le minacce russe
"Colpire Crosetto". L'allarme dell'intelligence: Mosca ha messo una taglia sul ministro da 15 milioni di dollari
L'allerta è arrivata ai vertici del governo. Dietro le minacce al titolare della Difesa ci sarebbe l'ex presidente russo Medvedev: l'ordine di colpire diramato alla Wagner, che ha due cellule in Europa
Fosse solo per quel “mudak”, forse Guido Crosetto allargherebbe le braccia. “Ho le spalle larghe”, scherzava, tempo fa, quando a riservargli carinerie non richieste era l’ambasciatore russo a Roma, Sergey Razov. Per cui quel “mudak”, quell’insulto assai greve che Evgeni Prigozhin gli ha rivolto due giorni fa, segnerebbe in fondo un’escalation verbale su uno spartito ormai noto, e anzi l’ingiuria del generale della brigata Wagner sarebbe un attestato di merito, a modo suo. Il problema, però, è che dietro questo sbotto di rabbia c’è di più e di peggio: c’è una minaccia reale che il Cremlino ha rivolto al ministro della Difesa italiano, con tanto di taglia sulla sua testa. Quindici milioni di dollari. Questa, almeno, è la segnalazione arrivata ai vertici del governo da parte della nostra intelligence.
L’allarme è arrivato la scorsa settimana, prima dunque che la baruffa sui migranti portasse Prigozhin a offendere sul suo canale Telegram Crosetto. All’origine delle inquietudini dei servizi italiani ci sarebbero, pare, gli sfoghi di rabbia contro gli italiani da parte di Dmitri Medvedev, l’ex presidente russo, da mesi ormai all’avanguardia della propaganda ultranazionalista e militaresca russa. Annientare l’Ucraina? Un dovere. Bombardare le capitali europee? Non è da escludere. Tra le ossessioni di Medvedev, ultimamente, una è assai ricorrente: l’ingratitudine dell’Italia nei confronti di chi, come la Russia, avrebbe soccorso Roma nel momento di massima disperazione, e cioè nei mesi più tribolati della pandemia. E in questa farneticazione anti italiana, un uomo su tutti sarebbe quello che incarna il segno di questo tradimento: Crosetto, appunto.
Le critiche sono scaturite un mese fa, quando il ministro della Difesa, replicando a una delle varie uscite scomposte di Razov, e spiegando il senso del sostegno militare italiano all’Ucraina, disse che la terza guerra mondiale scoppierebbe quando i carri armati di Mosca arrivassero a Kyiv. “Uno sciocco raro”, commentò su Telegram Medvedev. Non è stato l’unico insulto riservato a Crosetto. Altri, in contesti meno pubblici, sono stati formulati.
Non sono i deliri di un pazzo. E a testimoniarlo non c’è solo un legame consolidato tra Vladimir Putin e lo stesso Medvedev, l’unico a cui il despota del Cremlino abbia consentito di ricoprire pro tempore l’incarico di leader supremo della Russia, tra il 2008 e il 2012. C’è anche il fatto che oggi Medvedev è vicepresidente del Consiglio di sicurezza, un organismo di centrale importanza nell’architettura del potere di Putin al cui vertice c’è non a caso quel potentissimo Nikolai Patrushev che è stato a lungo generale dei servizi segreti russi. Quel che esce dalle loro bocche non sono sospiri che a Mosca possono essere snobbati.
Di certo non lo fanno i vertici della brigata Wagner. E proprio a loro, infatti, gli appelli di Medvedev sarebbero stati indirizzati. E’ a loro, a questa milizia parastatale guidata proprio da Prigozhin, l’ex “cuoco di Putin” già a capo della fabbrica dei troll di San Pietroburgo, che l’ex presidente ha fatto riferimento quando ha indicato una serie di personaggi rilevanti del mondo politico occidentale che sarebbe auspicabile, nella logica aberrante del Cremlino, eliminare. Tra loro, Crosetto. E così sarebbe stata intercettata anche la richiesta specifica arrivata da Mosca: 15 milioni di dollari per colpire il ministro della Difesa italiano. Tutto, peraltro, prima che la recente polemica sui migranti arrivasse a rinfocolare le tensioni. Crosetto, lunedì, ha evidenziato un dato noto, e cioè che già in passato la Russia ha utilizzato i migranti come arma nella sua guerra ibrida. Che molte delle aree africane da cui parte l’esodo siano controllate da regimi amici del Cremlino, e in certi casi col ruolo fondamentale della stessa Wagner, è un’altra verità difficilmente confutabile. Se di fronte a questa affermazione del ministro, la reazione di Prigozhin è stata così esagitata, significa che la minaccia non può essere sottovalutata.
Anche perché, secondo il comparto dell’intelligence italiano, ci sarebbe una filiera ben definita, nella catena di trasmissione degli ordini che da Mosca potrebbe portare a Roma. La Wagner ha almeno due cellule in Europa: una nei Balcani, che si muove tra la Serbia e l’Albania; l’altra nei baltici, con sede in Estonia. Due manipoli di alcune decine di effettivi, da cui potrebbe staccarsi una pattuglia con l’obiettivo di compiere azioni mirate in Italia. I servizi di altri paesi, come la Polonia o la Francia, hanno d’altronde segnalato analoghi timori. Ma l’inserimento di un esponente di un governo del paese del G7 tra gli obiettivi dichiarati di una brigata al soldo del Cremlino è, evidentemente, qualcosa che segna un innalzamento del livello di rischio.