Picchiatori da tastiera

Il surreale antifascismo pro-foibe che ignora le minacce al ministro Valditara

Maurizio Crippa

La risposta del ministro leghista alla lettera della preside di Firenze dopo il pestaggio di qualche giorno fa è una semplice annotazione sui limiti che gli interventi di un pubblico ufficiale dovrebbero rispettare. Le reazioni che ha scatenato dicono molto del clima che si respira in certe aree politiche

Nel paese siffatto in cui un ministro della Repubblica può essere minacciato di morte, ma tutta la chattering class del progressismo scatta come un sol piffero della banda ad accusare lui di minacciare le presidi dei licei, possono davvero succedere cose “disgustose” (prendiamo in prestito l’aggettivo dalla disgustata dirigente scolastica). La cosa disgustosa – per chi conservi un po’ di senso dell’equilibrio – è che qualche genietto che bazzica a Torino il centro sociale Askatasuna, non nuovo alle escandescenze, ha scritto sul social molto pubblicizzato a Sanremo: “Ho sognato questa notte le barricate in via Bologna. E la Digos qua non entra più, Valditara a testa in giù”. Scimmiottando le parole usate cinquant’anni fa dai suoi pessimi nonni, ai tempi picchiatori proletari e oggi irritabili antifascisti da tastiera. Il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara non ne è particolarmente preoccupato, se non per “il brutto clima”. Più preoccupante, se non fosse la solita solfa, è appunto il clima attorno. Annalisa Savino, dirigente scolastica del liceo “Leonardo da Vinci” di Firenze, fuori dal quale è avvenuta l’aggressione dei giovani attivisti di destra ad altri di sinistra, ha scritto una lettera agli studenti in cui le è slittata un po’ la frizione. Valditara ha definito la lettera “impropria”, e ha detto l’ovvio: “In Italia non c’è alcuna deriva violenta e autoritaria, non c’è alcun pericolo fascista”. Poi ha concluso, e questo poteva risparmiarselo, nel paese in cui a scuola non si riescono a sanzionare manco gli smartphone: “Se l’atteggiamento dovesse persistere vedremo se sarà necessario prendere misure”. Non una minaccia “a testa in giù”, diciamo.  

 

Quella di Valditara è una semplice, o pleonastica, annotazione sui limiti che la pur libera coloritura politica degli interventi di un pubblico ufficiale dovrebbero rispettare. Immediatamente è partita una raccolta di firme in solidarietà – della preside – cui oltre alla “comunità educante” ha aderito tutta la chattering class prog nazionale: perlopiù con vocianti tweet a schiena dritta e in sprezzo dell’ernia. Una lettera in cui si esagera alquanto la minaccia (che non sussiste) e si arriva al grottesco di definire Valditara “il ministro dei muri di stato”. Tutto questo nel paese siffatto in cui né dirigenti scolastici, né chattering dell’educazione permanente antifascista hanno trovato lo spazio di una sola riga per insegnare agli studenti che non si lanciano minacce di morte.

 

La dirigente scolastica insegna che “il fascismo in Italia non è nato con le grandi adunate da migliaia di persone. È nato ai bordi di un marciapiede qualunque, con la vittima di un pestaggio per motivi politici”. Bene. Ma andrebbe loro ricordato che anche gli Anni di piombo iniziarono con la messa in pratica, da parte dei loro nonni, di slogan violenti. E pure allora nessuno ci fece caso. Come nessuno ricorda mai che la prima vittima di quel clima fu l’agente Antonio Annarumma, un mese prima di Piazza Fontana, nel corso di scontri con l’estrema sinistra a Milano. Ma su questo la memoria è corta, e non si sono sentite condanne assordanti nemmeno quando, alla manifestazione della sinistra contro i fascisti sono volati slogan che inneggiavano alle foibe (tutto era nato attorno al Giorno del ricordo, sempre osteggiato). La dirigente scolastica nella lettera scrive: “Siate consapevoli che è in momenti come questi che, nella storia, i totalitarismi hanno preso piede… Nei periodi di incertezza, di sfiducia collettiva nelle istituzioni, di sguardo ripiegato dentro al proprio recinto”. Ma quale incertezza, quale sfiducia? Perché la sinistra ha perso le elezioni? Non un gran concetto della democrazia. Ammonisce pure che non bisogna “illudersi che questo disgustoso rigurgito passi da sé”. A proposito di disgustoso rigurgito, ci sarebbero da segnalare gli studenti che in corteo sventolavano le bandiere di Tito, noto macellaio e dittatore balcanico.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"