La sentenza
Il frontale di Meloni con l'Ue: il CdS boccia la proroga delle concessioni balneari
Il Consiglio di stato accoglie il ricorso dell'Agcm contro la proroga degli attuali demani nel comune di Manduria. Dopo la lettera del Quirinale, un altro avviso al governo sulla legge del Milleproroghe
Il Consiglio di Stato torna a esprimersi sulle concessioni balneari: lo fa, ancora una volta, ribadendo la necessità di mettere a gara gli attuali demani entro la fine del 2023. La sentenza, depositata ieri e pubblicata lo scorso primo marzo, ha accolto il ricorso dell'Agcm (Autorità garante per la concorrenza e il mercato) contro il rinvio di ben dodici anni che il comune di Manduria, in provincia di Taranto, aveva decretato per i suoi stabilimenti nel 2021. Nel testo si legge che la norma contenuta nel ddl Milleproroghe approvato dal governo "si pone in frontale contrasto" con la legislazione europea: il richiamo è, anche questa volta, alla direttiva Bolkestein che obbliga l'Italia alla messa in gara. La sentenza si conclude con un appello netto e inequivocabile: la norma del governo "va conseguentemente disapplicata da qualunque organo dello stato".
Il parere del Consiglio di Stato arriva a pochi giorni dalla lettera con cui il Quirinale ha accompagnato l'approvazione del disegno di legge del governo. Mattarella aveva paventato l'ipotesi dell'esercizio dell'articolo 74 – con cui il capo dello stato può bloccare l'iter di un ddl chiedendone la revisone – aggiungendo però che l'urgenza delle altre scadenze rendeva inevitabile la firma del Colle. La preoccupazione del Quirinale era rivolta in particolare ai rapporti con Bruxelles, che più volte ha richiamato l'Italia ad allinearsi alle direttive europee. La sentenza del Consiglio di Stato non può che complicare un dossier già teso e aumentare il pressing sull'esecutivo.
Alle conseguenze politiche, si aggiungono quelle giudiziarie. Con la sentenza depositata ieri infatti si dichiara che, in caso di contrasto tra la norma del Milleproroghe e la legislazione europea, "deve darsi precedenza alla seconda, con conseguente necessità che tutte le autorità dello stato membro, siano essi organi giurisdizionali o pubbliche amministrazioni, disapplichino la norma interna a favore di quella sovranazionale". Ciò significa, in sostanza, che ogniqualvolta un soggetto decida per la messa in gara, potrà appellarsi alla sentenza del Consiglio di Stato facendo prevalere la giurisdizione europea su quella nazionale e sterilizzando di fatto la normativa del governo. La sentenza crea insomma un precedente inapputabile e alimenta un caos in cui ogni stabilimento potrà andare per la sua strada. A meno che il governo non decida, alla luce degli ultimi sviluppi, di cambiare definitivamente idea.