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verso il nuovo segretario

Ecco il mio Pd: Bonaccini e Schlein rispondono al Foglio

Un partito popolare, legato alla vita reale, e un partito che rompa nettamente con gli errori che ha compiuto nel passato. Alleanze e opposizione, Europa e guerra, clima ed energia: dieci domande per i candidati alle primarie

In vista delle primarie del Pd, in programma domenica prossima, i candidati alla guida del partito rispondono alle domande del Foglio. Dopo Gianni Cuperlo e Paola De Micheli, oggi è la volta di Stefano Bonaccini e Elly Schlein.

 
1) Un aggettivo per qualificare il suo Pd. E perché quell’aggettivo renderà la sua proposta alternativa a quella degli altri candidati. 

Stefano Bonaccini. Popolare. Perché la politica o la fai con le persone, tra le persone e per le persone, o è un’altra cosa. Vengo da una famiglia umile di un paesino della provincia e ho imparato dalla mia terra e dalla mia comunità che il cambiamento non lo si fa dall’alto, ma insieme alla gente, senza puzza sotto il naso e invece con la fatica di ascoltare, rispondere e anche di cambiare idea quando è necessario. Io ho sempre passato poco tempo in ufficio e molto tra le persone, dentro le fabbriche e le scuole, nelle aziende agricole o negli ospedali: non è garanzia di qualità, ma solo se tocchi con mano e stai in presa diretta con ciò che la gente pensa puoi guidare un cambiamento. Per questo quando parlo di lavoro o imprese, sanità o scuole non uso mai categorie astratte: in quel che dici, decidi e fai ci deve essere sempre la concretezza della vita reale.

Elly Schlein. Preferisco un sostantivo: speranza. La nostra proposta delinea una prospettiva chiara e concreta: affrontare l’emergenza climatica ingaggiando una lotta fuori e dentro le aule parlamentari contro ogni forma di diseguaglianza e contro la precarietà del lavoro.  Guardiamo al futuro, ma ci vuole una rottura netta con gli errori che questo partito ha compiuto nel passato, dal Jobs Act alle politiche migratorie. Io sono l’unica candidata che non ha mai fatto parte del gruppo dirigente del partito in questi dieci anni, in cui abbiamo fatto coerentemente queste battaglie: noi abbiamo la forza e la credibilità per svoltare davvero.

2) Alleanze. Se vince il congresso, proporrà un nuovo tavolo di coalizione? Aperto a chi? Sia a Conte sia a Calenda?

SB. Se diventerò segretario la mia prima ossessione sarà fare un Pd più grande e più forte, perché prima delle alleanze bisogna che il Pd torni a fare il Pd. E il nostro obiettivo è tornare a essere il primo partito alle europee del 2024, riconquistando il terreno e il consenso perduti. Un Pd più forte ed espansivo è la precondizione per un nuovo centrosinistra alternativo e vincente, che va ovviamente costruito insieme agli altri, senza preclusioni ma anche senza rincorrere nessuno. C’è un’opposizione da fare, vediamo se riusciamo a condividere alcune cose importanti. Ne ho proposte due: una proposta di legge di iniziativa popolare per il salario minimo legale, per cancellare la vergogna di salari a 2 o 3 euro all’ora; e la difesa della sanità pubblica, per recuperare le risorse che la destra ha tagliato, per sostenere i servizi del territorio, per formare più medici e infermieri. Su questo terreno il Terzo polo si è detto disponibile, mi pare che anche i Cinque stelle abbiano idee simili. Sarebbe un buon inizio. Aggiungo un terzo capitolo: stanno tagliando sulla scuola e rischiamo di avere meno istituti, classi ancor più affollate nelle città e scuole che chiudono in montagna e nei piccoli centri. Lunedì prossimo (oggi per chi legge), come Emilia-Romagna, impugneremo il provvedimento davanti alla Corte costituzionale, perché le Regioni non sono state minimamente coinvolte. Io dico facciamola insieme questa battaglia.

ES. Siamo all’opposizione del governo Meloni e abbiamo il dovere di coordinarci con le altre forze alternative alla destra per fare alcune battaglie comuni in Parlamento e nel Paese. Dobbiamo farlo a partire da cose concrete. Un esempio? Tutte le forze di opposizione hanno presentato in Parlamento una propria proposta di legge sul salario minimo. Rivolgo loro un appello: uniamo le forze e cerchiamo di farla passare perché sotto una certa soglia non si può chiamare lavoro, è sfruttamento. Altri obiettivi condivisi possono essere il congedo paritario, la difesa della sanità e della scuola pubblica, la progressività fiscale, la legge contro il consumo di suolo. Fare un’alleanza tra simili è semplice, farla tra diversi è più complesso ma è una sfida che dopo le ultime sconfitte abbiamo il dovere di raccogliere. Il governo è diviso, ma finché le opposizioni saranno più divise sarà difficile costruire un’alternativa vincente. Noi intanto pensiamo a rinnovare il Pd dandogli un profilo chiaro, su diseguaglianze, lavoro e clima, e vedremo su questi temi chi ci sta.

