che noia
C'è obbligatorietà dell'azione penale, e c'è stupidità dell'azione politica
Dopo il caso Cospito, il deputato di FdI Donzelli e il sottosegretario alla Giustizia Delmastro dovrebbero dimettersi, secondo voci autorevoli dell'opposizione. Ma perché non infilzarli in Aula, invece di passare per via giudiziaria?
L’obbligatorietà dell’azione penale, istituto irriformabile come la gramigna e inestirpabile come i cavilli nei processi, produce a volte effetti esilaranti, soprattutto nella provincia dei tribunali annoiati di Piero Chiara. Come quando la procura di Imperia sfrigola d’eccitazione potendo aprire un fascicolo su Blanco. E nemmeno per suicidio come Tenco: per danneggiamento delle rose. Vedere però una procura importante, che ha un nome da difendere non fosse altro che quello sempiterno di Porto delle nebbie, doversi occupare di quisquilie come una fuga di notizie relativa a una notizia che nemmeno lo è mai stata, “diffusione limitata”; e vedere due pezzi da novanta del Terzo potere, il procuratore capo Francesco Lo Voi e il procuratore aggiunto Paolo Ielo, gente che per decenni ha fatto tremare rei e innocenti nelle inchieste di politica o di mafia, magistrati che hanno tenuto sul chi vive l’Italia, costretti ora a occuparsi di una obbligatorietà relativa ad Andrea Delmastro Delle Vedove, sottosegretario alla Giustizia e al coinquilinato, e tutto per colpa di un garantista a fasi molto alterne come Angelo Bonelli, mette malinconia. Per come sono messe, la politica e i tribunali. È quasi più serio il Codacons.
Lo Voi e Ielo, mitologie nell’Olimpo delle toghe, costretti insomma ad assistere per due ore i pm Rosalia Affinito e Gennaro Varone, e farsi quel che si sapeva già, “nessuna rivelazione, atto non secretato”. Somiglia a una pièce di Ionesco. Anche perché l’obbligatorietà di questa stanca e annoiata azione penale deriva da un esposto del capo dei Verdi, uno che però non ci ricordiamo avesse fatto chissà quali pressioni per ottenere risposte della magistratura quando in ballo c’era l’obbligatorietà di un’inchiesta che inzaccherava da vicino il suo caro Soumahoro. Disse che il ragazzo non andava di certo espulso, per un’indagine di provincia poi. Erano “un’alleanza che fa del garantismo un principio importante”. Ora il garantista a fasi lunari tuona: “Ora lui e Donzelli si dimettano”.
C’è obbligatorietà dell’azione penale, e c’è stupidità dell’azione politica. Non parliamo di quella di Delmastro e dello sparuto Giovanni Donzelli, tanto è palese e inescusabile. Ma la stupidità politica di quelli come Bonelli, appunto, o del segretario che non se ne vuole andare, Enrico Letta: “Abbiamo da subito chiesto le dimissioni di Delmastro e Donzelli per la gravità politica e istituzionale del loro comportamento. Le parole di Nordio in Aula hanno aggravato la loro situazione. Le dimissioni sono l’unica via d’uscita a prescindere dalle decisioni dei magistrati”. A prescindere. Come Totò. Ma allora, evitando l’imbuto di una politica che si nasconde dietro le toghe e punta il ditino, evitando di disturbare Ielo e Lo Voi, perché non infilzarli in Aula, invece di chiedere le dimissioni per via giudiziaria? Col risultato che siccome l’inchiesta andrà più o meno in niente; e il ministro della zona grigia ha già fatto mezzo scudo, quando arriverà la richiesta d’archiviazione di un gip, e la condannuzza da sei mesi a tre anni, anzi “se l’agevolazione è soltanto colposa, si applica la reclusione fino a un anno”, sarà una cacchetta sulla giacca di Delmastro. E si potrà solo dire che questo modo provinciale di fare politica, questo modo codicillare di fare giustizia, annoierebbe persino a Imperia.