Cosa può imparare Meloni dal metodo Macron
Sfidare l’opinione pubblica per salvare il futuro dei giovani. Oltre la piazza c’è di più
La riforma delle pensioni fortissimamente voluta da Emmanuel Macron, così voluta da Macron al punto da aver scelto di sottrarre la legge alla discussione in Parlamento utilizzando i poteri straordinari di cui è dotato il capo di stato francese, ha scosso l’opinione pubblica europea, e anche italiana, per via delle conseguenze politiche e sociali di quella legge. Si è molto scritto, in questi giorni, delle tensioni nelle piazze, delle ribellioni nelle strade, del dissenso nel paese, del consenso in discesa nei sondaggi, dei numeri risicati in Parlamento, ma si è scelto in modo surreale di non concentrarsi invece sulle ragioni che hanno spinto Macron a fare quello che pochi politici in Europa hanno avuto il coraggio di fare in questi anni: scegliere di mettere in campo politiche a favore dei giovani anche a costo di sfidare fette crescenti dell’opinione pubblica del proprio paese.
In fondo, Emmanuel Macron, cosa ha fatto? Ha preso atto dell’ovvio: in un paese in cui aumenta l’età media delle persone, in cui i pensionati tendono a essere sempre di più, occorre scegliere se investire sul consenso o investire sui giovani, non caricando sulle spalle delle nuove generazioni ulteriori pesi in formato di debito pubblico aggiuntivo. “Tra i sondaggi a breve termine e l’interesse superiore della nazione”, ha detto ieri Macron in un’intervista che meriterebbe di essere scolpita sulla pietra, “scelgo quest’ultimo”.
Macron lo ha fatto, dice lui, sfidando il consenso, sfidando l’opinione pubblica, sfidando un paese dove ogni tentativo di aggiungere qualche tassello in più al mosaico del lavoro pesa come un macigno (la riforma delle pensioni francese porta l’età pensionabile da 62 a 64 anni, la legge Fornero la portò a 67). Ma lo ha fatto sapendo perfettamente che alla lunga, come dimostra l’esperienza italiana, i partiti che agiscono contro i giovani alla fine raramente raccolgono il consenso sperato.
In Italia, tanto per non fare nomi, la Lega di Matteo Salvini, con la decisiva complicità del M5s, tra il 2018 e il 2019 ha approvato una legge scellerata sulle pensioni (la famosa Quota 100) con la quale ha cercato di offrire agli elettori qualcosa di simile a una truffa politica. L’idea era questa. Noi ce ne fottiamo dell’età media che aumenta, dell’aspettativa di vita che migliora, del costo delle pensioni caricato sulle spalle dei contribuenti più giovani, e scegliamo di mandare in pensione prima gli italiani che lo vogliono offrendo la falsa illusione di uno scambio farlocco: più pensionati ci saranno e più posti di lavoro si creeranno per i giovani. Le cose sono andate come sappiamo: Quota 100 ha contribiuto ad aumentare il rapporto tra spesa pensionistica e pil, portandolo al 15,8 per cento nel 2020 contro una previsione del 15,1 per cento formulata nel luglio 2018 dal governo Conte-Salvini. La riforma, secondo la Corte dei conti, ha avuto un impatto negativo sull’occupazione pari allo 0,2 per cento e l’utilizzo di debito pubblico ad minchiam, come direbbero forse in Francia, non ha portato consensi alla Lega (crollata alle elezioni successive) e ha distolto risorse importanti da settori cruciali come la ricerca e lo sviluppo finanziati dallo stato (i cui investimenti oggi corrispondono all’1,4 per cento del pil, una delle percentuali più basse dell’Unione europea).
E’ possibile, viste le rivolte che stanno attraversando la Francia, con qualche manganellata di troppo della Polizia ai manifestanti, che Macron non abbia fatto perfettamente i conti con il grado di dissenso che avrebbe generato la sua riforma. Ma è impossibile invece negare, a proposito di conti che devono tornare, che un presidente che sceglie di mettere la politica al servizio dei giovani, anche a costo di sfidare il consenso, difficilmente può essere accusato di aver fatto la cosa sbagliata.
Chissà se in Italia qualcuno, al governo, avrà il coraggio di fare una riflessione su questo e smetterla di usare soldi e debito per penalizzare ad minchiam chi un giorno quel conto lo dovrà pagare: semplicemente, le generazioni del futuro. Viva Macron.