Se la penisola priva di angoli funziona meglio della fortezza esagono
La Francia s’infiamma per quello che Elsa Fornero da noi aveva spavaldamente portato a casa. Il problema è Macron. In confronto la malmostosità italiana verso le élite è una minuscola ora di cattivo umore
Si osserva da più parti che la parabola di Emmanuel Macron è la pietra tombale sul semipresidenzialismo alla francese in Italia. Chissà. Sta di fatto che il sistema, con un liberale alla sua guida mai salito in prima battuta al di sopra del 22-23 per cento, eletto sempre in opposizione solitaria a Marine Le Pen, non palatabile in quanto non meloniana, ha perso stabilità in modo clamoroso. Qui, sempre che il governo di legislatura non finisca in una farsa familiare, famiglia in senso proprio, famiglia allargata, coalizione e risse varie, promette invece bene o male a seconda dei punti di vista. Lì una donna premier, Mme Élisabeth Borne, succedaneo, brava socialista senz’arte né parte, destino da capogabinetto del Presidente dei ricchi, minaccia di esplodere, lo ha detto lei stessa, come un fusibile. Due anni di aumento dell’età legale per la pensione incendiano incredibilmente il paese imbastigliato per una roba che da noi la Elsa Fornero, tra un decreto e una lacrimuccia, ha spavaldamente portato a casa con l’aiuto dell’odiato Mario Monti e di Giorgio Napolitano.
Lì un’Assemblea che non conta niente sfascia tutto o ci arriva vicino. Qui un Parlamento bicamerale eguale, dimagrito per la dieta riformatrice grillina, si associa alle politiche trasformistiche intelligenti del Bisconte, procede con le meraviglie laconiche e prestigiose di Draghi, sfocia nell’adesione tranquilla a una maggioranza legale e legittima di una destra scombiccherata ma divenuta centrista che ormai parla a tutti, Cgil compresa.
Per la Francia il problema è un liberale repubblicano ma royaliste, con andature jupitériennes e la solita sensibilità all’incontro di un uomo e di un popolo, pienamente rigettato dall’opinione perché le rivoluzioni sì, le jacqueries pure, ma le riforme di un ex Rothschild no. Brutto presagio per il nostro polo liberale, che dovrebbe riflettere sulla vicenda francese con molta umiltà, e provvedere in qualche modo a popolarizzarsi, a sporcarsi un poco con alleanze e deprogrammazione del meglio su piazza in fatto di riforme. Calenda non è un ex Rothschild, ma poco ci manca. Lo salvano un po’ i Comencini, ma non basta. E anche Elly Schlein dovrebbe riflettere che malgrado tutto tira di più un pelo di pensione che un carro di diritti. Sarò cinico, un brutto tipo indifferente alla bellezza del panorama, ma la situazione pare questa. Poi ci si augura comunque che Macron passi la nottata e riesca a imporsi sui riottosi e sui sindacalisti arrabbiati, in mezzo a tonnellate di rifiuti parigini che fanno sembrare Roma, la quale fa progressi bestiali sotto Gualtieri, una specie di specchio lavato e asciugato (per non parlare di Milano di cui tutti parlano ora male non si sa perché).
La situazione francese è incendiaria ma non è seria. Può mettere capo al nulla, nel caso migliore, o al peggio, ma in prospettiva storica nessuno saprà mai che cosa gli è preso ai cugini, il diritto all’ozio non spiega tutto, il rifiuto del lavoro non fa capire fino in fondo, l’art de vivre e la joie de vivre sono sullo sfondo, c’è qualcosa di più e di diverso in primo piano, c’è un odio personale e di gruppo per le competenze, le ricchezze, l’impresa, le banche capace di deporre un regime divenuto Ancien Régime. In confronto la malmostosità italiana verso le élite, e allora Bibbiano? e altre sconcezze triviali, è una minuscola ora di cattivo umore così poco italiano. Siamo penisola priva di angoli, l’esagono è immagine di fortezza. Coltiviamo ideali e interessi flessibili, abbiamo istituzioni permeabili, porose, disfunzionali, e per questo sembra addirittura che questa inarticolata varietà sistemica di presunzione egemonica priva di reale comando, questa bolgia folle che siamo diventati, funzioni meglio della grande piramide golliana. Mah.