3) Guerra. A un anno dall’inizio dell’invasione russa, crede necessario continuare a sostenere, sia finanziariamente sia militarmente, l’Ucraina, fino a respingere l’avanzata di Putin?

SB. Sì. Se l’Ucraina smette di difendersi allora smette di esistere. Ed è inaccettabile l’aggressione di un Paese sovrano da parte di una potenza che si riscopre imperialista e che vorrebbe attorno stati a sovranità limitata. La comunità internazionale non può tollerare questa violazione del diritto e che possano essere inflitti ai civili simili sofferenze e distruzione. E’ però il momento di aprire davvero un’iniziativa diplomatica più forte e credo che l’Europa debba fare un passo avanti anche su questo, perché ci riguarda più di chiunque altro. Vorrei un governo italiano credibile su questo: l’esatto opposto di ciò che invece rischia di accadere, se la presidente Meloni non sarà ai tavoli in cui si decide e la sua maggioranza continua a sbandare sul tema.

ES. Credo che sia giusto sostenere il popolo ucraino con ogni forma di assistenza necessaria a difendersi, per ristabilire il diritto internazionale violato da Putin. Ma non saranno le armi a porre fine alla guerra. Non possiamo aspettare che cada l’ultimo fucile per costruire una pace giusta. Serve un maggiore sforzo politico e diplomatico dell’Unione europea e della comunità internazionale per creare le condizioni che portino a un cessate il fuoco e all’avvio di una Conferenza di pace multilaterale che possa porre fine a questa terribile guerra.

4) Autonomia. L’Emilia-Romagna di entrambi fu la prima regione non di destra a richiedere di gestire molte delle competenze previste dall’autonomia. Che giudizio dà del progetto varato dal governo?

SB. Negativo. La Lega ha preteso il disegno di legge Calderoli per fare campagna elettorale in Lombardia, sacrificando al proprio tornaconto elettorale l’accordo con le Regioni e gli Enti locali. Brandire l’autonomia come una clava nelle mani dei territori forti da utilizzare contro i territori più deboli è sbagliato in generale, perché compito del governo è unire il Paese, non spaccarlo; ma è sbagliato anche nei confronti del principio dell’autonomia stessa, che invece io difendo per come è definito dalla nostra Costituzione, che sancisce chiaramente come le autonomie vadano promosse e compito dello stato è quello di realizzare il più ampio decentramento. Ma tutto ciò nell’ambito di una Repubblica che è una e indivisibile, assicurando a tutti i cittadini il diritto di accedere ai livelli essenziali delle prestazioni. L’Italia oggi così non funziona: va a troppe velocità diverse, le persone sono costrette a spostarsi dal sud al nord per curarsi, i giovani anche o vanno all’estero per trovare lavoro e costruirsi un progetto di vita. Non va bene. Serve un progetto diverso che parli a tutto il Paese: un’autonomia giusta, che avvicini le decisioni ai cittadini, che semplifichi la vita delle persone e delle imprese, che velocizzi i tempi degli investimenti. Noi ci batteremo per cambiare la proposta del governo e vedrete che potremmo trovare al nostro fianco anche regioni e comuni che non sono amministrati dal centrosinistra, ma che non intendono piegarsi a questo scambio politico con la Lega.

ES. Giudizio pessimo. Il ddl Calderoli va rigettato con forza, e non solo su alcuni aspetti come dice qualcuno anche nel Pd. Su questo serve che il partito sia compatto. Perché il ddl deforma l’ispirazione autonomista della Costituzione e peggiora le diseguaglianze territoriali che hanno già penalizzato moltissimo il Sud. Le regioni e il Parlamento sono stati scavalcati e non viene messo un euro in più per il Sud, per garantire i livelli essenziali di prestazione per servizi e diritti fondamentali come salute, trasporti, istruzione. L’Italia va ricucita, non divisa. 

5) Europa. L’alleanza “Ursula”, col sostanziale accordo tra Pse, Ppe, Verdi e Renew è quella da perseguire anche in futuro, in caso di necessità, o preferirebbe, in Europa, una dialettica più polarizzata con Pse e Ppe su fronti opposti?

