Checkpoint Giorgia

Tra ong e caso Delmastro. Quanto pesano le due crisi di Meloni nel suo primo viaggio a Berlino

Simone Canettieri

La premier vede Scholz, ma ha la testa a Roma dove s’infittisce il guaio sulla diffusione dei colloqui di Cospito. La lettera di Strasburgo

È il “Checkpoint Giorgia”. Meloni atterra a Berlino, prima di una rapida tappa a Stoccolma, inseguita dalla baraonda scatenata dal duo Donzelli&Delmastro. Una faccenda che ancora non è chiusa, come sa benissimo anche la premier. C’è un’inchiesta in corso della procura di Roma sull’informativa Dap uscita dalla mail del sottosegretario alla Giustizia di FdI e finita tra gli appunti letti in Aula dal coordinatore del partito meloniano. E poi ci sono il gran giurì della Camera che dovrà esprimersi sulle accuse di Donzelli al Pd e l’inchiesta interna avviata da Carlo Nordio, il Guardasigilli che per primo non ritiene chiuso il caso. Un clima di tensione che l’altra sera ha spinto Meloni a telefonare in diretta a “Stasera Italia”, la trasmissione di Rete 4 condotta da Barbara Palombelli. 

   
Un blitz inaspettato di otto minuti e all’insaputa dello staff di Palazzo Chigi – Meloni era a casa sul divano – che ha portato un punto di share in più alla trasmissione. Ma che in controluce ha fatto trasparire un certo nervosismo da parte della capa del governo. Intervenuta per riprendere la conduttrice su una domanda posta agli ospiti (“il governo sta eccitando la piazza?”), salvo confessare poi di non aver visto la puntata dall’inizio. Meloni su questo argomento oscilla. Rivendica la fermezza dello stato contro gli anarchici, ma ancora non si esprime sulle mosse di Delmastro e Donzelli. Di sicuro sulla visita dei parlamentari Pd ad Alfredo Cospito non vuole mollare la presa. Se è vero che a metà giornata, prima che inizi il Consiglio dei ministri, è proprio Giovanbattista Fazzolari, braccio ambidestro di Meloni, a dichiarare che, a fronte di nuove minacce arrivate alla premier e a Guido Crosetto, “l’escalation a cui stiamo assistendo è anche frutto della poca fermezza con cui alcune forze politiche e parte della stampa hanno preso le distanze da questi criminali. Il governo non si lascia intimidire e non cede alle richieste di trattativa stato-terroristi anarchici che qualcuno auspica”. 

   
E’ dunque una vigilia tormentata, quella che precede la prima visita della presidente del Consiglio a una cancelleria che conta come quella di Berlino. Il Quirinale osserva l’evolversi di una polemica politica, ancora aperta e sempre più aspra, con sorpresa. Chi conosce Sergio Mattarella non fatica a pensare quanto non abbia gradito i metodi utilizzati da Donzelli in Aula tre giorni fa. Allo stesso tempo c’è un’inchiesta in corso e il Colle non ha la minima intenzione di intervenire. Dunque è impossibile pensare a una moral suasion di Mattarella per spingere Delmastro alle dimissioni. Il capo dello stato viene dalla Dc, partito ben più intransigente su certe sbavature istituzionali se è vero che Angelino Sanza si dovette dimettere da sottosegretario con delega ai servizi del governo De Mita per aver rivelato trame in atto contro l’allora presidente del Consiglio, al centro di polemiche sulla ricostruzione del terremoto dell’Irpinia. Altri tempi, certo. Ma il fastidio di Meloni per la piega che ha preso questa situazione rimane, eccome.

   
Ed è in questo contesto che Meloni è attesa da una doppia tappa. Prima una sosta in Svezia, che ha la presidenza semestrale della Ue. Stoccolma ha già fatto sapere che non è intenzionata a cambiare il patto migratorio (“ci si arriverà non prima della primavera del 2024”). Ma la visita serve comunque a preparare il Consiglio europeo della prossima settimana che dovrebbe prendere in considerazione la difesa dei confini esterni, lasciando da parte i movimenti secondari e i ricollocamenti. Il tema è spinoso per l’Italia soprattutto dopo lo stop del Consiglio d’Europa al decreto sulle Ong partorito dal Viminale. Il piatto forte del tour rimane Berlino: Olaf Scholz attende la premier intorno alle 15. Con la Germania per ora pesano le divisioni: Berlino è contraria a un fondo comune di solidarietà per gli stati membri per far fronte al piano dell’Amministrazione Biden contro l’inflazione. Così come non vede di buon occhio l’allentamento del patto di stabilità per i paesi con in pancia troppo debito (l’Italia è tra questi). Per Meloni un passaggio delicato, dopo le turbolenze sulla giustizia di questi giorni, destinate a seguirle anche quassù.
 

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.