Contro i professionisti dell'indifferenza
L'Olocausto, la Memoria e l'Ucraina. Così un grande Mattarella sfida i nuovi negazionisti
Nel giorno della commemorazione delle vittime dell’Olocausto, per dire davvero “mai più” non bisogna aver paura di denunciare i nuovi orrori di fronte ai quali si trova il mondo libero. Occorre riconoscere i nemici della libertà e combatterli. L'eccezionale discorso del capo dello stato per la Giornata della memoria
È un discorso eccezionale quello pronunciato ieri con coraggio dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in occasione della Giornata della memoria. È un discorso eccezionale per tutto ciò che il capo dello stato ha detto rispetto ai temi dell’antisemitismo (“Mai più a un mondo dominato dalla violenza, dalla sopraffazione, dal razzismo, dal culto della personalità, dalle aggressioni, dalla guerra. Mai più a uno stato che calpesta libertà e diritti. Mai più a una società che discrimina, divide, isola e perseguita. Mai più a una cultura o a una ideologia che inneggia alla superiorità razziale, all’intolleranza, al fanatismo”). Ma è un discorso eccezionale anche per quel che Mattarella ha detto rispetto ai temi della guerra in Ucraina.
E in un momento in cui, in Italia, parte dell’opinione pubblica inizia con forza a mordere il freno sul sostegno all’Ucraina, chiedendo a un popolo aggredito di difendersi senza troppe armi. In un momento in cui parte della politica inizia con disinvoltura a trovare pretesti di ogni tipo per mostrare il volto sospetto del presidente Zelensky. E in un momento in cui l’escalation dell’ambiguità inizia a far capolino anche tra partiti e giornali un tempo saldi nel sostegno all’Ucraina. In un momento in cui succede tutto questo colpisce il modo in cui il capo dello stato, ieri, è arrivato a evocare un tema che in pochi oggi hanno il coraggio di riconoscere con parole così chiare. Ovverosia che nel Giorno della memoria, nel giorno della commemorazione delle vittime dell’Olocausto, per dire davvero “mai più” occorre guardarsi intorno e non aver paura di denunciare i nuovi orrori di fronte ai quali si trova il mondo libero. “I princìpi che informano la nostra Costituzione repubblicana e la Carta dei diritti universali dell’uomo – ha detto Mattarella – rappresentano la radicale negazione dell’universo che ha condotto ad Auschwitz.
Princìpi che oggi, purtroppo, vediamo minacciati nel mondo da sanguinose guerre di aggressione, da repressioni ottuse ed esecuzioni sommarie, dal riemergere in modo preoccupante – alimentato dall’uso distorto dei social – dell’antisemitismo, dell’intolleranza, del razzismo e del negazionismo, che del razzismo è la forma più subdola e insidiosa”. Mattarella non può dirlo in modo diretto, perché un orrore come quello dell’Olocausto non può essere paragonato a nulla, ma nelle sue parole si indovina la volontà di creare una simmetria fattiva tra le minacce vissute dai nemici di Hitler ai tempi dell’Olocausto e le minacce vissute oggi da chi si ritrova a essere al centro di “sanguinose guerre di aggressione, repressioni ottuse, esecuzioni sommarie”.
E così Mattarella dice che occorre denunciare “il terribile meccanismo di distruzione che non si sarebbe messo in moto se non avesse goduto di un consenso, a volte tacito ma comunque diffuso, nella popolazione” e ricorda che il consenso ai tempi del nazifascismo fu frutto non del caso ma anche “del conformismo e quell’orribile apatia morale costituita dall’indifferenza”. Creare un filo virtuale con l’Ucraina nella Giornata della memoria significa voler ribadire il senso dell’impegno dell’occidente nella lotta contro i nuovi dittatori sanguinari (il più famoso ucraino sopravvissuto all’Olocausto, Roman Schwarzman, mesi fa ha detto che Putin vuole far sparire gli ucraini come fece Hitler con gli ebrei). E significa anche offrire elementi ulteriori per smontare la propaganda putiniana e per aggredire con la forza delle parole l’idea veicolata dal presidente russo, secondo il quale la guerra in Ucraina non sarebbe stata altro che un’operazione spinta dalla necessità di denazificare il paese (a proposito di denazificazione, secondo l’ex rabbino capo di Mosca, Pinchas Goldschmidt, capo della comunità ebraica della capitale russa dal 1993 al 2022, un quarto degli ebrei russi è fuggito dalla Russia in seguito all’invasione dell’Ucraina).
Lo scorso 25 aprile, giornata della Liberazione, Mattarella, ha tracciato una simmetria tra i partigiani italiani e quelli ucraini, ricordando cosa vuol dire essere “un popolo in armi” disposto a qualsiasi cosa per “affermare il proprio diritto alla pace dopo la guerra voluta dal regime fascista”. Ieri, il capo dello stato, ha ricordato cosa occorre oggi per difendere il mondo dai nuovi totalitarismi. Senza paragoni diretti. Ma con un messaggio chiaro: il Giorno della memoria ci ricorda con forza che per evitare nuovi olocausti occorre riconoscere i nemici della libertà, occorre combatterli e occorre impegnasi in una battaglia non meno importante di quella che si combatte con le armi: contro, semplicemente, la cultura dell’indifferenza.