SB. Io credo che un accordo tra le grandi famiglie politiche favorisca l’unità, a fronte di governi nazionali molto eterogenei dal punto di vista politico. E visto che l’Europa dovrà fare passi avanti importanti su molte questioni – dalla gestione fiscale alla politica energetica, dalle politiche sociali alla politica estera e di difesa – mi pare che convenga avere una gestione condivisa tra le forze europeiste e che tagli fuori le forze sovraniste. Tantopiù se vogliamo dotarci di un sistema di decisione più efficiente e costruire un nucleo di paesi che possa anche accelerare l’integrazione su queste materie. Se si spacca l’unità degli europeisti non avremo di volta in volta un’Europa più progressista o più conservatrice, ma semplicemente un’Europa paralizzata.

ES. Il mio impegno politico è nato dieci anni fa contro le larghe intese, non sono un’appassionata del genere. Lavoreremo con le altre forze socialiste per costruire una proposta in grado di far avanzare il progetto europeo con un’Unione più sociale, più verde, più prossima ai bisogni di chi fa più fatica. L’obiettivo è vincere le prossime elezioni, per costruire una maggioranza progressista ed ecologista insieme alle forze più vicine su questi temi. 

Il Ppe deve decidere che cosa fare, è sempre più evidente lo spostamento a destra verso i conservatori e l’estrema destra nazionalista, che mette a rischio il futuro dell’integrazione europea per la quale ci siamo battuti negli anni, da Romano Prodi a David Sassoli. Meloni già nei primi Consigli europei rischia di isolarci in Europa, l’asse con Orbán e gli ultra nazionalisti danneggia gli interessi dell’Italia. Con quelle destre e con un Ppe condizionato da quelle alleanze credo non si potrà fare molto. Noi ci battiamo per dare il massimo contributo alle prossime europee per costruire una nuova maggioranza politica nel Parlamento europeo.

6) Governo. Possibile collaborare con Meloni, su alcune proposte specifiche, in particolare sulle riforme istituzionali, qualora la maggioranza dovesse per esempio passare dal presidenzialismo al premierato? O esclude a priori che questa strada possa essere intrapresa in questa legislatura?

SB. Spetta al governo e alla maggioranza che lo sostiene decidere come procedere: se l’atteggiamento sarà quello manifestato sull’autonomia prevarrà lo scontro. E faccio subito un esempio concreto, il presidenzialismo: l’ultima cosa che andrebbe cambiata è una presidenza della Repubblica che ha dimostrato nel tempo di funzionare perfettamente. Se, viceversa, si cercherà una soluzione condivisa per rafforzare le istituzioni, semplificare il procedimento legislativo e favorire la governabilità noi ci confronteremo responsabilmente, nell’interesse del Paese. Proprio perché sono forte delle mie idee non ho mai paura di confrontarmi e di collaborare dove possibile. E al Paese serve un’opposizione seria e rigorosa, che per ogni “no” motivato sappia avanzare una proposta alternativa, e che sappia collaborare quando serve all’Italia. Non è perché è cambiato il colore del governo che noi cambiamo idea sulla necessità di difendere l’Ucraina. E le pagelle le danno gli elettori: l’altro giorno ha fatto parlare il fatto che io abbia riconosciuto alla presidente Meloni delle capacità. E si sono indignati quelli nel nostro partito che contro Meloni hanno perso dopo essere stati al governo, trascurando il fatto che le pagelle le hanno date i cittadini. In democrazia funziona così. E per me ci sono avversari, non nemici.

ES. Per ora non abbiamo visto alcuna proposta concreta, ma questa destra ha sempre propugnato un presidenzialismo cui siamo fortemente contrari, con in testa il modello dell’uomo o donna soli al comando, di un esecutivo ancora più slegato dal controllo parlamentare, facendo saltare i pesi e contrappesi saggiamente previsti dalla Costituzione. In questi anni l’istituto della presidenza della Repubblica ha rappresentato un punto di equilibrio e garanzia fondamentale per la stabilità e credibilità internazionale del Paese, alterare questo modello sarebbe un grave errore. Valuteremo eventuali proposte nel merito come facciamo sempre, ma è difficile lavorare con una maggioranza che ha iniziato scavalcando il Parlamento sull’autonomia differenziata.

7) Giochino. Sanders o Biden? Starmer o Corbyn? Macron o Mélenchon? Blair o Brown? Renzi o D’Alema?

SB. Di base, le direi quelli che hanno vinto, perché di una sinistra ideologica e di testimonianza non saprei che farmene. Le mie battaglie le ho sempre fatte per provare a far stare meglio chi proveniva dai ceti popolari come me, perché la sinistra serve se cambia le cose, non se fa protesta o è minoritaria.

ES. Si rende conto che non c’è il nome di una donna? E’ anche per questo ho deciso di candidarmi.


