Stampa e governo
La "voce" di Meloni. La premier ha un problema di comunicazione a Palazzo Chigi
A tre mesi dalla nascita del governo resta indefinito il ruolo del portavoce della premier e del responsabile dell'ufficio stampa. Stampa estera infuriata: "Non riescono a comunicare"
Roma. Se voi foste premier cosa preferireste? Preferireste che si parlasse della vostra prima visita di stato in Algeria o fare sapere agli italiani che “spiace deludere la stampa ma con il ministro Nordio il clima è ottimo”? Una comunicazione di governo confusa, lenta, e risentita, ha oscurato uno dei viaggi più importanti della premier. Giorgia Meloni non riesce ancora a raccontarsi e il suo staff la racconta ancora come leader di opposizione. C’è un guasto all’origine. La portavoce della premier ha oggi un ruolo indefinito mentre il capo ufficio stampa di Palazzo Chigi è in realtà un vicecapo ufficio stampa. Non si è capito cosa faccia l’uno e cosa faccia l’altro. Manca una figura che si relazioni chiaramente con i giornali esteri. Manca un collegamento con i ministri. Qual è la “voce” del presidente del Consiglio?
Il governo Meloni riesce a farsi capire? Dice Valérie Segond, corrispondente de Le Figaro, che “Giorgia Meloni ha sicuramente migliorato il suo rapporto con la stampa, ma c’è una Meloni che non riusciamo a seguire”. Un altro importante giornalista internazionale la definisce “negligenza assoluta. Non sappiamo a chi rivolgerci” e si chiede: “Cosa farà il governo quando avrà bisogno di comunicare fuori dall’Italia?”.
A occuparsi inizialmente della stampa estera è stata la portavoce storica della premier Giovanna Ianniello, ma dopo pochi giorni il compito è stato delegato a Paolo Quadrozzi, altro componente dell’ufficio stampa che si occupa di preparare i dossier per Meloni. Quadrozzi è il cognato di Ianniello. Oggi secondo quel giornalista estero anche Quadrozzi “è irraggiungibile”. Ianniello e Quadrozzi costituiscono il nucleo storico di FdI trasferito a Palazzo Chigi.
Non si discute la professionalità di entrambi, ma si denuncia l’assenza di un metodo. Il governo Draghi per facilitare il lavoro alla stampa estera aveva introdotto una figura specifica. Era quella di Ferdinando Giugliano. Il governo Meloni può benissimo fare a meno di questa figura (non è obbligatoria) così come scegliere con chi vuole parlare. Quello che non può fare, e che fa, come nel caso Nordio, è lamentarsi di una stampa con cui non riesce ad avere relazioni.
Dal 23 novembre 2022, a eccezione della conferenza di fine anno, dove la premier scherzando ha parlato di “conferenza Telethon”, Meloni ha gestito la comunicazione in maniera unidirezionale. Spiega un professionista che ha lavorato a Palazzo Chigi che “oggi Meloni ha la sindrome Calimero. E’ la sindrome di chi immagina il mondo ostile. La prima vera crisi di comunicazione è stata quella sulle accise e l’ha gestita con la lagna. E’ una sorta di risentimento, di revanscismo, da parte di FdI”. C’è una frase che molti cronisti si sono sentiti rivolgere in romano: “Prima un ce cercavate e mo’ ce cercate”.
La portavoce di Meloni, Ianniello, è inquadrata come coordinatrice della comunicazione istituzionale. La figura che si occupa di comunicazione di governo è Fabrizio Alfano, ex portavoce di Gianfranco Fini, già giornalista dell’Agi con una lunga esperienza, che però, come precisato all’inizio, è vicecapo ufficio stampa. Non si è ancora compreso se Ianniello gestisca la linea di governo e se Alfano si occupi solo di governo e non della linea della Meloni. A sua volta Ianniello si confronta con quella che è definita la “superconsulente della comunicazione di Meloni”. E’ una figura unica tanto da aver preso la stanza dell’ex capo di gabinetto del governo Draghi, Antonio Funiciello.
Si tratta della segretaria personale di Meloni, Patrizia Scurti. Della segretaria di Draghi non si conosceva neppure il nome. Scurti era presente ad Algeri e si dice fosse presente perfino nell’incontro che Meloni ha avuto con Biden e Xi Ping. Un privilegio unico. Oggi il racconto di governo si compone di tre passaggi: Meloni-Scurti-Ianniello. Ianniello e Scurti hanno le chiavi di una comunicazione che sta puntando ancora sulla Meloni underdog e che si serve di Fini. Quando il governo è in difficoltà viene chiamato l’ex presidente della Camera.
E’ colpa della stampa se ministri come Nordio soffrono o se il presidente del Senato di FdI parla senza freni? Ecco perché si fa insistente la voce di un capo della comunicazione di governo. E’ un ruolo che nel governo Prodi aveva Sircana. Nei mesi scorsi si era fatto il nome di Guido Rivolta, ex direttore generale delle relazioni istituzionali di Cdp, giornalista economico per il Sole 24 ore. Non è con il silenzio e la mordacchia o con il lamento e la fuga che un governo può raccontare un governo. Meloni ha convinto gli italiani a farsi votare. E’ capace di farsi capire?