Il caso
Nomine, Mediaset e governo agitano Forza Italia. Così i capigruppo rischiano di saltare
Arcore smentisce ma un documento firmato dalla maggior parte dei deputati chiede di sostituire Cattaneo alla Camera. Si valuta anche la posizione di Ronzulli in Senato, che per il momento resiste. Ma fino a quando? Riprende quota Tajani, l'uomo del dialogo con Meloni
fAlessandro Cattaneo minimizza, da Arcore smentiscono. Ma in Forza Italia il vento sta cambiando - forse è già cambiato. E potrebbe essere proprio lui, il capogruppo alla Camera, il primo a farne le spese. La partita è ampia, riguarda l'unità dell'oggi e il futuro del partito. Che ne sarà di Forza Italia alle prossime elezioni? C'è anche la televisione di mezzo, Mediaset, e il riavvicinamento alle posizioni di governo, a Giorgia Meloni. E poi la partita delle nomime. Così il Cav. si interroga, scruta e pensa al "partito unico", o "repubblicano". con la Lega e Fratelli d'Italia. Chissà.
Il fatto nuovo, l'indiscrezione di Dagospia, è un documento - firmato da 31 su 44 deputati - che vorrebbero sfiduciare Alessandro Cattaneo dal ruolo di presidente dei deputati. Lui si difende, dice che in Aula le votazioni hanno sempre rispettato il mandato, nessuna deviazione rispetto alla linea: "Dove sta il problema?". Si capirà. Ma per il leader azzurro a Montecitorio la strada se ancora non è segnata, appare sicuramente in salita.
Pare che il centralismo berlusconiano non gradisca affatto l'attivismo di certe figure apicali in Parlamento. Non è un partito per correnti, si sa. Così tornano in auge altri nomi, attuamente più defilati ma certamente di rilievo: i Paolo Barelli, le Deborah Bergamini. Oltre al fedelissimo Gianni Letta, che può far valere il suo peso sulle nomine delle società a partecipazione pubblica. Quella di Paolo Scaroni come presidente di Eni, in particolare, come vorrebbe Berlusconi. Con il duplice effetto di "vigilare", di contare nelle scelte del cane a sei zampe, che tra le altre cose è uno dei principali investitori italiani nella pubblicità, e in un momento in cui il mercato è in risacca, una sponda nella partecipata è per Mediaset assai importante. Insomma risale la quota Tajani - fino a qualche mese fa il ministro degli Esteri era considerato fin troppo meloniano tra i deputati azzurri. Segnali di un cambio rotta.
Intanto corrono i malumori, i distinguo, le indiscrezioni, secondo cui anche Licia Ronzulli - per la vicinanza alla Lega, ora che si ricuce con Fratelli d'Italia - potrebbe essere oggetto di valutazione. “Si deve essere in prima linea a favore del governo”, era stata l'ultima l'indicazione del Cav. "Grazie al nostro governo, il Mediterraneo torna al centro dell’attenzione dell’Europa, per una gestione efficace dei flussi", ha detto ieri, a fine giornata, Ronzulli, commentando la missione a Bruxelles, per il Consiglio europeo, della premier Meloni. La capogruppo in Senato, almeno per il momento, resiste. Gode di storici rapporti con Berlusconi, tesse le fila del partito in Lombardia. Non è il suo momento, sembrerebbe.
E' chiaro però che qualcosa si muove. Diversmente sarebbe più difficile spiegare la nota rilasciata, solo pochi giorni fa, da Marta Fascina. La compagna del Cav. non è solita a certe incursioni. "Tengo a precisare che non è nata alcuna corrente. Forza Italia si riconosce nell’unica leadership, quella del Presidente Silvio Berlusconi", ha detto la deputata, ribadendo la lealtà a Meloni. Ma ha anche specificato: "Al netto di qualche voce solitaria in cerca di visibilità". E sopratutto, che non sono ammessi "inutili quanto deleteri controcanti quotidiani". In molti ci hanno colto un riferimento ai capigruppo di Camera e Senato, a cui verrebbero anche imputate questioni relative alla formazione della giunta lombarda e laziale.
Si scaldano così il senatore e vice capogruppo Adriano Paroli (vicino proprio a Fascina), Paolo Barelli (deputato, capogruppo nella scorsa legislatura, area Tajani) e Deborah Bergamini (sottosegretaria con Draghi, ha un certa confidenza ad Arcore). Per quale ruolo, si vedrà.