(foto Ansa)

l'intervista

“Su Cutro serve una commissione d'inchiesta”, dice Minniti

Annalisa Chirico

L’ex ministro propone un’indagine governativa sulla strage dei migranti, modifica della Bossi-Fini e 3 miliardi per l’Africa

Potrebbe essere il coniglio che vien fuori dal cilindro, l’iniziativa che spiazza i detrattori, compatta la maggioranza e consente al governo, presieduto da Giorgia Meloni, di assumersi la responsabilità di ricostruire i fatti. Attorno alla tragedia di Steccato di Cutro, l’ex ministro dell’Interno Marco Minniti lancia una proposta: “Un paese democratico come l’Italia non può permettersi un rimbalzo di responsabilità, per questo Palazzo Chigi dovrebbe istituire una commissione di inchiesta interministeriale, che coinvolga Viminale, Infrastrutture ed Economia. Una commissione governativa, non parlamentare, guidata direttamente dalla presidenza del Consiglio, con l’obiettivo di ricostruire quanto accaduto per riferire in Parlamento in tempi rapidi e ridisegnare le regole d’ingaggio per le operazioni di soccorso nel Mediterraneo”. Minniti, che oggi presiede la Fondazione Med-or di Leonardo, si tiene lontano dal coro di chi invoca le dimissioni di questo o di quel ministro. In una vicenda in cui hanno perso la vita oltre sessanta migranti (per giunta meritevoli di protezione internazionale, provenendo da paesi come Afghanistan, Siria, Pakistan), non servono capri espiatori.

 

“La tragedia di Steccato di Cutro – dice l’ex numero uno del Viminale al Foglio – non può rimanere senza risposte. Esiste un dovere morale: di fronte alle quindici bare bianche di bambini e bambine, una democrazia deve necessariamente ricostruire quanto è avvenuto. E’ in corso un’indagine della magistratura a cui va assicurata la serenità nel lavoro, e tuttavia rimane l’esigenza di una risposta politica e di governo”.

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella si è recato in Calabria per rendere omaggio alle vittime e visitare i superstiti in ospedale. “Un gesto importante, avrei preferito che con lui ci fosse anche il presidente del Consiglio per evitare qualunque segno di sottovalutazione. Il capo dello stato rappresenta, per Costituzione, l’unità della nazione. Si è avvertita una straordinaria emozione popolare, perciò la ricostruzione, la più oggettiva e incisiva, di quanto accaduto è necessaria affinché non si verifichino più fatti simili”. Il governo si è mostrato distante rispetto all’onda emotiva popolare? “Io credo che la commissione d’inchiesta governativa, guidata da Palazzo Chigi, sarebbe uno strumento per rinsaldare il legame sentimentale con il paese che altrimenti rischia di spezzarsi. E’ evidente che nella catena di comando qualcosa non ha funzionato, per questo il governo deve assumere un’iniziativa che restituisca una ricostruzione oggettiva dell’accaduto, basata sull’analisi dei documenti, per fissare nuove linee guida”.

 

Come ha evidenziato il procuratore della Repubblica di Crotone, Giuseppe Capoccia, l’unica certezza è che per questo barcone nessuno ha mai dichiarato un evento Sar, non è mai partita un’operazione di ricerca e soccorso. “Nelle operazioni Sar c’è un pezzo dell’identità dell’Italia, di una penisola che si allunga sul Mediterraneo, bagnata per oltre quattro quinti dal mare, che ha una storia profonda di emigrazione e immigrazione. Il popolo italiano ha avuto la sua immagine sempre riflessa nel mare. Dal 2017 a oggi si è avuta una riconfigurazione dell’evento Sar: all’epoca la Guardia costiera sosteneva che un’imbarcazione sovraffollata rappresentasse di per sé un evento Sar poiché il sovraffollamento, in quanto tale, può ostacolarne la galleggiabilità. Nel 2019 ciò non vale più”. Va detto che neppure l’agenzia europea Frontex aveva segnalato un’emergenza. “Bisogna ricostruire i fatti per fissare nuove regole di ingaggio, anche nella parte in cui le regole italiane si incrociano con quelle europee. Guardi, in seguito allo scoppio della guerra in Ucraina con l’arrivo di dieci milioni di profughi, qualcuno prefigurava la fine dell’Europa. Oggi molti di quei profughi sono tornati a casa ma ne restano circa quattro milioni e mezzo.

 

L’Europa ha splendidamente retto, anche grazie agli sforzi di accoglienza compiuti dai paesi dell’Europa orientale. Ora domando: se dovesse esserci una pressione fortissima dal Mediterraneo centrale, siamo certi che l’Europa potrebbe reggere alla tenaglia umanitaria? Le migrazioni possono diventare un cinico strumento geopolitico. Un pezzo di una lunga guerra asimmetrica. Non tutto è governato da Putin ma da tempo Putin ha deciso di intensificare la presenza russa in Africa”. Il premier Meloni ha indirizzato una lettera al Consiglio europeo per chiedere un’azione immediata dell’Ue sul dossier migranti. “Intanto ha fatto bene a scrivere questa lettera perché, dinanzi agli scenari fin qui descritti, la risposta europea non può essere: ne riparliamo nel 2024. E’ condivisibile anche l’impegno del premier a riallacciare la partnership strategica con l’India che ha sottratto alla Cina il primato di prima potenza demografica del mondo.  

