Viale Mazzini
Meloni messa all'angolo sulla Rai da Lega e FI. Fuortes cerca Gianni Letta. Chiocchi verso il Tg1
La premier non decide sul futuro dell'ad e lui tratta con tutti, anche con il M5s. Salvini chiede la rimozione per fare lo sgambetto. La mossa di Fuortes: più soldi per i programmi d'informazione ma la mossa può provocare l'ira dei dipendenti
Se pensate come pensa Giorgia Meloni che la “l’attuale gestione della Rai sia un’anomalia europea”, se ripetete che in Rai “si è consumato uno strappo istituzionale ai danni di FdI”, ebbene, se siete nelle condizioni di riparare quella anomalia, ma decidete di non farlo, cosa penseranno di voi? Penseranno che vi siete accordati. Giorgia Meloni è orientata a lasciare alla guida della Rai, l’ad Carlo Fuortes. I membri del Cda Rai, in quota centrodestra, Forza Italia e Lega, attendono di conoscere la sua volontà. Le hanno fatto sapere che lunedì prossimo, nel Cda, è concreta la possibilità di “sfiduciare”, di fatto, l’amministratore delegato Rai esprimendo parere negativo sul budget. Al posto di Fuortes c’è un accordo tra FI e Lega sul nome di Roberto Sergio, direttore di Radio Rai, e su Giampaolo Rossi (ex membro del Cda di FdI) come direttore generale con deleghe ampie.
Fuortes è un ad nominato dal governo Draghi, da tutti riconosciuto di area Pd, un ad che senza la fiducia del governo Meloni non è nelle condizioni di guidare un’azienda da oltre diecimila dipendenti e con problemi di tenuta economica. In queste ore si parla in Rai di “Rai baratto”. Fuortes vuole concludere il suo mandato (manca un anno e mezzo) e ha aperto una “trattativa” con tutti i partiti presenti in Cda oltre che con il governo. A essergli ostili sono i membri Riccardo Laganà (quota dipendenti Rai), Igor De Biasio (Lega) Alessandro Di Majo (M5s) Simona Agnes (Forza Italia). Il Pd, per “ragionare” sulla posizione che deve tenere Francesca Bria (membro Cda del Pd) si sta riunendo. Oggi le due capogruppo di Camera e Senato la incontreranno. L’ala Franceschini/Schlein è per votare a favore di Fuortes. L’ala Bonaccini è per il no. E’ il congresso Pd con altri mezzi. In questo “Rai baratto” Fuortes sta offrendo la direzione del Tg1 a FdI per Nicola Rao. Il vero nome gradito a FdI è tuttavia un altro. E’ il vero nome. E’ quello di Gian Marco Chiocci, direttore dell’Adnkronos, ex direttore de Il Tempo, storica firma de Il Giornale e autore dello scoop sulla casa di Montecarlo che ha segnato la fine di An.
In Rai per delle prassi medievali è difficilissimo indicare direttori che lavorano fuori dall’azienda senza che si sollevi “un problema d’opportunità”. Una regola sacra in Rai è “prima i giornalisti Rai”. Gli ultimi direttori esterni sono stati Marcello Sorgi, Gad Lerner, Gianni Riotta, Augusto Minzolini. Non sarebbe questa la Rai da cambiare? La nomina di Chiocci non è impossibile e Fuortes se ne potrebbe fare carico per conto della premier. L’ad gioca su più tavoli. A Forza Italia sta offrendo il Tg2 per Antonio Preziosi. Alla Lega offre il Gr Radio per Francesco Pionati. Al M5s propone la direzione di Rai Parlamento per Giuseppe Carboni (ex direttore del Tg1, fermo da un anno). E’ la direzione che oggi guida Preziosi. Alla direzione degli Approfondimenti, che lascerà presto Antonio Di Bella, potrebbe spostarsi o Rao o Alessandro Corsini (sono entrambi uomini vicini a FdI). Nelle ore che separano il voto di lunedì, Fuortes si è rivolto a Gianni Letta, suo amico antico per incassare il voto di FI. E’ ritenuta una sgrammaticatura da parte di Licia Ronzulli e Antonio Tajani che del partito hanno le chiavi. La mossa a sorpresa di Fuortes è un’altra e sarebbe eclatante. Nel budget 2023 avrebbe aggiunto quasi 26 milioni di euro per “la parte editoriale”. Significa che Fuortes può offrire programmi nuovi di informazione da spartire a giornalisti. E’ una somma che abbassa l’utile Rai e che impedisce di far scattare il premio di produzione ai dipendenti Rai. Immaginarsi la protesta del “corpo” Rai e dei sindacati è inevitabile. Tutto questo accade a pochi giorni dall’inizio del Festival di Sanremo dove è prevista la partecipazione di Zelensky. E’ un invito che è stato duramente criticato da Matteo Salvini. Nel suo attacco (“Speriamo che Sanremo rimanga il Festival della canzone e non altro”) c’è un sottotesto: Salvini vuole fuori Fuortes e fa asse con FI. E’ quel Salvini che aveva costruito la sua campagna elettorale contro il canone Rai. Le risorse Rai passano dal Mef che oggi è a guida Lega. Come accaduto con il dossier giustizia, Meloni si trova nuovamente anticipata dai suoi alleati. Fuortes ha ulteriormente gratificato la premier sbloccando un pacchetto di promozioni giornalistiche per Rai News 24. E’ la rete diretta da Paolo Petrecca, altro direttore d’area FdI. Meloni ha adesso tre possibilità. La più semplice: appoggia “la sfiducia” a Fuortes. La seconda: convince gli alleati che Fuortes va lasciato al suo posto ma si prende il peso della decisione. La terza: rischiare di avere un ad Rai che ha la “maggioranza della minoranza” e che resta al suo posto forte del suo stesso voto, di quello della presidente Marinella Soldi, del Pd e del M5s, qualora votassero. Le ultime due sarebbero lette come fallimenti e l’unica possibile come un successo degli alleati. Esitare è di destra?