8) Patrimoniale sì o no? Riduzione delle tasse sul lavoro sì o no? 

SB. Produciamo poca ricchezza e la redistribuiamo male. Per crescere di più serve una solida politica industriale e una più forte politica della formazione. E per redistribuirla meglio il fisco non basta: nella mia regione la forbice sociale è meno larga non perché ci siano tasse diverse dal resto d’Italia, ma la contrattazione collettiva è più forte, perché i servizi pubblici – dai nidi alle università, dalla sanità all’assistenza – sono più accessibili. E certamente serve un fisco più equo e coerente con i due obiettivi che ho indicato, per cui la prima scelta è meno tasse sul lavoro e su chi produce occupazione di qualità. L’esatto opposto dei condoni e della flat tax del governo della destra, per intenderci. Aggiungo: per le generazioni più giovani il primo problema si chiama precarietà e stipendi troppo bassi. La due scelte di fondo, strutturali, che propongo sono queste: fare costare meno e rendere quindi più conveniente il lavoro stabile rispetto a quello precario; togliere i falsi tirocini e scegliere di investire sull’apprendistato. 

ES. La strada che proponiamo di seguire è spostare il carico fiscale dal lavoro e dall’impresa alle rendite e alle emissioni climalteranti. Il fisco che vogliamo redistribuisce i redditi e la ricchezza e contribuisce a ridurre le diseguaglianze sociali e a contrastare il cambiamento climatico. In una riforma fiscale complessiva e progressiva anche il tema dei grandi patrimoni deve essere affrontato in un’ottica redistributiva, a partire dall’allineamento della tassa sulle donazioni e successioni al livello degli altri grandi paesi europei. E’ giusto che chi ha di più contribuisca in proporzione maggiore al benessere collettivo, lo chiede anche la Costituzione.

9) Termovalorizzatori sì o no? Nucleare sì o no? Rigassificatori sì o no? Stop ai veicoli inquinanti (quindi a benzina e diesel) di nuova immatricolazione a partire dal 2035 sì o no?

SB. I termovalorizzatori e i rigassificatori sono la transizione e servono eccome, ma l’obiettivo deve essere accelerare al massimo verso la piena sostenibilità, la neutralità carbonica e l’economia circolare, perché a rischio c’è la sopravvivenza del pianeta e della nostra società, la vita dei nostri figli e dei nostri nipoti. A fronte di una destra che nega il problema, la nostra strada è opposta: investire sulle energie rinnovabili come non ci fosse un domani, passare da un’economia lineare a una circolare, non consumare suolo e investire sulla rigenerazione, bonificare le nostre acque e la nostra aria, smetterla di spendere ogni anno più per riparare i danni dei disastri naturali che non per prevenirli. La tecnologia nucleare oggi disponibile non è una strada praticabile per l’Italia: non regge minimamente al rapporto costi/benefici perché impiegheremmo troppi anni per avere una soluzione già datata, non sicura quanto indispensabile e col problema delle scorie. Un governo che non riesce a gestire un termovalorizzatore a Piombino se lo immagina scegliere i siti? Investire nella ricerca sul nucleare è viceversa indispensabile, perché non solo il solare, l’eolico e il geotermico, ma forse neppure l’idrogeno potranno darci tutto alle migliori condizioni possibili.

ES. L’Ue con le direttive che abbiamo approvato sull’economia circolare indica una strada chiara. Ridurre la produzione dei rifiuti e puntare sulla circolarità, sul riciclo e la reimmissione di materie prime e seconde nei cicli produttivi (o scambiarle con altre aziende) consentirà alle imprese di risparmiare e alla collettività di superare discariche e inceneritori. Il nucleare non è la strada da seguire: i tempi e i costi di industrializzazione non sono compatibili con gli obiettivi della transizione energetica e i costi di produzione di elettricità da nucleare sono nettamente superiori rispetto a quelli da eolico e fotovoltaico. I rigassificatori al massimo come soluzione temporanea per pochi anni, se nel 2050 dobbiamo aver già azzerato le emissioni nette. Serve invece un grande piano industriale verde per infrastrutturare il paese sull’energia pulita e rinnovabile. Si fa semplificando gli iter e coinvolgendo amministrazioni e comunità nelle scelte, creando le filiere che mancano, come su accumuli e batterie. Un grande potenziale di lavoro di qualità e nuova impresa. Stop all’immatricolazione di nuovi veicoli inquinanti dal 2035 con politiche industriali che accompagnino il settore dell’automotive attraverso risorse, investimenti e competenze che servono per riqualificare l’occupazione, insieme a un forte investimento sul trasporto pubblico.

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