Piombino d'Italia
A Piombino arriva la nave Gnl: nessuno protesta, ma il sindaco di FdI va avanti con il ricorso al Tar
Paradosso in FdI. Dice Giovanni Donzelli: "Il sindaco fa bene a protestare per il suoi cittadini, Piombino è una scelta non nostra". Ma Urso dal governo esulta per il risultato: "Saremo liberi dal gas di Mosca"
“La scelta di Piombino è avvenuta quando al governo non c’eravamo noi”, premette subito parlando con il Foglio Giovanni Donzelli, deputato di FdI e uomo forte del partito in Toscana. “Purtroppo non avevamo i tempi adeguati per tornare indietro”. Dopo ventisei giorni di navigazione, da Singapore al golfo di Follonica, Golar Tundra, la nave rigassificatrice acquistata da Snam che una volta in funzione garantirà all’Italia cinque miliardi di metri cubi l’anno di gas, permettendo al nostro paese (insieme all’altra nave che arriverà a Ravenna) di liberarsi della dipendenza dal gas russo, è arrivata domenica alle 23 nel porto di Piombino. Dovrebbe entrare in funzione a metà maggio. Ad attenderla nessuna manifestazione di protesta. Giusto qualche solitario contestatore. “Torneremo”, promettono però i comitati. Quella che invece resta per certo è la contrarietà del sindaco del comune della provincia di Livorno Franceso Ferrari, esponente di FdI.
E’ stato lui a presentare un ricorso al Tar del Lazio per chiedere l’annullamento dell’ordinanza firmata lo scorso ottobre dal commissario straordinario al rigassificatore, il governatore della Toscana Eugenio Giani. Il tribunale regionale ha rigettato la richiesta di sospensiva cautelare, ma si esprimerà nel merito del ricorso a luglio. Giani ha già fatto sapere che: “Se il Tar valuterà che ci sono state autorizzazioni che dovevano essere fatte con altre caratteristiche le faremo con altre caratteristiche, ma la nave sarà già in attività e andrà avanti finché non si individuano gli atti che rimediano a queste ipotetiche illegittimità”. Mentre il sindaco barricadero non parla con i giornalisti e affida a una nota il suo commento: “I dubbi che il Comune ha sollevato in merito alla sicurezza dell’impianto non sono stati chiariti, l’Aia non è ancora stata concessa, nonostante i ‘tutto apposto’ di Giani. Quella nave non può entrare in funzione. La partita è ancora sul tavolo e la passerella del Commissario di questi giorni non è certamente servita a rassicurare i cittadini"”. Dietro le parole sembra nascondersi più il tentativo di non perdere la faccia che la speranza di ottenere davvero lo stop a un’opera essenziale per l’Italia. La scelta di Ferrari di non parlare con i giornalisti d’altronde consente al sindaco di fare opposizione a Giani, come fosse l’unico sostenitore dell’operazione, ma non al governo guidato da FdI, partito che lo ha eletto. “C’è ancora un ricorso pendente al Tar e, checché ne dica il Presidente della Regione Giani, se il tribunale deciderà di accoglierlo, la Golar Tundra dovrà disormeggiare e andarsene”, scrive ancora.
Eppure è stato proprio il governo di Meloni a tirare dritto sull’opera. Il ministro dello Sviluppo economico di FdI, Adolfo Urso, oggi esultava per il successo: “Entro la fine dell’anno saremo liberi dal gas di Mosca”. Barricate e governo insomma. Un equilibrio complicato che sempre Donzelli cerca comunque di stabilire: fa bene il governo, fa bene il sindaco. “Il sindaco Ferrari – dice – fa giustamente il suo lavoro di che è quello di tutelare la popolazione di Piombino”. Dunque il governo non tutela i cittadini di Piombino?
“Ripeto – replica Donzelli – è stata una scelta fatta dai governi precedenti senza dialogo con la città, oggi però l’Italia ha bisogno di diversificare il suo approvvigionamento energetico, e deve contemperare gli interessi di Piombino con quelli di tutta Italia, ma il sindaco fa bene a non arretrare. Se per interessi di partito abbandonasse quello che ha detto finora non sarebbe un buon amministratore. Non può cambiare opinione perché è cambiato governo”. E però il suo partito, se ha ragione, perché non lo ascolta? “Purtroppo – prosegue il deputato di FdI – tutte le firme e le autorizzazioni sono precedenti al governo Meloni, quello che si poteva fare era dire ‘fermi tutti’, e andare in causa con gli enti e le aziende che partecipano a questa operazione, ma probabilmente il rigassificatore non lo bloccavi lo stesso perché c’erano già i contratti firmati. Se avessimo avuto più tempo avremmo valutato luoghi alternativi, ma i rigassificatori dovevano esserci, servono per la sicurezza energetica dell’Italia, adesso quello che possiamo fare è cercare di lavorare sulle compensazioni e su come ridurre l’impatto del rigassificatore su Piombino”.