L'intervento
Conte prova a riprendersi la centralità: "Un tavolo con il governo per il Pnrr"
"Se falliamo non fallisce solo Meloni, mal’Italia intera. Anche una forza intransigente come noi non può rimanere a guardare", dice l'ex premier, dopo le aperture degli scorsi giorni a una discussione sulle riforme istutuzionali. Il capo del M5s vuole guadagnare spazio e isolare Schlein
Rivendica i successi di un tempo e attacca, ma fa anche il costruttore. E sul Pnrr, tra dolcevita e pochette, è pronto a dismettere le barricate. Giuseppe Conte vuole riprendersi la scena, recuperare quella centralità politica appannata dall'ascesa di Elly Schlein. Questa volta gioca carta della responsabilità e ostenta preoccupazione per i fondi europei, per quella terza tranche da 19 miliardi che potrebbe non arrivare a causa dei ritardi di programmazione. Ragion per cui, assicura, "Il M5s è disponibile a rimboccarsi le maniche per dare il proprio contributo nell’interesse comune". Il fu avvocato del popolo invoca "un tavolo": "anche una forza di opposizione intransigente come noi non può rimanere a guardare".
L'ex premier lo spiega con un intervento sul Corriere della Sera, in cui elenca i timori rispetto al Recovery, i rischi per la tenuta della stessa Europa, e poi gli errori della gestione italiana, di questo esecutivo e di quello precedente: "Il lascito di Draghi, certificato dalla sua ultima Nadef, è di 13 miliardi di euro di minori spese del Pnrr rispetto a quelle da lui stesso previste nel Def precedente. Poi è arrivato il governo di Giorgia Meloni ed l’Italia è in una condizione di conclamata difficoltà". E allora ecco la proposta, un po' alla Calenda, che vorrebbe un tavolo per ogni questione. Questione di consapevolezza e interesse generale in questo caso, lascia intedere il leader grillino, "Qui è in gioco la credibilità dell’Italia. Se falliamo sul Pnrr non fallisce solo Meloni, fallisce l’Italia intera".
Un supporto che tuttavia non sarà incodizionato, dipenderà da due condizioni: "La prima è una grande operazione di trasparenza", dice Conte, richiamando per certi versi "l'operazione verità", di cui il governo, da Meloni in giù, parla da giorni per scrollarsi di dosso le proprie mancanze rispetto alla messa a terra del Piano. L'altra richiesta riguarda invece "l’ascolto delle proposte del M5S e delle altre forze politiche", sembra un modo di riprendersi la scena e il ruolo principale tra i leader di opposizione. Guadagnare spazio, ora che a sinistra il Pd sta recuperando - nei sondaggi e nello spazio mediatico - grazie alla nuova segretaria e alla (ritrovata) agenda sociale.
Non è una novità, sebbene oggi la strategia si arricchisca di un nuovo aspetto. Se n'era avuto un assaggio già qualche giorno fa. Quando alla vigilia del Consiglio europeo, intervenendo alla Camera, da un lato Conte aveva attaccato duramente (e pubblicamente) la premier, ma dall'altro lasciava trapelare di essere pronto a discutere con la maggioranza sulle riforme istituzionali. "La stabilità dei governi è un pallino di Giuseppe", dicevano allora dal Movimento 5 stelle. Con l'obiettivo più o meno dichiarato di isolare il Partito democratico ed Elly Schlein. Riposizionarsi anche in vista delle Europee del 2024, dove si vota con il proporzionale e ognuno deve far valere il proprio peso.
Anche in questo senso si spiega l'attivismo multiforme di Giuseppe Conte. Che accanto alla battaglia nelle piazze, a difesa Superbonus - forse l'ultima bandiera grillina -, fa riemergere il piglio cattolico, quel mondo della Chiesa a cui l'ex premier ha mandato più di un segnale e con cui può vantare ottime relazioni. Ci sono i rapporti con la comunità di Sant'Egidio, da sempre positivi, e la vicinanza degli ultimi mesi al quotidiano Avvenire, utilizzato spesso come canale per esprimere il dissenso verso la posizione del governo sulla Guerra. Ma anche sulla cosiddetta maternità surrogata, il capo del M5s, non si è mai esposto del tutto a differenza di Schlein, suscitando l'insofferenza - talvolta il disagio - dei i cattodem. Contraddizioni in cui Conte prova a infilarsi.