Il censore Peppe Provenzano

Luciano Capone

L'ex ministro per il Sud torna a sindacare sulla dignità di chi non la pensa come lui. Dopo il veto ai "liberisti" tocca ai "leghisti": chiede di bloccare la nomina del prof. Giovanardi, colpevole di essere un “tributarista di Vicenza” e "vicino a Zaia"

Rieccolo, il censore. Peppe Provenzano si è ormai calato nella parte di chi, non si sa bene in virtù di quale autorità etica o intellettuale, si mette a sindacare sulla dignità delle nomine degli accademici in ruoli tecnici. Stavolta ha puntato il prof. Andrea Giovanardi, ordinario di diritto tributario all’Università di Trento, che non deve assolutamente essere nominato presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard.

 

Il vicesegretario uscente del Pd apprende dai giornali che il professore è un possibile candidato per quel ruolo e scrive un’interrogazione insieme a Maria Cecilia Guerra, esponente di Articolo 1 entrante nel Pd, per chiedere al governo di “soprassedere” sulla nomina di Giovanardi. E che avrà mai fatto? È un farabutto? È un incompetente? Tutt’altro.

 

I capi d’imputazione, se così possiamo definirli, sono questi: innanzitutto è un “tributarista di Vicenza”, e non si capisce se la cosa grave sia la professione o la provenienza; poi è “autore con il collega Dario Stevanato di un saggio ‘Autonomia, differenziazioni, responsabilità’”, e quindi pare che sia colpevole di conoscere la materia visto che la commissione si occupa della metodologia per individuare i fabbisogni standard degli enti locali; ma, soprattutto, è “molto vicino al governatore del Veneto Luca Zaia”. Non nel senso che è un vicino di casa, ma perché è un componente della delegazione tecnica che si occupa dell’autonomia della regione Veneto.

 

In sostanza, la colpa di Giovanardi non è che sia indegno personalmente o incompetente professionalmente per svolgere quel ruolo, ma che la pensa diversamente da Provenzano. “È evidente che la nomina di una figura marcatamente di parte in una fase così delicata dovuta anche all’approvazione in Consiglio dei ministri del disegno di legge sull’autonomia differenziata rappresenterebbe – scrivono i due esponenti del Pd – una palese sgrammaticatura istituzionale, piegando uno strumento tecnico a un preciso orientamento politico”.

 

È un ragionamento bizzarro. Nel senso che presupporrebbe la possibilità che esistano esperti di una materia che non abbiano alcuna opinione in materia, cosa che in realtà dovrebbe caratterizzare chi non ne sa nulla. La stessa on. Guerra, co-firmataria di Provenzano, ha in passato ha fatto parte di commissioni tecniche al Mef anche in virtù della sua “vicinanza” a Vincenzo Visco.

 

Quindi il problema non è tanto che il prof. Giovanardi ha un’opinione di parte, ma che non è della stessa parte di Provenzano. Così l’idea di un esperto “assolutamente imparziale”, che è abbastanza ridicola in sé, diventa semplice ipocrisia se viene usata solo contro chi la pensa diversamente. La Commissione per i fabbisogni standard, peraltro, è un organo collegiale in cui sono rappresentate diverse sensibilità: ne fanno parte accademici apertamente critici e ostili all’autonomia differenziata. Sono questi, evidentemente, quelli che Provenzano ritiene “imparziali”: quelli che danno ragione al suo partito o che il suo partito ha nominato.

 

Già durante il governo Draghi, Provenzano si era messo a porre veti. Bloccò la nomina di Riccardo Puglisi e Carlo Stagnaro come consulenti tecnici a Palazzo Chigi in quanto “ultras liberisti”. Censurati allora Puglisi e Stagnaro perché “liberisti”, censurato ora Giovanardi perché “leghista”. Ma all’epoca Peppe il censore aveva almeno un argomento da far valere: il potere politico. Da vicesegretario di un partito di governo preferiva, legittimamente, nominare persone affini solo alla sua parte.

 

Ma dopo aver perso le elezioni, il tentativo di mettere bollini di conformità politico-ideologica sulle nomine è abbastanza ridicolo. La foga censoria dai banchi dell’opposizione ricorda figure caricaturali come il Peppone di Guareschi, che era sì un comunista forsennato, ma quantomeno faceva battaglie più popolari.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali