Nomine

Le sedie di Meloni. Salvini e Berlusconi usano la carta Scaroni per arrivare a Leonardo e Poste

Carmelo Caruso

Il leader della Lega e il Cav. puntano ad avere un ruolo nel sottogoverno Eni. Meloni e Crosetto si confrontano su Leonardo dove sono in corsa Cutillo e Tucci

Le magnifiche sono cinque. Giorgia Meloni ne ha congelata una, la Lega ne chiede due, Forza Italia fa sponda con la Lega. Sono le “sedie” di ad e presidente delle società partecipate, le cinque sorelle: Eni, Enel, Poste, Leonardo e Terna. La sedia congelata è quella di Claudio Descalzi, ad di Eni. Per la premier è un super ministro degli Esteri e dell’Energia mentre per Matteo Salvini è solo un manager, un gran manager, che stima da tempo, ma non un indispensabile. Ha altri nomi. Uno lo mette sul tavolo per fare interdizione. Insieme a Silvio Berlusconi, il leader della Lega intende suggerire Paolo Scaroni come presidente dell’Eni. E’ il predecessore di Descalzi. Ingombrante. Se entra Scaroni  può restare Descalzi? E’ come nel gioco della dama. Scaroni, per la Lega, è la pedina dello stallo. O della trattativa. Salvini blocca una per liberarne due. E chiede  di scegliere i vertici di Poste e Leonardo.


La capotavola è lei, ma il tavolo lo vogliono loro. Forza Italia e Lega non hanno intenzione di accettare il metodo Meloni. La premier è disposta ad ascoltare i leader sulle “cinque sorelle” (Eni, Enel, Poste, Terna e Leonardo) ma si riserva “il potere della sintesi  in virtù del mio ruolo”. Tre giorni fa, mentre era in visita a Varsavia, viene battuta un’agenzia che corrisponde allo sparo di Sarajevo. In Italia le nomine delle società partecipate sono un conflitto con altri mezzi: le veline. Quell’agenzia, “fonti Lega”, avvisava Meloni che su Eni ed Enel è necessaria discontinuità non solo per i vertici ma anche per il management. In breve: Meloni si intesta Eni, ma la presidenza e il sottogoverno devono andare agli alleati. Tutti gli italiani hanno imparato a conoscere Descalzi. Gli italiani che occupano ruoli di vertice conoscono invece il capo del personale di Eni. Si chiama Claudio Granata ed è entrato in azienda nel 1983.

 

Fino al 2020, ultimo rinnovo di Descalzi, curava anche le relazioni istituzionali nazionali e la sicurezza oltre il personale. Secondo Lega e Forza Italia “è il vero numero due di Descalzi e gestisce molto potere economico”. La Lega e Forza Italia, e si sottolinea, Lega e Forza Italia, ritengono che la partnership che Eni ha da pochi giorni siglato  per sponsorizzare le olimpiadi Milano-Cortina, “sia un’ abile mossa di Granata per cercare all’ultimo la nostra attenzione”. Viene rimproverata a questa figura rilevantissima una lontananza dal centrodestra. Gli alleati di Meloni chiedono di “rinnovare” la sua posizione e studiano le vulnerabilità di FdI.

 

Meloni ha infatti promesso all’ex ministro del governo Draghi, Roberto Cingolani, la guida di Leonardo ed è una promessa che vuole mantenere. Per farlo è entrata in dialettica con Guido Crosetto, ministro della Difesa. Durante il governo Draghi, Crosetto aveva già  suggerito per quella carica Lorenzo Mariani, ad di Mbda, società del gruppo Leonardo. Salvini e Berlusconi rimproverano ora a Crosetto la sua vicinanza con la vecchia gestione di Leonardo (nella sua ultima dichiarazione da parlamentare risultava essere senior advisor del ceo di Leonardo, Alessandro Profumo). 

 

La Lega ha un profilo per il ruolo di ad. E’ Gian Piero Cutillo, manager interno che si occupa della divisione aerei. Un altro nome in corsa è Maurizio Tucci rispettato da angloamericani e israeliani e pezzi importanti di FdI. Ha lavorato in Finmeccanica con l’ex presidente Pier Francesco Guarguaglini e ha dato prova di valore in trattative internazionali. Molti nomi che vengono elencati sono interscambiabili. I partiti puntano su una società ma per arrivare a un’altra. Scaroni, persona cara a Berlusconi, è utile per allargare la trattativa. La Lega se fa cadere il veto su Descalzi può rivendicare altre posizioni e ha un nome sia per Enel sia per Poste. E’ quello di Flavio Cattaneo, già ad di Italo. Il leader della Lega può avanzare la sua candidatura per complicare il cammino di Stefano Donnarumma, ad di Terna, lodato da Meloni, e non solo, più volte indicato per guidare Enel.

 

Lega e FI  puntano a trovare un’altra collocazione importante a Matteo Del Fante, ad di Poste, stimato trasversalmente (anche al Colle)  e non a caso non indicato dalla Lega nella nota sulla discontinuità, e promuovere il suo attuale numero due,  l’apprezzato condirettore generale, Giuseppe Lasco. In caso di promozione di Del Fante, Lasco sarebbe la prima opzione per Poste.

 

Lega e FI lo vedrebbero bene anche alla guida di Terna.  Sulle presidenze delle cinque sorelle si cerca di gratificare eccellenze di destra o  premiare servitori di stato. Una eccellenza è il professore Cesare Pozzi, economista di riferimento di FdI e del sottosegretario Giovanbattista Fazzolari. L’altro è Giuseppe Zafarana, comandante della Gdf. Se oggi si dovesse scegliere un simbolo del governo quel simbolo non può che essere  la sedia. Ogni nomina deve essere ratificata da Giancarlo Giorgetti e ha due possibilità: assecondare la volontà di Meloni o ammortizzare le richieste di Lega e FI. Qual è la sedia a cui punta? Quella del prete o del chierichetto?

 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio