Il dramma del Cav.
L'abdicazione di Berlusconi. Angelucci e Meloni ora vogliono pure le radio. Fi smarrita
Gli Angelucci non si fermano. Interessamento per una grande radio nazionale e per Radio Padania. Sallusti verso il ritorno al Giornale. Il Cav., per il partito, è ora prigioniero della Fascina
Giorgia Meloni e Matteo Salvini la cantano e Silvio Berlusconi la beve. Beve la bibita preparata dai fratelli Angelucci: “Presidente, il settanta per cento del Giornale è nostro, ma il trenta resta tuo”. Al Giornale tornerà Alessandro Sallusti direttore. Lo desidera Giorgia Meloni e ogni suo desiderio sarà esaudito dagli Angelucci. Berlusconi ha abdicato ma nessuno glielo dice. Venerdì sera si festeggiavano i 50 anni di Salvini e si brindava anche alla caduta di Silvio Lear. Un tempo sarebbe stato diffuso il video del Cavaliere che intonava “Malafemmena” mentre oggi si diffonde la “Canzone di Marinella” di Salvini e Meloni, i Jalisse di governo. C’erano allo stesso tavolo Salvini, Meloni, Giorgetti, i fratelli Angelucci e deputati della Lega, quando Berlusconi ha indicato Sallusti e annunciato: “Vi presento il nuovo direttore del Giornale”. E’ convinto di averlo scelto lui, ma con il trenta per cento anche le righe delle sue interviste esclusive saranno ridotte: Meloni 70, Berlusconi 30.
Sabato, dopo la festa di compleanno di Salvini, Antonio Angelucci è stato invitato a pranzare ad Arcore. Al re della Britannia erano rimasti vicini il matto di corte e il conte di Kent e poi c’era la figlia. Berlusconi era invece senza Licia Ronzulli, la Cordelia di Shakespeare, l’eroina leale, che al padre diceva: “Mio signore, da voi fui generata, allevata ed amata, ma io ripago quei debiti al loro giusto valore”. La sera del karaoke di Salvini e Meloni, Berlusconi si è guardato intorno e la sua schietta Cordelia mancava. Al suo fianco c’era solo Marta Fascina, la padrona che tiene oggi prigioniero il re e che pretende di dire la sua sulle partecipate di stato, sulle Commissioni bicamerali. In Parlamento non l’ha mai vista nessuno.
Per il partito è la “non moglie” di Berlusconi. La non moglie ha pure i suoi damigelli dentro Forza Italia. Uno è Tullio Ferrante (suo compagno di scuola) e sottosegretario ai Trasporti, gli altri sono i deputati Alessandro Sorte e Stefano Benigni. Le tengono sollevato lo strascico e strascicano di devozione. Pure Gianni Letta e Fedele Confalonieri sono oggi tenuti oltre cortina. Ci sono i video che testimoniano la prigionia di Berlusconi schiavo d’amore, come lo era stato di Francesca Pascale. La donna è per Berlusconi sia cardioaspirina sia arsenico. Mentre i Jalisse di governo, Salvini e Meloni, si sgolavano al piano, un sire senza scettro, a bassa voce, conversava con Angelucci, l’editore “più liquido d’Italia”, il padrone di Libero, Giornale, Tempo, e un giorno forse anche de la Verità. Conversavano di quote, esuberi… come quando Berlusconi non era altro che l’immobiliarista della Edilnord. Per un momento il Cav. aveva detto no alla vendita del quotidiano (“Il Giornale è mio”). A quel punto sarebbero stati gli avvocati ad avvisarlo: “Presidente, ricordati che se torni indietro devi pagare una penale agli Angelucci. Resta con il trenta per cento nella nuova società”. E lui, il sire: “Ma io ho candidato Angelucci in Forza Italia!”.
Credeva che gli sarebbe bastata la stretta di mano per sciogliere e chiudere contratti e che gli era ancora permesso il capriccio, il potere di cambiare idea, privilegio della sua vita. Oggi Antonio Angelucci è deputato ma grazie a Salvini, alla Lega. Ha intenzione di sfidare Urbano Cairo, di costruire un polo multimediale. Gli Angelucci erano pronti a scalare perfino il Corriere della Sera se solo la controversia tra Cairo e il fondo Blackstone si fosse conclusa a sfavore di Cairo. Non si fermano. Guardano ora alle radio del Gruppo Gedi, potrebbero immettere denaro in Radio Libertà, la ex Radio Padania. E’ una voce che gira con insistenza e che farebbe felice Giulio Cainarca che di radio Libertà è il direttore: “Gli Angelucci investono e ci farebbe piacere fare parte di questa corrente che soffia”. Radio Libertà è una cooperativa amministrata da Igor Iezzi, Alessandro Morelli, e lo stesso Cainarca. E’ presente sul digitale tv (canale 252) e la sua app è scaricata da 50 mila utenti. Dice Cainarca: “La radio può interagire con i quotidiani. Una radio fa il bene di qualsiasi polo editoriale, tanto più una come la nostra, identitaria”. Dopo le radio cosa manca? Alcuni giornalisti hanno chiesto ai dirigenti di Mediaset: “Ma è vero che gli Angelucci vogliono prendersi pure Rete 4?”. I dirigenti hanno replicato: “Questa è una panzana”. ù
Ma è una panzana immaginare che un polo editoriale voglia acquisire una televisione da affiancare a giornali e radio? Si è sempre scritto che la politica serve a Mediaset, ma se Berlusconi non fa più politica a cosa serve avere una rete di informazione politica? Rete 4 è già la rete di Meloni e Salvini. Il Giornale non potrà più essere la preziosa pochette di Berlusconi. Forza Italia è scomparsa come idea di moderazione e i suoi parlamentari temono di fare la fine di Gianfranco Micciché. E’ stato “licenziato” da coordinatore regionale della Sicilia. Una volta Berlusconi disse: “Gianfranco può chiedermi qualsiasi testa, ma io non darò mai la sua testa”. Oggi ha ceduto pure la sua, come ha ceduto il Giornale, come ha ceduto alla Fascina, come ha dovuto cedere posti nella giunta regionale laziale. Gli resta il trenta per cento in ogni senso, come Lear. Aveva tre figlie. Diseredò la più schietta e chiese ospitalità per sé e per i suoi cento uomini, alle altre due. La prima gli disse che bastavano cinquanta uomini, la seconda che gli sarebbero bastati venticinque. Lear rimase senza terra e il suo tetto divenne la notte. Berlusconi sappiamo cosa non può più essere, ma lui cosa vuole ancora essere?