Il caso
"Trattare o attaccare la Ue?". I guai del Pnrr agitano Meloni che dopo il Cdm s'inabissa
Il congelamento della rata spinge la premier alla cautela. E alla fine evita di illustrare i provvedimenti su bollette, concorrenze e appalti varati dal Consiglio dei ministri
Di mattina la butta sull’empatia. E così, conclusa la cerimonia per i cento anni dell’Aeronautica militare, Giorgia Meloni entra nell’abitacolo di un F-35, poi di un Eurofighter e infine di un elicottero HH139. I bimbi la invocano. Lei saluta e l’operazione ultra pop è servita. Per l’agenzia Agi, da cui proviene l’attuale capo ufficio stampa di Palazzo Chigi Mario Sechi, “su piazza del Popolo plana il presidente pilota”. E’ la “terza mossa simpatia” in pochi giorni della premier, dopo la telefonata della finta imitatrice di se stessa a Fiorello e dopo la serata allo show di Checco Zalone. La voglia di esserci e apparire scompare però dopo un Consiglio dei ministri strategico e denso. Si varano misure su bollette, concorrenza e appalti. Ma Meloni preferisce non palesarsi. E’ preoccupata dal dossier Pnrr.
Dietro ai dubbi della Commissione che congelano la seconda rata attesa dall’Italia (19 miliardi di euro) c’è una partita molto più ampia. Riguarda il rapporto costruito in questi mesi dalla premier con l’Europa. Una tela diplomatica iniziata con il primo viaggio all’estero e continuata fino alla settimana scorsa. Visite, colloqui telefonici, Consigli europei, bilaterali (da ultimo quello con Emmanuel Macron giovedì notte) per scrollarsi di dosso il pregiudizio per “essere protagonisti e non subalterni con il cappello in mano”. Ora però questa narrazione rischia di incrinarsi. Matteo Salvini di prima mattina sembra tornato ai tempi d’oro quando sparava a palle incatenate contro “i signori di Bruxelles”.
Il vicepremier sulla vicenda dello stop ai motori a combustione a partire dal 2035 mette in mora l’“approccio ideologico della Commissione” informando tutti che l’anno prossimo “ci sarà il voto”. Il frontale dunque è servito. Intanto, Raffaele Fitto, che è mister Pnrr, mette a verbale che sulla terza tranche congelata “il nostro approccio è assolutamente costruttivo e collaborativo, non si tratta di immaginare polemiche. Sarebbe singolare che gli obiettivi al 31 dicembre 2022 fossero in carico a chi si è insediato a ottobre”.
L’ombra di Draghi si staglia sul dossier durante la relazione della Corte dei conti a cui partecipa il ministro per gli Affari europei. “Se noi oggi capiamo, e lo possiamo capire anche da questa relazione, che alcuni interventi da qui al 30 giugno 2026 non possono essere realizzati, ed è matematico, è scientifico che sia così, dobbiamo dirlo con chiarezza e non aspettare il 2025 per aprire il dibattito su di chi sia la colpa”, spiega ancora Fitto. L’argomento è particolarmente delicato per Meloni: c’è in ballo la sua credibilità europea e sullo sfondo gli immancabili paragoni “con il mio predecessore”. Ecco perché alla fine di un Consiglio dei ministri ricco di provvedimenti anche molto rivendibili all’esterno preferisce non presentarsi. Fino all’altro giorno era pronta a illustrarli, ora c’è un cambio di strategia.
Anche perché l’opposizione capisce il vulnus e inizia a martellarla. Elly Schlein, che è la segretaria più internazionale che abbia mai avuto il Pd, si accorge che sul Pnrr qualcosa non va da un tweet del quotidiano El Paìs: ùltima hora, Bruselas congela la entrega a Italia da 19.000 miliones de euros. Non è proprio così, ma anche la leader dice che vuole vederci chiaro. La giornata si trascina per le lunghe il Consiglio dei ministri termina poco prima delle 20. Poi si riunisce la cabina di regia sul Pnrr con i ministri componenti, guidata alla premier. Così in conferenza stampa si presentano solo i ministri Francesco Lollobrigida e Orazio Schillaci. Si parla di uno stop, per decreto, ai cibi sintetici. Ovviamente la “ciccia” riguarda gli interventi sulle bollette, il nuovo codice degli appalti voluto da Matteo Salvini, il ddl sulla concorrenza. “Un’informazione completa possono darla i colleghi responsabili dei provvedimenti che ora non sono qui”.
Mancano infatti i ministri Giancarlo Giorgetti e Matteo Salvini, per esempio. Non ci sono nemmeno Matteo Piantedosi e Antonio Tajani, protagonisti poco prima di un’informativa al Cdm, sui migranti e sull’aumento di sbarchi nelle coste italiane negli ultimi giorni. La gestione del Pnrr viene prima di tutto, questa è la linea del governo. Le parole e le contromosse in queste ore sono fondamentali. Soprattutto il coordinamento politico. Ecco perché nel governo nessuno ne parla. Zero scontri frontali con la Commissione né accuse a Draghi a meno che l’iniziativa non parta dalla premier. Che per il momento preferisce dormirci sopra una notte.