Stefano Valdegamberi 

Il personaggio

Il leghista veneto Valdegamberi: "Basta sanzioni, la Nato stia a cuccia. Ma non datemi del putiniano"

Francesco Gottardi

Eletto in regione con la lista Zaia, è accusato di essere sul libro paga del Cremlino: "Non commento le fake news. La Crimea è come il Veneto, il Donbas come l’Alto Adige. Mosca ha le sue ragioni. E il nord est italiano è un obiettivo di un attacco nucleare"

Stefano Valdegamberi ci tiene a far sapere che non sopporta le etichette. Eppure ne ha, suo malgrado. Ras della Lessinia. “Onestà e trasparenza mi hanno portato 12mila preferenze”, che ne fanno il consigliere regionale più votato in Lista Zaia. “Qualcosa vorrà pur dire”. Vladegamberi – colpo di genio, mica refuso. “Ma no, dai: era solo una battuta che ha fatto un mio amico in Consiglio”. Il Russo, o l’Italianskyi. “Balle. Quando mi danno del filo-Putin mi girano le scatole. E sono stato in Russia come negli Stati Uniti. Sarà mica un reato?” Ci mancherebbe. “E allora spiegatemi perché appena cerco di porre i presupposti per un dialogo mi vengono bloccati i social. È qua la Russia, altro che a Mosca”.

Diciamo che l’inchiesta di Occrp, un portale internazionale di giornalismo investigativo, di questi tempi non aiuta. In Italia l’ha pubblicata Irpi Media, sostenendo che Valdegamberi è fra i principali politici veneti sul libro paga del Cremlino. Nel rilasciarci questa intervista, lui pone una sola condizione: “Mi rifiuto di commentare le fake news. Non devo giustificarmi di quel che non esiste: è in corso un linciaggio terroristico costruito ad arte contro di me e sto lavorando con i miei legali per le tutele del caso. Intanto a quella gente basta che se ne discuta, capite, per instillare il dubbio: chi mi conosce però, quando ha letto certe cose si è messo a ridere. I processi spettano alla magistratura, non ai media”. E su quest’ultima frase garantisce il Foglio. “Parliamo di cose serie, piuttosto”. Pronti. “Se non intavoliamo presto un dialogo sul conflitto ucraino rischiamo tutti, l’ha detto anche l’Onu. Tra Washington e Mosca serve un mediatore credibile: Israele, per esempio. Io non sono nessuno ma conosco molto bene i russi. I loro sentimenti, i loro torti, ma anche le loro ragioni: non possiamo soltanto colpevolizzarli. E poi guardo le mappe. Se fossi uno stratega, il nordest dell’Italia sarebbe tra i primi obiettivi di un eventuale attacco nucleare. Speriamo non accada mai, ovviamente”.

Beh: se la se sentisse Lavrov gli scapperebbe un sorriso. “Ma vogliamo davvero mettere in discussione la libertà d’opinione presente nella nostra Costituzione, tanto decantata a Sanremo da Benigni davanti al presidente della Repubblica? Scriverò, sì, a Mattarella. Per denunciargli quanto capitato al sottoscritto: una multinazionale americana mi ha obbligato a uscire da un’impresa di cui ero socio altrimenti non le avrebbe rinnovato il contratto. Solo perché partecipai al Forum economico di Yalta. Dove c’erano anche esponenti del Pd”. Il punto, insomma, Valdegamberi vuol far capire ai malpensanti, è che quel che dice o fa è per pura convinzione. “Esatto. Non sono corruttibile da nessuno. In tanti anni di politica sfido chiunque a dire di avergli chiesto un centesimo. Faccio battaglie di principio, al servizio della gente e del territorio: è questo che mi portò in Crimea, la prima volta nel 2014”.

La questione merita un capitolo a parte. Grazie a Valdegamberi, il Veneto fu la prima istituzione del mondo occidentale a riconoscere l’annessione russa della penisola. E quando l’anno scorso il Consiglio regionale annullò la mozione, indovinate quale fu l’unico voto contrario? “Non mi stupisco”, risponde seccato lui. “Gli italiani cambiano opinione come il vento. Io invece non posso negare quello che ho visto laggiù”. Ci racconti di quei viaggi, allora. “Furono gli imprenditori veronesi a chiedermeli: le sanzioni imposte già all’epoca alla Russia avevano messo in ginocchio tutti coloro che esportavano in Crimea, soprattutto nel settore agricolo. Uno che conoscevo si era suicidato. Dunque mi presi l’impegno di andare lì e capire. Partii con un’idea e tornai con un’altra”. Folgorato sulla via di Simferopoli. “Ma non sono mica scemo. So capire quando la politica bleffa e dove invece inizia la realtà: la mia valutazione non si basa sugli eventi istituzionali a cui ho preso parte, di facciata come dappertutto. Penso invece agli incontri spontanei: parlai con la comunità italiana, con i capi tatari e musulmani. Cenai a casa loro. Ascoltai lavoratori e industriali. E le loro voci erano unanimi: si sentivano russi, liberati, altrettanto stanchi per le sanzioni ma soddisfatti di aver lasciato l’Ucraina. Prima del referendum del 2014, Kyiv ne aveva impedito un altro al parlamento locale democraticamente eletto. La Crimea è una terra molto simile al Veneto, sapete?” Chiamatele sponde autonomiste. “Mi chiedo perché nessuno ha mai pensato a un plebiscito sotto l’egida dell’Onu, per tagliare la testa al toro: evidentemente il diritto internazionale vale solo a giorni alterni”.

Diciamo pure mai, dal 24 febbraio 2022. “Sono quasi cinque anni che non torno da quelle parti”, continua Valdegamberi. “Ma continuo ad avere tanti amici, ci sentiamo spesso per telefono. Anche con diverse persone del Donbas: lì non sono mai stato però mi tengono aggiornato. E ricordo il discorso che fece a Yalta Luis Durnwalder”, ex presidente della provincia autonoma di Bolzano citato anche lui nel dossier di Occrp. “Già allora il Donbas aveva necessità di diventare una regione a statuto speciale come l’Alto Adige. Invece gli Accordi di Minsk sono rimasti lettera morta, la Nato ha pianificato l’espansione e abbiamo spinto i russi fra le braccia dell’Asia. Me lo dicono loro. Pure chi era critico con Putin: dopo tutto quello che stiamo combinando, hanno cambiato idea. Guai a sottovalutare il patriottismo di questo popolo. Lo insegna la storia. Ora la Nato torni a cuccia: perché quella deve essere un'Alleanza e non una sudditanza”.

Ma con altri amici in quota Lega invece, parla mai di queste cose? “Salvini più di tanto non lo conosco. E con Zaia ho rapporti di carattere amministrativo: sa come la penso, lui segue le istituzioni e del resto non si interessa. Io sono indipendente”, e si era capito. “Anche la mia storia è diversa. Ringrazio il Carroccio che mi ha accolto, ma non sono nato leghista: ho radici democristiane e…atlantiste”. Questa poi! “Sul serio: sono cresciuto tra il mito americano e il terrore sovietico. Sentirmi definire putiniano, per mio padre è uno schiaffo morale. Io gli spiego che non lo sono, che ragiono solo da italiano, che allo stato attuale l’Unione europea è lo zerbino della geopolitica e che quella che in Russia si dice propaganda da noi la chiamano informazione”. E lui? “Ci discuto ancora”. Auguri.

 

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