il caso
Mentre Meloni lavora i suoi ministri straparlano
Delmastro, La Russa, Nordio, Crosetto, Urso e gli altri. Tutti impegnati a buttarsi su microfoni e telecamere mentre la premier viaggia lontano da Palazzo Chigi per le missioni di governo. Offrano il loro silenzio alla patria (o alla leader di FdI)
Ciò che conta, ciò che spicca ormai clamorosamente, è il fatto stesso che “essi parlano”. Talmente tanto, che riescono addirittura a oscurare il loro capo, la presidente del Consiglio che intanto sgobba, viaggia, stringe accordi internazionali, ma incredibilmente fa quasi meno notizia di loro. Loro chi? Ma gli “autoparlanti” di Fratelli d’Italia, ovviamente. Alcuni ormai, con rispetto parlando, si buttano su microfoni e telecamere muniti di sirena sempre funzionante, un po’ come le autolettighe dirette al reparto deliri degli ospedali. I ministri Adolfo Urso e Guido Crosetto, incontenibili, per dire, fanno all’incirca un’intervista al giorno su tutto lo scibile umano, dall’Ucraina alle nomine pubbliche, dal machete alla benzina. Il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro, pure. Irruente come un torrente, aggressivo come la bronchite, precipitoso come una metropolitana: ogni mattina l’onorevole Delmastro si sveglia e sa che sparerà in tv o via radio contro il suo ministro, il Guardasigilli Carlo Nordio. Il quale Nordio, ovviamente, mica sta zitto. Senza posa, egli fa annunci dei più vari a proposito di una al momento imprevedibile e misteriosa riforma della Giustizia di cui non esiste nemmeno una bozza. Ieri, non a caso, era in tv da Nicola Porro.
Sicché Nordio e Delmastro, Urso e Crosetto, per non citare quel sottosegretario alla Sanità che diceva di non fidarsi dei vaccini, Marcello Gemmato, o quell’altro, Giovanni Donzelli, che sentiva l’impulso di raccontare alla nazione che una volta s’era travestito da Minnie, visti tutti insieme, si diceva, questi dirigenti di FdI sembrano i membri di un’organizzazione specializzata nella tratta degli aggettivi. Si avvolgono nelle parole come se si impacchettassero. E smentiscono il celebre manifesto littorio: taci, il nemico ti ascolta. La Resistenza ringrazia. Sebbene, tuttavia, forse nessuno di quelli fin qui citati si agita e cerca di apparire quanto il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, quello che nella smania di (stra)parlare, tra le altre cose, si è anche trovato nella comica situazione di lamentarsi per la mancanza di film italiani su Pirandello proprio mentre al cinema c’era un film italiano su Pirandello (tra l’altro di grande successo).
I mass media, si sa, non sono affatto uno strumento di Satana, ma di Monsieur Homais: il loquace e vacuo farmacista di Flaubert. Mettiamo il caso di Ignazio La Russa. Da quando fa il presidente del Senato è diventato un bollettino semovente. Manco fosse “Tutto il calcio minuto per minuto”, egli ci informa con dovizia delle sue opinioni persino a proposito delle elezioni regionali in Lombardia (per fortuna non si vota ancora a Cinisello Balsamo). E se non bastasse, per ragioni insondabili, si abbandona pure a considerazioni storiche sul 25 aprile (con un certo anticipo essendo ancora gennaio) e infine racconta ai giornali – ma perché? – del busto di Mussolini che tiene sulla sua scrivania in ufficio.
Così, mentre Giorgia Meloni viaggia lontano da Palazzo Chigi, mentre incontra Macron e organizza una visita a Berlino, mentre sigla un accordo strategico con l’Algeria, mentre riesce nella non così scontata impresa di non farsi respingere dai leader internazionali, a Roma intanto trionfa la moltitudine degli “autoparlanti”. Nessuno rinfaccia a costoro di non essere precisamente dei Demostene o dei Cicerone, ma appunto per questo dovrebbero saper rinunciare spontaneamente alla pratica nefasta della lingua selvaggia. Si convincano, per il loro e nostro bene, che è meglio tacere. Sono patrioti? Ecco, allora offrano il loro silenzio alla patria.