Le opposizioni

Nessuna mozione di sfiducia a Piantedosi. Il Pd attende per dividere la maggioranza

Gianluca De Rosa

E ora il Pd vuole sentire anche Salvini e Giorgetti. La strategia decisa dalla neosegretaria Elly Schlein insieme a Debora Serracchiani e Peppe Provenzano: "La priorità adesso è capire che cos'è successo"

Sfiducia a Piantedosi? Si, no, boh. Il Pd ha capito che su quanto accaduto a largo di Cutro bisogna battere senza remore. Allo stesso tempo però i dem non vogliono correre il rischio di fare la figura di quelli che speculano su una tragedia nella quale sono morte oltre sessanta persone (accusa arrivata anche ieri puntuali dai banchi della maggioranza, in particolare da quelli leghisti). E soprattutto non vuole contribuire a compattare la maggioranza lì dove qualcosa evidentemente non ha funzionato. Insomma bisogna mettere sotto accusa il governo, ma circostanziando con i fatti le gravi richieste, senza cercare di forzare subito la mano. E anche evitando il rischio del riflesso pavloviano: della richiesta di dimissioni ai singoli ministri dopo qualsiasi inciampo, anche quando le cose non sono ancora state chiarite e ci sono i margini per disarticolare la maggioranza. Calma dunque. E così dopo che la scorsa settimana la neosegretaria dem Elly Schlein aveva chiesto le dimissioni di Piantedosi. Ieri quando il ministro dell’Interno è arrivato a Montecitorio per ricostruire quanto accaduto la notte tra il 25 e 26 febbraio a largo della costa calabrese, quella richiesta non si è tradotta in un atto concreto. In una mozione di sfiducia da proporre anche a Terzo polo e M5s.

    

Calenda già aveva fatto sapere: “Se c’è scritto che il governo lo ha fatto apposta io non la sottoscrivo”. E invece la linea del Pd sembra proprio questa: c’è stata una scelta precisa di non attivare un evento Sar, una scelta politica che, per negligenza, ha causato la morte dei migranti, ma bisogna capire da dove questa scelta sia arrivata. Solo allora si potrà affondare il colpo, solo pretendendo questa risposta si può sul serio mettere in difficoltà il governo. A chi le chiedeva se la richiesta di dimissioni sarebbe diventata una mozione di sfiducia Schlein ieri replicava non a caso così: “Mi ha colpito come, nonostante l’evidente imbarazzo della maggioranza, abbiano preso a compattarsi attorno al ministro dell’Interno, ma noi fin dall’inizio abbiamo detto una cosa chiara: vogliamo risalire alle responsabilità che fanno capo ai tre ministri (gli altri due sono Giorgetti e Salvini a cui fanno riferimento Guardia di Finanza e Guardia Costiera ndr) perché anche oggi Piantedosi non ha risposto a una semplice domanda: chi ha deciso che la guardia costiera non dovesse intervenire”. Puntare i tre ministri della Lega per dividere la maggioranza, per costringere Meloni a distanziarsi. Per farlo il Pd ha presentato due interpellanze proprio a Salvini e Giorgetti.

   

Certo perché questa linea diventasse chiara c’è voluto un po’. La quadra è arrivata dopo una riunione ristretta tra la segretaria, la capogruppo Debora Serracchiani e Peppe Provenzano che ha parlato in aula per la pattuglia dem. Con un intervento dai toni gravi e dai pugni sbattuti sul tavolo. “A Cutro – ha detto in riferimento al Consiglio dei ministri convocato simbolicamente giovedì in Calabria – arrivate tardi.  Ci ha dovuto pensare Mattarella a mostrare il volto dello Stato, quello Stato che invece si è voltato dall’altra parte quella notte”. E ancora: “Chi ha deciso nel corso di quelle sei ore che dovesse essere un’operazione di polizia e non di soccorso guidata dalla guardia costiera che avrebbe avuto i mezzi per salvare vite? Il nodo è tutto qui. È una scelta politica”. E proprio lui spiega già quella che dopo diversi conciliaboli tra i deputati dem diventerà la linea ufficiale. “Come dicevo a questo punto ormai il problema non è più solo Piantedosi. Quello che è emerso è molto grave e la responsabilità è di Meloni”. Insomma il Pd mette nel mirino i tre ministri leghisti, per puntare a Meloni, con la speranza di disarticolare la maggioranza. D’altronde una domanda rimane ancora senza risposta. Schlein la inquadra bene: “Non si capisce come la barca avrebbe dovuto reggere condizioni che mezzi della Guardia di Finanza non erano in grado di reggere”.