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Cartoline da Bruxelles

Lo sfogo di Meloni: “Io isolata? Tanti nella Ue la pensano come me”. E Salvini minaccia Macron

Simone Canettieri

Al Consiglio europeo la premier apre un fronte di tensione con la Francia e parla con Zelensky ma solo per un breve colloquio. Incontra invece il collega polacco e quello ceco. Le critiche a Macron? "Non parlavo solo a nome dell'Italia" 

Bruxelles, dal nostro inviato. Si sveglia nel suo hotel, a due passi dalla Grand Place, legge i giornali italiani, convoca in fretta e furia un punto stampa prima del Consiglio europeo. Cappotto rosso asimmetrico, sguardo infuriato. Ecco Giorgia Meloni: “Se la missione di Francia e Germania a Washington è stata inopportuna? Francamente mi è sembrato più inopportuno l’invito a Zelensky di ieri. Perché credo che la nostra forza in questa vicenda sia la compattezza e io capisco le pressioni di politica interna, il fatto di privilegiare le opinioni pubbliche interne, ma ci sono momenti in cui privilegiare la propria opinione pubblica interna rischia di andare a discapito della causa e questo mi pare che fosse uno di quei casi”. Mesdames et messieurs, la crisi con Parigi è servita. O forse è solo l’ennesima puntata. 

Eppure questa sarebbe, ed è, una giornata abbastanza storica da queste parti. E’ il giorno di Zelensky. Sta qui, in questo fazzoletto di grattacieli blindati in terra e in cielo, per ricevere l’abbraccio incondizionato dell’Europa e soprattutto per chiedere caccia militari buoni per la sua difesa. 

Tuttavia Meloni, con le sue parole, cambia il senso della cronaca. E si accende un conflitto nel conflitto. Prima immagine: il presidente ucraino si fa la foto con i ventisette, la leader non incrocia mai lo sguardo con Emmanuel Macron. Il quale, come si sa, il giorno prima ha invitato a cena all’Eliseo Zelensky e Olaf Scholz lasciando l’Italia a bocca asciutta. Il presidente francese non commenta la stoccata, forte e dritta, di Meloni, ma fa sapere che l’asse franco-tedesco vanta da sempre rapporti privilegiati. Come dire: il viaggio in treno a tre con Mario Draghi fu un inciampo della storia, ora la musica è cambiata.

Sta di fatto che per la legge di Murphy la giornata non prende una piega eccellente per il governo italiano. Durante la plenaria Meloni non interviene al cospetto del presidente ucraino. E poi soprattutto salta il bilaterale con Zelensky, annunciato il giorno prima da Palazzo Chigi con una certa enfasi. Era la medaglia da attaccarsi al petto, come compensazione morale al mancato invito a Parigi della sera prima. Ma manco questo è accaduto. “Motivi organizzativi”, è la risposta fornita per il faccia a faccia saltato. La capa della destra italiana viene inserita con un gruppo di altri paesi per un vertice. Ci sono Spagna, Polonia, Romania, Olanda e Svezia. Meloni entra per ultima nella stanza a incontro iniziato. Waterloo dista da Bruxelles meno di venti chilometri e l’idea di una disfatta della diplomazia italiana si gonfia e prende piede per un po’ di tempo. Fino a quando dal governo informano che alla fine il colloquio con Zelensky c’è stato. E’ durato quindici minuti, spiegano dallo staff meloniano. C’è chi dice la metà. Alle televisioni viene data una clip dei due che parlano in piedi. La premier gesticola, a volte muove le mani e sembra sempre netta nelle espressioni. Si parla di una visita a Kyiv imminente. Ma soprattutto anche in questo caso la richiesta non cambia: cara Giorgia servono caccia da guerra, jet per la controffensiva. Su questo aspetto, la linea non è ancora chiara: non ci sono decisioni già prese. Il faccia a faccia finisce con un arrivederci a presto.

Un problema grosso resta con la Francia. Matteo Salvini da Roma riprende un vecchio cavallo di battaglia e lancia una minaccia non troppo velata a Parigi: “La risposta a Macron arriverà nelle prossime settimane”. E subito scatta la corsa a capire quali dossier l’Italia potrebbe bloccare alla Francia come ritorsione per il mancato invito a cena. Ritorna il tormentone Tav. Di sicuro, prima di pranzo, Meloni, in versione presidente dei Conservatori, incontra il collega polacco e quello ceco. E’ davvero il richiamo della foresta? Si va all’attacco dell’asse franco-tedesco? C’è tattica e comunicazione. La premier in privato si sfoga e giustifica le parole contro Macron con due chiavi d’interpretazione. La prima è che “non parlavo solo a nome dell’Italia, ma anche di tutti gli altri paesi che si sentono tagliati fuori dall’asse Roma-Parigi”. E tra questi ci sarebbe anche la Spagna, certo. E poi l’Austria e forse l’Olanda. La seconda lettura è che non finisce qui e che l’Italia potrebbe reagire sui dossier che contano. Ed è un po’ il ragionamento del vicepremier Matteo Salvini, falco per un giorno dopo tre mesi educati e pettinati, mai sopra le righe. Meloni dice che anche i vertici delle istituzioni europee sono con lei. Poi a un certo punto spunta in sala stampa Roberta Metsola che confida: “Le mie amiche mi chiedevano in chat se alla fine Zelensky sarebbe venuto”. A Bruxelles? “No! A Sanremo”.
 

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.