equilibri nella maggioranza
Meloni e la tregua di Cutro con Salvini. Si rifarà con le nomine
La premier ha preferito non aprire un altro fronte di rottura assecondando la linea della Lega nel nuovo decreto migranti. Ora il Colle chiede di ripristinare la protezione speciale. Il prossimo terreno di scontro nella maggioranza riguarda i nomi delle partecipate
“Salite, ci saranno dichiarazioni alla stampa: faremo una Cutro 2”. Benjamin Netanyahu e Giorgia Meloni stanno per parlare a telecamere e taccuini. E a Palazzo Chigi si sdrammatizza sulla conferenza stampa dell’altro giorno in Calabria che non sarà studiata dai manuali di comunicazione politica e istituzionale (urla, gaffe, “assalto” dei cronisti locali, battibecchi, nervi tesi). Soprattutto il dato politico emerso è stato il successo di Matteo Salvini che si è imposto nel merito delle norme spuntate (ed espunte) nel decreto immigrazione. Ora però i nuovi limiti introdotti per la concessione della protezione speciale ai richiedenti asilo potrebbero essere un problema per il governo: il Colle vorrebbe che fossero ripristinate le regole precedenti e ha già manifestato questa sua volontà a Palazzo Chigi.
“Non è vero: i rapporti fra Giorgia e Matteo sono fantastici”, assicurano dal governo per rasserenare le tensioni della vigilia. Visto che sul coordinamento della sorveglianza marittima sono stati interessati in un colpo solo la premier di sponda con il sottosegretario Alfredo Mantovano e il ministro della Difesa Guido Crosetto contro Salvini, appunto, e il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. La norma è saltata, come si sa. E il coordinamento dunque è rimasto alla Guardia costiera, che dipende dalle Infrastrutture, dicastero del capo della Lega. Meloni se n’è andata da Cutro infastidita. Soprattutto per la coda della conferenza stampa. D’altronde è una perfezionista che dice di studiarsi sempre tutti i dossier e il risultato questa volta non è stato esaltante. A inseguirla fin sopra la scaletta dell’aereo ci sono state anche le polemiche sul mancato incontro con i parenti delle 72 vittime del naufragio e il mancato omaggio alle salme. Visto che poi l’invito non è stato nemmeno raccolto dai parenti dei migranti la faccenda è rimbalzata ieri a Roma, e continua a non essere chiusa. In questo contesto si inserisce il rapporto con Matteo Salvini: il vicepremier ha ottenuto ciò che voleva, ha fatto togliere i “Decreti sicurezza” dalla commissione Affari costituzionali e sceglie il basso profilo. In privato ragiona che “con Giorgia non c’è alcun problema, al massimo non mi fido molto di chi le sta intorno”. Riferimento molto chiaro a Mantovano, per esempio, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e figura sempre più centrale.
La premier ragionando su Cutro ha tirato fuori di nuovo il diverso trattamento che le riserva la stampa rispetto ai suoi predecessori: “Con Draghi nessuno fiatava e nemmeno con Conte che faceva le conferenza stampa in piena pandemia all’una di notte: a me non si perdona nulla”. Meloni ha ceduto con Salvini perché ha capito che non può avere troppi fronti aperti all’interno della maggioranza. Ma insomma la riscossa è dietro l’angolo a partire dalle nomine nelle grandi società partecipate (Eni, Enel, Poste, Terna, Leonardo): sceglierà lei gli amministratori delegati, possibilmente donne. Agli alleati toccheranno le briciole. Intanto ieri pomeriggio, subito dopo l’incontro con il premier israeliano, è volata a Milano per festeggiare il cinquantesimo compleanno del leader del Carroccio. Presente anche Silvio Berlusconi. Un party a sorpresa in un locale non lontano dalla città meneghina, cinquanta invitati. Alla nomine manca ancora un po’. Intanto cin cin.