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Il Parlamento europeo condanna l'Italia sulle coppie omogenitoriali, ma sbaglia

Sergio Soave

Gli europramentari puntano il dito contro "le istruzioni impartite dal governo italiano al comune di Milano". Al di là di come la si pensi, la scelta di censurare atto politico di uno stato membro in assemblea è un errore, che potrebbe persino rivelarsi controproducente

Il Parlamento europeo ha approvato in seduta plenaria un emendamento che “condanna le istruzioni impartite dal governo italiano al comune di Milano di non registrare più i figli delle coppie omogenitoriali”. Qualunque cosa si pensi della registrazione in questione (e chi scrive, per quel che conta, non è affatto avverso), la scelta di censurare un particolare atto politico di un governo membro in assemblea è un errore, che potrebbe persino rivelarsi controproducente. Il contenzioso dell’Italia con le istituzioni europee sulla registrazione dei figli di coppie omosessuali che siano costituite da cittadini di paesi europei in cui è consentito il riconoscimento dei figli non c’entra quasi niente, visto che le richieste di registrazione presentate a Milano sono quasi tutte di cittadini italiani. Il governo ha chiesto che si rispetti la legge vigente, e ovviamente ha il diritto di farlo. Che poi la legge sia criticabile e debba essere emendata è una questione che deve decidere il Parlamento italiano, magari incoraggiato dalle eventuali sentenze della Corte costituzionale. 

Quella dell’assemblea comunitaria è un’evidente intromissione in questioni interne e può suscitare irritazione anche in chi nel merito sarebbe anche d’accordo con i promotori dell’emendamento. 

Il rispetto delle prerogative dei diversi livelli di governo è un principio che se viene violato, com’è avvenuto in questo caso, finisce solo con il dare argomenti alle posizioni sovraniste. Usare l’assemblea continentale come cassa di risonanza delle polemiche e della propaganda interna è un errore altrettanto grave. Il sistema europeo, che risente dell’assenza di una Costituzione (che non è stata approvata per l’ostilità dell’Olanda e della Francia), è basato sui trattati tra gli stati membri, il che rende fragile tutta la costruzione. Può guadagnare consenso se le istituzioni, Parlamento compreso, agiscono in modo rispettoso dei limiti e dei vincoli e allo scopo di estendere l’integrazione volontaria. Se sono davvero europeisti, gli estensori dell’emendamento dovrebbero domandarsi che effetto ha una reprimenda, peraltro del tutto inefficace, del governo che legittimamente esercita il potere politico a Roma e, nel caso specifico, chiede che venga rispettata una legge in vigore. L’idea che si possa riaprire, come sarebbe auspicabile, la discussione sulle garanzie per i figli delle coppie omosessuali, senza automatismi e senza tolleranze per la pratica dell’utero in affitto, per effetto di un’imposizione dall’alto e da fuori è politicamente insensata, e questo lo sanno benissimo anche gli estensori del testo approvato dal Parlamento europeo.

 

Peraltro non è accettabile che una maggioranza europea diversa da quella di uno stato membro possa servirsi delle istituzioni comunitarie per condurre la battaglia di opposizione. Il Parlamento europeo per esempio non ha discusso delle violente manifestazioni e delle altrettanto pesanti repressioni causate dalla contestata riforma delle pensioni in Francia. Ha fatto bene a non farlo, anche se c’è una maggioranza europea che potrebbe condannare l’uso eccessivo della forza da parte del governo francese. Non si fa, tra l’altro, perché si sa come reagirebbe il popolo francese geloso della propria autonomia. Perché questo principio elementare non deve valere anche per l’Italia?

 

Infine, vale la pena domandarsi se serva a qualcosa o a qualcuno mostrare l’inefficacia delle risoluzioni del Parlamento europeo, che finisce col far pensare che sia un costosissimo ente inutile. Dopo le vicende, ancora non concluse, del Qatargate, la credibilità di quell’assemblea ha raggiunto i livelli di guardia. Chi crede che, comunque, una sede di confronto continentale, anche se dotata di scarsi poteri, sia utile come base per una futura evoluzione confederale, dovrebbe evitare di dare continue dimostrazioni della vacuità di pronunciamenti propagandistici che non hanno alcuna possibilità di incidere effettivamente sulla realtà. Vale davvero la pena di mettere ancora una volta in luce questa debolezza dell’istituzione europea per qualche articolo esaltante di Repubblica e qualche indignata protesta sovranità dei giornali di destra, che lasciano tutto come prima, o peggio di prima?