(foto LaPresse)

Il caso

Meloni e il boom degli sbarchi dei migranti fra Piantedosi e Papa Francesco

Simone Canettieri

La premier teme un'altra Cutro e cerca la sponda del Pontefice: più flussi, corridoi umanitari e accoglienza regolare. Poi spiega: "Ho la coscienza a posto"

Pensa a Papa Francesco e cita le “periferie fisiche ed esistenziali” toccate dal Pontefice. Dice di aver parlato con “molti africani in questi anni” e che le hanno confessato “che non vogliono partire e scappare dalle loro case”. Giorgia Meloni arriva a Villa Malta, sede della Civiltà cattolica per la presentazione del libro di Padre Antonio Spadaro “L’atlante di Francesco”, con in testa il dossier migranti. La tragedia di Cutro e la trasferta non felicissima del governo sembrano inseguirla: “Ho la coscienza a posto”. Intanto gli sbarchi insistono copiosi. Palazzo Chigi teme che il fenomeno continui in maniera sempre più intensa. Ma c’è una chiave di lettura nuova e soprattutto ufficiale. La dice il ministro Guido Crosetto con una nota, al termine di una riunione mattutina con la premier, i vice Tajani e Salvini, Matteo Piantedosi e i vertici dei servizi segreti:  dietro ai barconi c’è lo zampino della Russia. 


Il ministro della Difesa si spiega l’incremento di partenze di migranti “anche, in misura non indifferente, come parte di una strategia chiara di guerra ibrida che la divisione Wagner, mercenari al soldo della Russia, sta attuando, utilizzando il suo peso rilevante in alcuni paesi africani”. Questa lettura viene sposata anche dal ministro degli Esteri, Tajani, e dalla Lega. Per l’opposizione è un’arma di distrazione di massa. Per Meloni è una convinzione. Che cita anche nella villa della rivista dei gesuiti durante il suo intervento al fianco di Spadaro e di Pietro Parolin, sottosegretario di stato della Santa sede (che incontra la premier in privato per una decina di minuti prima che inizi l’evento). “Forse sarebbe più facile mettere la testa sotto la sabbia, lasciare che siano dei mafiosi a decidere chi deve arrivare da noi, lasciare che arrivi da noi solo chi ha soldi per pagare quei mafiosi, lasciare che in Africa continuino a prendere piede i mercenari della Wagner e i fondamentalisti”. I migranti rimangono al centro degli appunti di Giorgia, stretta tra Francesco e Piantedosi.

Un’altra Cutro sarebbe quasi insostenibile per l’esecutivo. E così torna in campo l’ipotesi di un maggior coordinamento sulla sorveglianza marittima per l’individuazione dei barconi che trasportano migranti in acque extraterritoriali, con il coinvolgimento quindi della Marina militare, che ha gli strumenti tecnologici adeguati.  Una misura che andava in questa direzione era stata prevista nelle prime bozze del decreto sul contrasto all’immigrazione irregolare presentato giovedì in Calabria – era l’articolo dieci – poi stralciata prima del varo del testo definitivo da parte del Consiglio dei ministri a Cutro.

Lo proponeva il sottosegretario Alfredo Mantovano, ma Salvini era riuscito a imporsi. Ora si ricomincia con il Carroccio che fa muro e che, allo stesso tempo, prova a tenere il punto sulla riduzione della protezione speciale. Come si gestisce un fenomeno così? Il governo sta pensando intanto di accelerare con la cessione di altre motovedette alla Libia. Ma sono soluzioni tampone. Tuttavia è importante anche il contesto. Meloni dice che l’Italia sta vivendo il momento più difficile dalla seconda guerra mondiale a oggi. C’è la guerra, e lei si augura i negoziati della Chiesa, ma ribadisce il sostegno all’Ucraina. Tutto avviene   in una cornice di dialogo con il Vaticano e la Chiesa in generale. Rapporti inediti. A tenerli è il sottosegretario Mantovano, cattolico conservatore. Francesco guarda con curiosità alla premier (c’è una simpatia personale, qualcuno la paragona a quella già vista con Virginia Raggi, ex sindaca di Roma). Andando per tentativi Palazzo Chigi ha cercato di stringere legami anche con la Cei come dimostra il rapporto con il capo dei vescovi Matteo Zuppi. Nella costruzione di questi legami, capitano anche scivoloni: è accaduto con la storia della targa scoperta a Cutro giovedì dalla premier. Un virgolettato di Papa Francesco sull’immigrazione decontestualizzato da un intervento molto lungo che dalle parti del Vaticano non è andato giù: in quanto essere strumentalizzati non piace. Piccoli incidenti, sicuramente già superati. La premier nella casa dei gesuiti ribadisce accoglienza per gli irregolari e nuovi flussi. Non usa mai la parola respingimenti. E alla fine riconosce al papa di essere il più grande ambasciatore della lingua italiana nel mondo. Terminato l’evento, Meloni e Parolin riprendono il colloquio riservato. Le serve una sponda. 

Di più su questi argomenti:
  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.