L'Iintervista

Colosimo e la guerra dentro FdI: "I rampelliani non esistono, c'è solo Meloni"

Simone Canettieri

La deputata contro il vicepresidente della Camera: "E' un dirigente come tanti, il commissariamento di Roma ha fatto bene al partito. Noi al governo della Regione Lazio? Non ci saranno gli scandali di Polverini e Alemanno"

Onorevole Chiara Colosimo, la destra ritorna in regione Lazio dopo dieci anni. L’ultima volta con Renata Polverini, lei c’era e finì malissimo: maschere con teste di maiali alle feste, scandali e dimissioni. Lo ammetta: siete pronti a occupare tutti gli spazi e a non fare prigionieri.

“Spazi come sistematica occupazione di poltrone e eliminazione degli avversari – dice la deputata di Fratelli d’Italia, onnipresente in tv, rapporto intimo con le sorelle Meloni e Lollobrigida – non fanno parte del nostro modo di vedere e interpretare la politica. Per noi vale il merito. Ci apprestiamo a governare una delle regioni più importanti d’Italia sapendo che non sarà facile, ma abbiamo un’ottima squadra e abbiamo fatto tesoro delle esperienze maturate in questi anni”.

E quindi?

“Il Lazio è stato tenuto in scacco da un blocco di potere che non ha fatto il bene dei cittadini. Si è passati dalle feste in maschera che lei citava alle mascherine sparite di Zingaretti, ma pagate dai cittadini. E su questo faremo chiarezza”.

Entro quando vedremo la giunta di Francesco Rocca? E soprattutto alla Sanità è meglio un tecnico, un politico o che il governatore avochi a sé le deleghe?

“I tempi saranno quelli strettamente necessari. La politica ha sì i suoi tempi, ma abbiamo anche fretta di mettere in campo una squadra che sappia affrontare in maniera risoluta tutte le questioni in sospeso. La prima sfida sarà quella del bilancio, dove nonostante la narrazione pop del modello Lazio, ci troveremo davanti una situazione di non facile gestione. Sulla sanità c’è una situazione a dir poco disastrosa. Non esistono  solo il Covid e i bollettini quotidiani. C’è bisogno di programmazione e, soprattutto, di una visione che sappia affrontare i temi più delicati: liste d’attesa, pronto soccorso, assistenza domiciliare”.


Fratelli d’Italia elegge 22 consiglieri: teme le rivendicazioni di Lega e Forza Italia, ridotti a comprimari?

“FdI ha centrato un risultato straordinario, frutto di tanto lavoro e conoscenza del territorio. Ma cresce tutto il centrodestra quasi a dirci “forza Governo Meloni” e non credo che questo rappresenti per i nostri alleati un problema. Anzi, spinge tutte le forze politiche del centrodestra a non disturbare il lavoro che stiamo portando avanti al governo della nazione e inizieremo in regione”.


Qual è la geografia interna degli eletti di FdI? Quanti sono di stretta osservanza meloniana e quanti sono vicini al vicepresidente della Camera Fabio Rampelli?

“Questa è una cosa che piace tanto a voi giornalisti, ma posso garantire che FdI è un partito unito che si riconosce in maniera inequivocabile nella figura di Giorgia Meloni. Abbiamo eletto 22 consiglieri, ognuno con una storia e un percorso politico. Certo a Roma, sono particolarmente contenta dell’affermazione straordinaria di Giancarlo Righini e delle candidature riuscite dei miei amici uscenti e dei nuovi che vi entreranno, come tutti gli eletti delle province. In FdI siamo tutti “meloniani” sarebbe follia non esserlo visti i risultati e i traguardi che ci ha permesso di conquistare”.

Tuttavia adesso Massimo Milani, vicino a Rampelli, chiede la fine del commissariamento della federazione di Roma.

“La scelta del commissariamento di Milani in campagna elettorale non ha influito particolarmente sul nostro risultato. Anzi, è stata una decisione saggia a garanzia di una corsa equilibrata tra i candidati; noi abbiamo eletto Giorgia Meloni, presidente nazionale, i commissari per definizione sono di sua fiducia e quando vi è a mancare questo elemento è giusto che lei si avvalga delle sue competenze statutarie. Inizierà la stagione dei congressi e si potranno eleggere dirigenti legittimati anche dai numeri e per questo più autorevoli. Peraltro le preferenze in queste elezioni regionali hanno evidenziato come l’appello a Giorgia Meloni a garantire equilibrio nella campagna elettorale fosse stato sottoscritto dalla stragrande maggioranza di coloro che hanno raccolto consensi in città. Credo che tutto questo sia molto evidente, e il commissariamento durerà il tempo che lei riterrà opportuno”.


Perché siete così duri nei confronti di Rampelli: in fin dei conti non è stato il vostro padre politico?

“Rampelli è un autorevole dirigente del partito che, come molti altri, ha dato molto alla nostra comunità. Non c’è alcuna ostilità, ma a volte ha idee diverse sui percorsi da affrontare. Su una cosa però siamo sempre tutti d’accordo: in FdI c’è un solo capo e indovini come si chiama?”.


Quando le diciamo “I Gabbiani” cosa le viene in mente? E a proposito: è vero che si è cancellata il tatuaggio di un gabbiano da un dito?

“Ho iniziato a fare politica quando le mie coetanee leggevano “Cioè”. Un’esperienza che mi ha dato e tolto tanto, ma è una scelta che a distanza di tanto tempo continuo a condividere. Ho fatto quel tatuaggio a 17 anni a conferma di una scelta di vita, negli anni ne ho aggiunti altri, ognuno dei quali è un memoriale e quello in questione si è trasformato come mi sono trasformata io. Ci ho aggiunto “la cura” canzone di Battiato che è una bandiera”. 


La posizione di Berlusconi su Zelensky non è un problema per Meloni quando va nei consessi internazionali? 

“La posizione del governo sull’ Ucraina è chiara dal primo giorno: con gli aggrediti contro l’aggressore e sempre con l’Occidente. Non ci possono essere interpretazioni: i voti in Parlamento e l’azione del governo parlano chiaro”.  

Da donna nelle parole di Berlusconi legge un mancato riconoscimento di una leadership femminile? “La leadership di Giorgia è ben salda. Conquistata con tanto lavoro, fatica e lungimiranza”.  Ritorniamo alla regione: avete gli anticorpi per evitare le inchieste e gli scandali che travolsero la destra romana e laziale ai tempi di Polverini e Alemanno? La sinistra dice che nel Lazio c'è la peggiore destra italiana. “Ribalto la sua domanda: ha mai visto una sinistra peggiore di quella messa in campo in questi anni? Ha mai visto o sentito un segretario di partito definire il Pd ‘il partito delle poltrone’, e poi chiedere a quello stesso partito una poltrona per se stesso? Detto questo, i nostri anticorpi sono la nostra coscienza ed il bene comune dei nostri territori”.
 

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.