Ansa

Elly e Giorgia

Car* De Gregorio, anche i giovani possono invecchiare velocemente

Giuliano Ferrara

Elly Schlein e l’altro lato della Cosmopolitan way: ciò che conta è quasi sempre il controllo del presente, perfino quando si traveste da sogno e da futuro

Concita De Gregorio non ha torto quando scrive che Schlein invecchia Meloni. Lo scrive con brio e una certa effervescenza da brava cronista di moda e, come dicono adesso, di beauty. Ma che cosa significa? Vediamo. Una Millennial Election d’opinione, a furor di non iscritti al Pd, consegna la presidente del Consiglio, nonostante la sua età, al Novecento dei partiti, della storia pesante, della comunicazione old fashion, delle idee strutturate sull’esperienza e il tempo. Gli hobbit sembrano arcaismo letterario se si pensi all’indie rock, alle webzines e alle altre diavolerie molto sonore che l’underground britannico dei Novanta ha generato trasformandosi in algoritmo (la musica dell’entusiasmo marca Elly). Meloni piccina era, in parte a sua insaputa, diciamo così, ammiratrice di Mussolini uomo di stato e politico, un italiano che ha fatto tutto e ha sbagliato tutto, e un criminale sterminatore di libertà e dignità della persona (leggi razziali), comunque un’eredità pesante e duratura, dolorosamente e callidamente sperimentata nel senso comune persistente più di quanto abbia potuto fare fin qui l’egemonia ideologica dei diritti e dell’lgbtqi+, che come conformismo tendenzialmente dittatoriale delle coscienze promette bene ma deve ancora compiersi fino in fondo.

 

Dalla parte di Elly eredità non ce n’è, Lenin Stalin Gramsci Togliatti Longo Berlinguer le sono estranei, e De Gregorio si appunta maliziosa che una viene dal fascismo e l’altra non viene dal comunismo, al massimo le si può attribuire come legato il pur encomiabile Romano Prodi, ministro con Andreotti e capo dell’Ulivo con il popolo dei fax. Dalla parte di Elly c’è una equivoca autodissoluzione degli apparati a vantaggio di una reincarnazione dei faxisti via digitale + gazebo, una parte dei quali apparati sono partitanti sconfitti, l’altra impegnata nella tattica dell’insetto morto, in attesa di recuperare le forze. Poi c’è la campagna elettorale di Obama, prodigio di novità speranza futuro diversità che ha prodotto prima Trump e poi, fortunatamente, un vecchio e solido marpione della politica politicante come il senatore Biden, attuale capo dell’occidente di origine “centrista”, interlocutore forte di Meloni guerriera delle libertà nazionali in Europa (altra pesantezza, magari obbligata, del presente come storia). 

 

Questo pienone del secolo scorso ovvero Meloni invecchiata, lei campione di apparati morti e retoriche e memorie e sezioni che risorgono e si rilanciano e trovano la Terra Promessa invece di autodissolversi, è una zavorra della rivale naturale di Schlein, la fondatrice nazional-vernacolare dei Fratelli dominati dalla Sorella? Ci andrei piano. Certo, per virare al femminile, certe figure come Indira, Golda, Thatcher, Bandaranaike, Merkel, e aggiungiamo Anselmi, Iotti, per un elenco largamente incompleto, sono già almeno in parte nella nebbia della memoria. Oggi si portano tipe fantastiche come Sanna Marin e altre campionesse di coraggio e competenza politica, non esclusa una interessante dimensione privata, qualche volta perfino legata al romance eterosessuale tanto in disuso, in apparenza, che genera dimissioni a catena e ricomposte famiglie quasi da ex Mulino Bianco.

  

Ma se l’algoritmo induce a velocità di comunicazione e conoscenza, comprende nel suo cerchio magico la memoria d’archivio di ciò che davvero ha contato e conta, che è quasi sempre il pieno del razionale e del controllo del presente, perfino quando si traveste da sogno e da futuro. Ieri gli sciagurati prediletti del vecchio e amato giornalino al quale mi onoro di collaborare da pensionato più o meno tollerato mi hanno messo un titolo sull’elezione di Schlein che manca poco pareva la rifrittura dell’abusato “radical-chic”. Certo che una dotata di tre cittadinanze da urlo (svizzera, americana e italiana: che invidia) se la può tirare fin che vuole con le diseguaglianze e il precariato, ma un sospetto di cosmopolitan style of life se lo porterà sempre dietro. Troppa grazia globalizzata, sant’Antonio. Ma i titoli si fanno in encomiabile fretta e non tutti hanno il tempo che ho io per sottilizzare e tentare di non farsi capire: privilegio dell’età. La sostanza è questa, car* De Gregorio: ci sono giovani e giovanotte che s’invecchiano e rassicurano, e ci sono ragazze che cantano e ballano per entusiasmare. Non so a chi sarà dato di contendere con successo il governo della casa comune e non lo sai nemmeno tu, tu quoque cosmopolitan ibero-italiana.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.