giustizialista"
Il ministro viene arginato da Fratelli d'Italia per le sue uscite sulle intercettazioni e difeso da Lega e Forza Italia: "Stiamo buttando via le nostre battaglie liberali e garantiste"
I “campioni” si difendono o non si chiamano al governo. Carlo Nordio è un campione della Meloni o un ministro fastidioso? I quotidiani raccolgono firme contro di lui, parte della maggioranza lo tratta come un naïf. Dice Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera, deputato di Forza Italia, che “bisognerebbe essere all’altezza della sapienza giuridica di Nordio e riflettere sulla straordinaria opportunità che ha questa maggioranza ad avere un ministro della Giustizia come lui”. Il ministro della Giustizia potrebbe presto lasciare l’incarico. Lo ha confidato ad altre figure istituzionali: “Se non sono accettato posso tornare alle mie letture”. E’ la seconda volta che il ministro fa questa confessione. Gli era accaduto di pensarlo dopo il decreto sui rave. Venne accusato, anche dalla sua maggioranza, di essere allora poco garantista mentre oggi di esserlo troppo. La premier conosceva le opinioni di Nordio sulle intercettazioni, sulla civiltà giuridica e si è battuta per averlo candidato tanto da strapparlo alla Lega. Oggi Nordio è compatibile con FdI? Carlo Calenda, leader di Azione, dice al Foglio che “Nordio smaschera finalmente FdI che resta un partito giustizialista”. Si sta rompendo qualcosa tra il ministro che Mulé definisce la “punta di diamante del governo” e il partito di maggioranza che guida il governo.
Forza Italia e Lega denunciano alla Camera la mancata difesa di un simbolo: “Lasciare trattare Nordio come uno scolaro, uno che la spara grossa, significa sconfessare vent’anni di battaglie liberali”. I governatori della Lega, due sue tutti, Attilio Fontana e Luca Zaia, possono testimoniare i guasti del circo mediatico-giudiziario. Quando Nordio si presenta in Parlamento chiedendo di non essere “mai supino ai magistrati” tocca le corde di Fedriga-Zaia-Fontana e nello stesso tempo rivendica l’antica battaglia di Forza Italia sulla giustizia. Secondo gli alleati della premier, FI-Lega, “il partito della premier ha dato prova in due giorni di essere subalterno alla cultura della gogna e dilapidato un successo come l’arresto di Matteo Messina Denaro”.
Il ritiro della candidatura al Csm di Giuseppe Valentino, nome indicato da FdI ed estromesso per “un episodio che risale a vent’anni fa, senza rinvio a giudizio, non è altro che barbarie”. Oggi Nordio è il ministro dei liberali. Lo è ancora del governo Meloni? Roberto Giachetti, che è un irriducibile del diritto e deputato di Azione, dice che “questa destra fa anche la sinistra. Meloni non è coerente con quello che pensa. Alla premier va chiesto se sta con Nordio o con il suo responsabile della Giustizia, e sottosegretario, Andrea Delmastro che è l’anti Nordio”.
E’ come se il governo si fosse inventato l’opposizione ombra. Lo fa con interviste come quella di Delmastro contro Nordio apparsa sul Corriere della Sera. Alfredo Mantovano, il sottosegretario alla Presidenza, è un garantista convinto, e non può che pensarla come Nordio. Dice ancora Calenda, che non esita a definire l’ex magistrato come “il miglior ministro del governo”, che “Nordio parla il linguaggio chiaro della verità ed è evidente che è un linguaggio che non appartiene a Meloni”. Estroso, intellettuale, complesso, poco popolare. Nordio è senza dubbio tutto questo, ma è anche una complessità che fa lustro a Meloni. Ecco perché per Mulé se non si vuol far torto a Nordio non resta che rifugiarsi nel suo amato Shakespeare e provarne a esserne all’altezza viceversa “quiete mortale invoco, vedendo il Merito a mendicare e la vuota nullità gaiamente agghindata”. Meloni sta con Zola o con Robespierre?