Ora però le missive non bastano, l’Italia ha il compito di proporre una visione all’Europa. Le migrazioni non si possono cancellare, se le persone sono in mare non si può fare altro che salvarle, è possibile oggi stipulare un grande patto tra Europa e Africa sul governo delle migrazioni. Il principio di base può essere così riassunto: tutto ciò che è legale va sostenuto, tutto ciò che è illegale va combattuto. Servono i corridoi umanitari, gestiti dall’Europa, per chi scappa dalle guerre. L’Europa metta in campo un progetto di sostegni immediati per la stabilizzazione economica e la prosperità dell’Africa. Una cifra? Almeno tre miliardi di euro da qui alla fine dell’anno. E’ necessario poi prevedere ingressi legali. La legge Bossi-Fini risale a ventuno anni fa. Non è una questione ideologica ma in questo lasso di tempo tutto è cambiato”. Lei dice: serve un approccio nuovo. “Le migrazioni sono un dato strutturale del pianeta, non si possono affrontare con politiche emergenziali. Nel futuro, i flussi sono destinati ad aumentare sia in conseguenza dei cambiamenti climatici sia per un elemento culturale: i nativi digitali si considerano cittadini del mondo. Il tema delle migrazioni non si sospende perché si è consumata questa tragedia, il tempo continua a correre”. 

 

La rotta del Mediterraneo centrale ha ripreso con un aumento tumultuoso nei primi due mesi di quest’anno. “Nel 2022 si è superata la soglia politica e psicologica dei 100 mila arrivi in Italia. Se guardiamo poi alle nazionalità dei profughi risucchiati dalle acque calabresi, notiamo che si trattava di persone meritevoli della protezione umanitaria. Erano profughi in fuga dall’Afghanistan dei talebani o dalla devastazione che ha travolto Siria e Pakistan. Al confine tra Siria e Turchia, si contano circa cinque milioni di persone senza casa, oltre alle 55 mila vittime del terremoto, accertate fino a oggi. Sul Financial Times è comparso un editoriale non firmato il cui senso è: il mondo sta guardando all’Italia. L’affidabilità del paese non si basa solo sulla coerenza economico-finanziaria. Nel mondo moderno la capacità di essere una democrazia che tutela e protegge i diritti, anche di coloro che non sono nati in quel paese, è un elemento caratterizzante che rende quella democrazia più forte, tanto più nel momento in cui è acutissimo lo scontro tra l’alleanza delle democrazie e l’autocrate russo”.

 

Il barcone naufragato al largo della Calabria proveniva dalla Turchia, lo stesso paese che, dall’Europa, ha ottenuto sei miliardi di euro in due tranche per bloccare la rotta balcanica, sgradita alla Germania. “I segnali di una ripresa significativa lungo la rotta orientale erano ben noti. Oggi per i trafficanti di esseri umani la destinazione non è più la Grecia ma la Calabria, soprattutto dopo che il Parlamento europeo ha formulato aspre critiche nei confronti di Frontex e del suo ex direttore (Fabrice Leggeri, ndr) accusati di aver coperto respingimenti illegali lungo le coste elleniche. Tale ripresa coincide anche con due fenomeni nuovi: è cambiato il modello criminale dei trafficanti che oggi utilizzano imbarcazioni fatiscenti e vetuste con l’intento non di allontanarsi dalla costa per poi farsi soccorrere ma di arrivare direttamente in Italia. Da qui il ridimensionamento del ruolo delle navi delle ong”. 

 

Negli scorsi giorni, il sottosegretario di Palazzo Chigi, Alfredo Mantovano, commentando la relazione annuale dei servizi segreti, ha evidenziato che la presenza delle navi umanitarie offre un “vantaggio logistico” ai trafficanti aumentando la probabilità di incidenti, rovesciamenti e morti in mare. “Mi limito a un dato: nel 2017 gli arrivi con navi ong erano il 45 per cento del totale, oggi sono mediamente intorno al 10 per cento o addirittura inferiori. Con le organizzazioni umanitarie non si interviene né per legge né tanto meno per decreto. Il codice di condotta, promosso quando ero al Viminale, non era una legge ma la proposta di un patto, avanzata dall’Italia e adottata dall’Europa a 27, e sottoscritta da tutte le ong operanti nel Mediterraneo (con la sola eccezione di Medici senza frontiere)”. Resta l’impressione che l’Europa sia la grande assente nel Mediterraneo e in Africa. “L’Europa ha consegnato le chiavi delle principali rotte migratorie nelle mani di un solo paese, per giunta non europeo. Non era mai avvenuto”. 

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