Lo scontro
Fratelli d'Italia ora teme Mattarella. Il piano Meloni modello Giappone
Il partito della premier preoccupato del protagonismo del presidente: "Vuole l'obbedienza". Le idee della premier per tornare sovrani "riportando" in Italia il debito
Lo pensano ma non lo dicono. Potrebbero dirlo male. I vertici di FdI, uomini vicinissimi a Giorgia Meloni, ritengono che “la partecipazione del presidente della Repubblica al Festival di Sanremo sia una sgrammaticatura”. Temono che i futuri interventi del presidente, e non si escludono, abbiano come fine quello di “riportare FdI all’obbedienza, metterci in riga”. Il progetto politico-finanziario della premier è molto simile a quello perseguito dal Giappone: rendersi autosufficienti, ricomprarsi il debito pubblico, immunizzarsi dalle pressioni esterne, “emanciparsi dall’Europa”. Si può discutere sull’idea ma è una loro idea, un’idea destinata a misurarsi con Mattarella. E’ il garante che FdI comincia a temere così come un tempo Berlusconi temeva Giorgio Napolitano. Per il partito di Meloni il ruolo del presidente sta evolvendo e la sua celebrità è da “popstar”. E’ Mattarellaz.
Nella giornata dell’isolazionismo e della stizza, la stizza di Giorgia Meloni per essere stata esclusa dal vertice di Parigi tra Macron, Zelensky e Scholz, sono apparsi sullo stesso giornale, il Sole 24 Ore, un’intervista e un colloquio della premier e del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Dopo le incursioni su Rete 4 si è scelto un palcoscenico autorevole, consono, per mandare dei segnali ai mercati. Dietro la scomposta narrazione degli “underdog” c’è un’idea di mondo per alcuni controversa, per altri ancora “clamorosa”, per altri legittima se solo si sapesse argomentare con calma e autorevolezza. In un passaggio dell’intervista a Meloni, la premier dichiara infatti di voler “mettere al sicuro il nostro debito da nuovi choc finanziari, lavorando con il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, all’aumento del numero di italiani e residenti in Italia che detengono quote di debito”.
Tradotto significa spingere gli italiani, che possiedono un notevole risparmio privato, ad acquistare titoli di stato per ridurre in questo modo la quota di debito detenuta da soggetti stranieri. Equivale nel progetto meloniano a ritornare “padroni del proprio paese”, rompere “il ricatto”, indirizzarsi verso quella famigerata autonomia e sovranità “energetica, industriale e finanziaria”. Cosa c’entra Mattarella in tutto questo? Secondo FdI ci sarebbe da parte del Quirinale un protagonismo nuovo e può frenare questo progetto. Chi legge con attenzione i quotidiani si è accorto che al protagonismo di Mattarella (secondo FdI) se ne contrappone un altro. E’ quello di Ignazio La Russa, presidente del Senato. Fa il “controcanto” (e si può dire) a Mattarella, l’acclamato di Sanremo.
Sui giornali d’area di centrodestra si moltiplicano gli articoli sulla “trattativa” Mattarella-Lucio Presta, l’agente di Benigni che avrebbe favorito la partecipazione straordinaria del presidente. Questo “superpotere” di Mattarella, in realtà, e al momento, è più un fantasma della destra. Non c’è mai stato finora un’ostilità, anzi, a ben ricordare, a sinistra più di uno ha contestato Mattarella per non essersi opposto alla nomina dell’ex direttore del Tg 2 Gennaro Sangiuliano, a ministro della Cultura, e Daniela Santanchè al Turismo.
Il superpotere di Mattarella è oggi “l’inconscio” di FdI, il timore di essere bocciati, stigmatizzati. E’ quanto sta accadendo con la riforma del Mef, definito “splittamento”, la creazione di un nuovo dipartimento ad hoc per le società partecipate. All’interno del governo ci sono due scuole di pensiero. La prima, quella di Giorgetti, sintetizzabile in “ci vuole il tempo che ci vuole, ciò che conta è iniziare e arrivare all’obiettivo”. Significa farla per bene, attendere. Un’altra, ed è quella di FdI, è per la “forzatura”. Chi è per forzare suggerisce di servirsi di un dpcm, inserirlo nella prima finestra utile correndo il rischio di essere “cassati” dal Quirinale. In questo “gioco” due figure del Mef si stanno attirando le ostilità di FdI. Sono il capo di gabinetto di Giorgetti, Stefano Varone, e il capo del legislativo, Daria Perrotta. Lavorano da anni nell’amministrazione pubblica, sono profondi conoscitori della macchina dello stato e hanno piena fiducia e chiaro mandato del loro ministro.
L’idea che corre in FdI è che entrambi non vogliano “forzare”, che stiano rallentando. Si ripete. Mattarella non è mai intervenuto sulla riforma del Mef. E’ tuttavia evidente che chi, e sempre in FdI, dice: “Mattarella potrebbe sollevare dubbi sulle ragioni di urgenza e sul dpcm”, qualche dubbio nel presentarlo lo ha. Sono per Meloni giorni difficili, ma il più difficile, e non è mai stato raccontato, si è consumato la sera dell’informativa di Carlo Nordio su Cospito. Chi era presente a Palazzo Chigi parla di momenti d’angoscia. In Forza Italia e Lega si attende il risultato delle elezioni lombarde. Meloni sopra il trenta per cento, ed è la convinzione di FI, potrebbe minacciare gli alleati e dire: “Rompo tutto”. Si torna dunque indietro. FdI guarda oggi al Quirinale come si guardava un tempo alla sede del re. La Russa non si separa dal busto del duce, chi si oppone a Meloni tiene sul comodino quello di Mattarella, presidente di doppio mandato, Sergio Mattarellaz II.