La polemica
Salvini solidarizza con Donzelli, Forza Italia no
Mentre il capo del Carroccio nega tensioni nella maggioranza dopo le rivelazioni del deputato su Cospito e la mafia, il forzista Mulè getta benzina sul fuoco: "Parole gravi, ora chiarisca". Il ruolo di Delmastro e il pressing per le dimissioni
Attorno alle parole di Giovanni Donzelli esternate ieri alla Camera, nella maggioranza si è creata una comprensibile coltre di silenzio. Soltanto Matteo Salvini, dopo una presunta telefonata proprio con l'esponente di FdI, è sembrato manifestare un accenno di solidarietà, richiamando ancora una volta tutti alla compattezza: “Nessuna tensione”. Mentre il sentimento generale fra le file del governo sembra essere un misto di preoccupazione e di vergogna. A rappresentarne perfettamente gli umori ci ha pensato Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera di Forza Italia, che in una intervista alla Stampa afferma con schiettezza: “Spetterà al Giurì d’onore stabilire se e quanto le espressioni di Donzelli siano andate fuori dal seminato”. Una commissione alla quale “non si ricorre spesso”, aggiunge, “a dimostrazione di quanto sia stata grave l’iniziativa di Donzelli”.
Prima delle risposte rilasciate alla Stampa, Mulè si era già ritagliato un ruolo da indiscusso protagonista nel “caso Donzelli”, perché da vicepresidente è spettato a lui ieri riappacificare l'assemblea dopo i botta e risposta fra maggioranza e opposizione. “Ho fatto quello che andava fatto, tanto che il mio richiamo a Donzelli è stato accolto dagli applausi dell’opposizione”, racconta derubricando le espressioni dell'alleato come “metodi che non dovrebbero avere cittadinanza nella battaglia politica”. Conclude infine paragonando l'accaduto a “un cerino gettato in un pagliaio”, una metafora che sintetizza bene lo stato d'allerta in cui versa il centrodestra.
Il punto più controverso rimangono i dettagli dei colloqui fra Cospito e i boss della mafia, che Donzelli si è lasciato imprudentemente sfuggire nella sua filippica. Lo stesso Mulé si chiede, non senza malizia, come abbia fatto a “entrare in possesso degli atti del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, nella disponibilità unica del ministero della Giustizia”. Un interrogativo che ha poi assunto nelle ultimissime ore di ieri un volto e un nome, quello di Andrea Delmastro, sottosegretario alla Giustizia. “Gli ho riferito le informazioni (che non sono intercettazioni ma osservazioni), come avrei fatto con qualunque parlamentare”, avrebbe ammesso al Fatto quotidiano e alla Repubblica. Un episodio grave, ma che lo toglierebbe almeno dalla responsabilità di aver divulgato un documento riservato. Una versione che già adesso però viene smentita da altre fonti, che lo indicano come colpevole: alimentando così la confusione e le polemiche.