Perché gli americani chiedono lo stop alla vendita della raffineria di Priolo
Ciprioti troppo vicini a Mosca: gli Stati Uniti temono per l'impianto a pochi chilometri da Sigonella. Il ruolo del trader Trafigura e l'ipotesi golden power
Questo accordo non s'ha da fare. Il destino della più grande raffineria italiana è ancora in bilico.
A inizio anno era stato raggiunto un accordo per la cessione dell'impianto Isab di Priolo Gargallo, in provincia di Siracusa. all'azienda con sede a Cipro Goi Energy, che fa parte del fondo di private equity Argus. La raffineria al momento è invece controllata dai russi Lukoil. Nell’operazione è coinvolta anche Trafigura, una delle maggiori compagnie di commercio di materie prime al mondo. Il governo Meloni potrebbe però bloccarla, facendo ricorso allo strumento del golden power, se la ritenesse dannosa per l’interesse e la sicurezza nazionali. Il ministro dello Sviluppo economico e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha dichiarato che "la procedura è stata comunque attivata, ci esprimeremo al termine dell'istruttoria". Nonostante i manager di Goi Energy abbiano già incontrato lo stesso ministro, il viceministro Valentino Valentini e il presidente della regione Sicilia Renato Schifani, Urso ha messo le mani avanti: "Tutti coloro che erano interessati all'acquisto dell'impianto - ha aggiunto - hanno incontrato il comitato di garanzia che abbiamo istituito e che ha illustrato loro qual era l'intenzione del governo in merito alle prescrizioni della golden power. Ovviamente le trattative sulla vendita andavano fatte con la proprietà non certo con noi".
Che cosa succede? Secondo Repubblica, sulla raffineria si sta “giocando una seconda partita che non è solo economica ma anche geopolitica. Gli americani sono molto preoccupati per la vendita a una società cipriota, paese che da sempre è terra di scorribande per investimenti di colossi finanziari e banche russe, di un impianto che si trova ad appena trenta chilometri dalla più importante base militare statunitense nel Mediterraneo, Sigonella”.
La raffineria, che da sola raffina il venti per cento del greggio che arriva in Italia ed è un tassello fondamentale di un polo che dà lavoro a 12 mila persone tra diretti e indotto. è infatti ancora di proprietà della compagnia petrolifera russa Lukoil (il processo di vendita non si è ancora concluso). Con l'invasione dell'Ucraina e le successive sanzioni, Lukoil - benché non sanzionata direttamente - non riusciva a ottenere il credito necessario all’acquisto di petrolio non russo per il timore delle banche di sanzioni secondarie anche fuori dall’Ue; ma non poteva nemmeno rifornirsi di greggio russo, visto il divieto europeo. Per evitare la chiusura dell'Isab di Priolo. le opzioni erano due: nazionalizzare lo stabilimento o venderlo a un privato che non facesse capo a Mosca. Il trasferimento da Lukoil a Goi Energy dovrebbe concludersi entro la fine di marzo, ma serve l’approvazione del governo italiano, che considera la raffineria un’infrastruttura strategica.
Lo scetticismo degli Stati Uniti potrebbe essere alimentato dal ruolo nell'accordo di Trafigura, che prima dell'invasione dell'Ucraina era una delle trader principali di greggio e prodotti raffinati della compagnia petrolifera statale russa Rosneft. Sarà proprio la società che ha sede a Ginevra ad assumersi il compito di fornire capitali e greggio alla Isab una volta che la raffineria siciliana sarà passata sotto il controllo dei ciprioti. C'è da dire, comunque, che con l’inizio della guerra Trafigura ha subito preso le distanze da Mosca, vendendo per esempio la sua quota (da 6 miliardi di euro) nel progetto petrolifero Vostok Oil, gestito da Rosneft nell’Artico russo, quota acquistata appena un anno e mezzo prima.