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Meloni sbotta contro le uscite di Rampelli & Co sulle coppie gay: "Così non va bene"

Simone Canettieri

Lo sfogo della premier in chat dopo le dichiarazioni dei parlamentari di Fratelli d'Italia: "La cura delle parole è fondamentale, ormai siamo al governo". E continua il problema tv per il partito

“Così non va bene”. L’altro giorno Giorgia Meloni ha perso la pazienza. Si è sfogata in privato. E ha fatto sapere all’esterno di essere contrariata. La misura per la premier era davvero colma. Prima c’è stato il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli che sabato sera a “In Onda” su La7  ha parlato di coppie gay che non possono “spacciare” bambini per propri figli. Apriti cielo. Poi lunedì è stata la volta dell’accoppiata Mollicone-Malan. Con il primo, presidente della commissione Cultura della Camera, che sempre in tv ha sostenuto che la maternità surrogata è un reato grave, “più grave della pedofilia”. E il secondo, capogruppo in Senato, che su Twitter ha affermato che “le coppie omogenitoriali non esistono”. Con tanto di foto di due papà con in braccio un bebè. Tre esponenti di Fratelli d’Italia al centro di polemiche feroci. Che sono cadute, alla fine, addosso a lei: la premier e presidente del partito. 


Sicché Meloni ha preso il cellulare e ha scritto d’imperio: “Così non va bene”. Lo ha voluto mettere a verbale in una chat interna dove da ore rimbalzavano i link di queste sparate, con annesse le reazioni dell’opposizione (la “capa” continua a essere presente in tantissimi gruppi dove legge tutto e quando capisce che la situazione inizia a essere insostenibile scrive e sbotta, come in questo caso).

 
Attenzione: in questa presa di distanza dai suoi parlamentari non c’è una repentina svolta di Meloni su questi temi. Non è diventata, e non vuole esserlo, Giorgia Schlein né farsi chiamare Elly Meloni. E’ pur sempre la leader del tormentone di quando era all’opposizione, “genitore 1, genitore 2”.

Tuttavia in particolare le hanno dato fastidio il tono e le espressioni usate dai suoi. L’uso delle parole vanno scelte con estrema cura, si è sfogata, soprattutto adesso che il partito con la fiamma, il suo, governa il paese. Sulla maternità surrogata, è il ragionamento di Meloni, la linea non cambia. Anzi, c’è un progetto di legge incardinato in Parlamento a firma di Fratelli d’Italia, solo che sull’argomento d’ora in poi l’unica deputata a parlarne sarà Eugenia Roccella, ministro della Famiglia, come è d’altronde accaduto sempre domenica in tv da Lucia Annunziata. Gli altri è meglio che si occupino d’altro.  

La faccenda però è molto più complessa: agita le viscere dell’aspirante partito della nazione e in un certo senso, di rimbalzo, anche l’inquilina di Palazzo Chigi. In Via della Scrofa, sede di Fratelli d’Italia, da settimane si trovano davanti a un problema: non sanno più chi mandare in televisione a parlare di governo nei talk. Francesco Lollobrigida corre di qua e di là, ma seppur ministro di peso e della real casa, è difficile che riesca a sdoppiarsi.  

Gli altri grandi polemisti e animali da telecamera – Giovanni Donzelli, Andrea Delmastro e Augusta Montaruli – sono fuorigioco da un po’ per vicende varie (la rivelazione dei documenti sul caso dell’anarchico al 41 bis Alfredo Cospito per i primi due e le dimissioni da sottosegretario all’Istruzione per la deputata dopo la sentenza della Cassazione). Rimane arruolabile per ora solo Chiara Colosimo, parlamentare della Fiamma magica, onnipresente infatti in tutte le trasmissioni, ma anche lei non ha il dono dell’ubiquità. E così Rampelli e il fedelissimo Mollicone, considerati minoranza interna, imperversano in tv. Di fatto sono loro la voce del governo spesso e volentieri, compreso quando se ne escono con sortite abbastanza discutibili almeno dal punto di vista lessicale. Oltre a questo aspetto, interno ma fondamentale, c’è poi la proiezione esterna della leader. Meloni come capo di governo 
gira molto. Spesso si trova fuori dall’Italia per missioni all’estero.

E’ molto attenta alla stampa straniera. E l’idea che qualcuno le chieda di commentare espressioni che non condivide su temi così delicati, quanto diffusi nel 2023, proprio non le va giù. Anche qui vale il discorso di prima, non c’è una svolta sui diritti delle famiglie arcobaleno nell’orizzonte del governo, ma una cosa è tenere saldi alcuni principi, altra è strabordare con affermazioni forti che poi diventano boomerang. O di sicuro l’apertura di un fronte, l’ennesimo.
   

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.