proteste interne
“Record di preferenze, e qui nessuno ci calcola”. La rivolta dei peones di FdI
Le lamentele dei deputati di Fratelli d'Italia sono le stesse: scarsa considerazione dai vertici. E le voci d'insofferenza si fanno sentire
Un sbuffo. “Siamo i campioni di preferenze e ci trattano una chiavica”. Alle 11 del mattino, nell’attesa del discorso della capa, un manipolo di deputati di FdI parlotta davanti alla buvette di Montecitorio. Michele Schiano di Visconti, chirurgo napoletano al primo mandato; Silvio Giovine, neo eletto vicentino; Fabrizio Comba, imprenditore di Torino. Eccoli, gli insubordinati della Fiamma. E ci vuole poco perché intorno a loro si riuniscano altri colleghi, pure loro arrivati a ottobre in Parlamento spinti dal vento patriottico, pure loro delusi.
Le lamentele sono quelle classiche dei rispettabili peones: scarsa considerazione dai vertici, nessuno che li consulti, nomine che riguardano il territorio di competenza fatte sopra la loro testa. “Io ho preso 1.400 voti in un collegio di 14 mila aventi diritto: qualcosa mi sarò meritato, no?”. “Io ai miei elettori cosa dico, quando torno a casa?”. E via così. Nella falange meloniana, nel monolite della Nazione, la dissidenza va espressa così: quel che non si dice, lo si sussurra.
Ce l’hanno con lei, ma non osano nominarla. Giorgia. Nome inviolabile. E allora gli sbotti d’insofferenza si concentrano sui colonnelli. Alle orecchie di Edmondo Cirielli, viceministro degli Esteri, qualcosa deve essere arrivato. Francesco Lollobrigida è un altro, sempre indaffaratissimo, terminale di questo scontento. Pure Giovanni Donzelli è tra i più pressati. Ma lui oggi non vuole sentir parlare di capricci: tutto concentrato sull’intervento che dovrà fare in Aula, e che lo riammetterà al consesso dei grandi dopo il purgatorio del Gran giurì per il fattaccio di Cospito, s’aggira trafelato in Transatlantico chiedendo dritte ai colleghi di partito: “Oggi posso andarci giù duro o devo controllarmi?”.