Lega Vs FdI. La surreale zuffa a destra sul 5G, con tanto di complottismi
Il ministro Urso non demorde ("Procederemo al prossimo provvedimento"), ma alla corte di Salvini si rivendica il blitz sul ddl Concorrenza. Risultato: i parametri sul 5G italiano restano 10 volte inferiori a quelli di Fracia e Germania. Le assurdità cospirazioniste che bloccano il paese (e il Pnrr)
Adolfo Urso nega ogni ripensamento: nessuno ha fatto saltare la norma sul potenziamento del 5G dal ddl Concorrenza. Nel senso che, ci dice il ministro delle Imprese, quella misura “non è stata ideata per quel provvedimento perché non ha risvolti sulla concorrenza ma per un altro provvedimento più attinente che è in preparazione in piena intesa con gli altri ministeri competenti”. Annotazione, questa, da mettere a verbale. E che però non può non essere messa a confronto con la baldanza con cui il mondo leghista rivendica il successo del blitz. C’è perfino un autore ben riconosciuto, dalla truppa salviniana: Alessandro Morelli. Sarebbe stato lui, il sottosegretario con delega alla Programmazione economica, ad aver insistito per il sabotaggio.
Nelle bozze della vigilia, in effetti, quella norma non è mai entrata. C’è però un comma assai scarno, “Disposizioni in materia di telecomunicazioni”, citato in un documento che è circolato nelle chat leghiste: e sarebbe questa la prova dello scalpo, sarebbe stata questa la feritoia, cioè, da cui sarebbe potuta entrare la misura finalizzata all’aumento dei limiti di emissione elettromagnetica relativi al 5G. Urso – che del resto sulla necessità di potenziare la rete si è espresso più volte, e ancora di recente lo ha fatto alla Camera l’11 gennaio scorso – predica pazienza: “Il percorso normativo è ancora in corso, segue le abituali procedure interministeriali coinvolgendo diversi livelli decisionali anche locali di cui siamo rispettosi”.
Vuol dire che finalmente si procederà? Chissà. In ogni caso, la contrarietà della Lega a questa ipotesi è nota. Lo sa bene Vittorio Colao, l’ex ministro della Transizione digitale, che per due volte, sotto il governo Draghi, tentò di adeguare la normativa italiana sul 5G a quella dei principali paesi europei, e per due volte si vide stoppato da quel Giancarlo Giorgetti, allora responsabile dello Sviluppo economico, che rivendicando formalmente la titolarità sul dossier delle tlc oppose il suo veto. Cosa paradossale, per un ministro dello Sviluppo. Perché i limiti italiani sulle emissioni elettromagnetiche, appena 6 volt al metro, sono tra i più restrittivi al mondo, e di gran lunga inferiori a quelli di chi, come Francia e Germania, consente emissioni fino a 61 volt al metro.
Ora, se davvero il ministero Urso vorrà, finalmente, aumentare queste soglie anacronistiche (definite, non a caso, nel 1998), avrà forse due argomenti in più per disinnescare l’ennesimo, prevedibile, boicottaggio leghista. Gli basterà, infatti, recuperare le recenti dichiarazioni con cui Matteo Salvini, non senza ragioni, ha elogiato le virtù del suo nuovo Codice degli appalti. “Bisogna velocizzare, non rallentare”, dice il ministro dei Trasporti. “Il governo deve semplificare la vita, e non complicarla, delle amministrazioni locali”. Sacrosanto. Ma allora come si spiega questo oscurantismo tecnologico sul 5G, che porta proprio a rallentare e a complicare, per di più in una tribolata fase di attuazione del Pnrr?
“L’Italia non può essere ostaggio della cultura del No”, insiste Salvini. Impeccabile, di nuovo. Ma allora come si spiega questo appiattimento della Lega sulle posizioni di quei comitati del No 5G, con tanto di sindaci al seguito, in cui si mescolano infondate paure sulla salute – smentite sia da un report dell’Istituto superiore di Sanità del 2019 sia da un’indagine conoscitiva della Camera del 2020 – con le più bislacche teorie complottiste e cospirazioniste?
Salvini, poi, per confutare le tesi dei suoi accusatori, ripete che per quel che riguarda i limiti per i subappalti il suo Codice non fa altro che allinearsi agli standard europei. E non si capisce, allora, perché sul 5G dovrebbe accettare il mantenimento di parametri dieci volte inferiori a quelli di Francia e Germania?