Nicola Danti in una foto d'archivio (Lapresse)

Dopo il Consiglio europeo

"Se Meloni vuole aiuto dall'Ue sui migranti, ratifichi il Mes". Parla l'eurodeputato Nicola Danti (Iv)

Marianna Rizzini

"Tornare senza risultati da un vertice Ue è sempre un male per l'Italia", ci dice il vicepresidente di Renew Europe. Ma come aiutare la maggioranza a livello internazionale senza rinunciare a ruolo di opposizione?

Si rischiano novecentomila arrivi, ha detto Giorgia Meloni a Bruxelles, due giorni fa, dopo aver promesso fermezza. Ieri però il Consiglio europeo ha rimandato le decisioni cruciali sull’immigrazione al vertice di giugno. E c’è chi, dall’opposizione, ha sottolineato il fatto, come dire: un insuccesso dell’avversario politico è in qualche modo un successo. Alla vigilia del Consiglio Ue, il leader del M5s Giuseppe Conte, intanto, ha definito quello della premier “patriottismo d’accatto”, invitandola ad “andare a Bruxelles a battere i pugni sul tavolo” e a “imporre ai suoi amici sovranisti un vincolo redistributivo e le relative sanzioni”, e la segretaria del Pd Elly Schlein, che aveva criticato a monte l’azione della premier (“pone le domande sbagliate in Europa”), dopo il vertice ha commentato: “Sui migranti il governo canta vittoria per tre righe che non dicono niente”.

 

La posizione del Terzo Polo, in generale e rispetto all’esito del vertice, dice l’eurodeputato Nicola Danti, vicepresidente di Renew Europe, scaturisce da questo assunto: “Quando un presidente del Consiglio, di qualsiasi schieramento, torna da un vertice Ue, senza aver ottenuto risposte soddisfacenti, è sempre un male per l’Italia. Un premier rappresenta comunque il paese, e quindi anche in questo caso ci siamo augurati che si arrivasse a un risultato positivo per l’Italia”. Si può in qualche modo “aiutare” la premier, pur dall’opposizione e senza rinunciare al ruolo? “Bisognerebbe ora ragionare interrogandosi sulle responsabilità, sì, e sul passato, certo, ma soprattutto riflettere sul presente. Perché se è vero che il tema migranti è sul tavolo in Europa da molti anni, è anche vero che non si può, a mio avviso, giocare la partita con i nemici dell’Italia. Se il tuo riferimento sono il leader polacco e il leader ungherese, viste le loro posizioni, ti metti in partenza in una condizione difficile. Non puoi ottenere l’ascolto che cerchi se non hai, anche dalla prospettiva di un leader della destra, delle alleanze forti in Europa con i paesi che l’Europa l’hanno costruita, a partire da Francia, Germania, Belgio. Sennò si rischia di andare in direzione opposta rispetto a quella auspicabile per noi”.

 

Come prima cosa, quindi, dice Danti, “si dovrebbe ricordare o acquisire come dato di partenza il fatto che l’Italia in Europa è un grande paese che, in quanto tale, siede alla pari al tavolo dei grandi paesi, e da lì individuare gli elementi che permettano accordi strategici”. Secondo l’eurodeputato di Italia Viva, poi, “è essenziale mettere ordine tra le priorità e agire di conseguenza. Se la priorità sono i migranti, non si può evitare di ratificare il Mes. Si dà in questo modo un segnale negativo che rende difficile, poi, una qualsiasi trattativa con gli altri paesi. È un problema di approccio. E poi: due delle forze che compongono la maggioranza ora al governo hanno spesso assunto atteggiamenti per così dire filo russi. Io direi, intanto, di ridefinire le priorità: immigrazione, riforma del Patto di stabilità, aiuti di stato”. Sui migranti, dice Danti, “ricordiamoci quello che hanno fatto i governi Renzi, Gentiloni e Draghi. E ricordiamoci che la questione del salvataggio in mare è una questione europea. Evitiamo gli slogan, pur sapendo che su questi temi il consenso è difficile e altalenante. Mettiamo a fuoco i nodi: accoglienza e salvataggio in mare, investimenti sulla cooperazione, accordi per il rimpatrio. E cerchiamo di agire in sede europea sostenendo paesi e politiche che possano aiutare l’Italia a risolvere questa e altre urgenze”. Quindi aiuterete Meloni? “Se si lascia aiutare”.

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.