Il caso
"Onore ai Gap". La manifestazione contro La Russa a via Rasella
Il presidio organizzato dall'Alleanza Sinistra- Verdi ci riporta agli anni 70. Ma sull'Ucraina qualcuno ancora fatica a capire il concetto di resistenza
La sventagliata dei mitra è ancora ben impressa sul palazzo. Quando furono rinfrescate le pareti in tutto l’isolato su quell’edificio all’incrocio tra via Rasella e via del Boccaccio fu deciso di lasciare le impronte dei proiettili, le impronte della Storia, di una storia che, ce lo saremmo tutti volentieri risparmiato, a 80 anni di distanza fa ancora discutere. Era il 23 marzo del 1944, un gruppo di giovanissimi gappisti (gruppi armati partigiani), guidati dall’allora 22enne Rosario Bentivegna organizza un attentato esplosivo contro una compagnia nazista. Muoiono 32 soldati tedeschi. La vendetta è tremenda: 10 italiani ogni tedesco ucciso, le Fosse ardeatine. “Via Rasella non è stata una pagina gloriosa della Resistenza, i partigiani hanno ucciso una banda di semipensionati altoatesini”. Le parole del presidente del Senato Ignazio La Russa nei giorni scorsi hanno fatto trasalire non solo le opposizioni, ma anche tanti nel suo partito. Fino alle scuse. Non sono bastate. L’alleanza sinistra verdi ieri ha organizzato a Roma una manifestazione proprio davanti al palazzo ancora martoriato. Al secondo piano una famiglia americana visita un appartamento. “Lo compriamo?”. Sotto duecento persone reggono uno striscione. “Onore ai Gap, ora e sempre Resistenza!”. Sono gli anni 70 o il 2023? Massimiliano Smeriglio, eurodeputato Pd e uomo forte della sinistra romana, indossa il fazzoletto dell’Anpi con fierezza partigiana. Il verde Angelo Bonelli attacca La Russa: “Le scuse non bastano, si deve dimettere”. Per il Pd ecco la senatrice zingarettiana Cecilia D’Elia e il deputato Andrea Casu. Calenda non c’è, ma il Terzo polo ha mandato una sua delegazione capitana da Luciano Nobili. Non c’è invece nessun grillino con girocollo esistenzialista, fa troppo caldo d’altronde.
I cronisti bramano qualcuno che superi un po’ la retorica polemica. E finalmente arriva. Si chiama Angelo Nazio , classe 1925, già gappista. E’ in forma smagliante. “Guardate io non sono un estremista – dice – so che allora ognuno aveva le sue ragioni, il mio migliore amico nel 44’ si arruolò e finì repubblichino, io invece divenni partigiano, fu più il caso che altro a dividerci. E però dire che un battaglione di nazisti è una banda di musicisti è veramente spudorato, soprattutto se lo fai da seconda carica dello Stato, vieni al bar piuttosto”. La spudoratezza di La Russa poco più in là l’ha riassunta bene la street artist Laika. Un soldato nazista ha un grande megafono nella mano sinistra da quale esce la scritta DIMISSIONI. Sulla fascia che avvolge il braccio destro al posto della svastica ecco una bella chiave di violino.
Per il resto l’ex partigiano, che infiamma i cronisti, ancor più che per le gesta di un tempo, per la tempra del corpo – “Ma vi rendete conto che questo ha 99 anni? Ma chi c’arriva!” – ripete quello che per decenni hanno detto i gappisti a chi diceva loro di aver, in buona sostanza, causato l’eccidio delle Fosse ardeatine, a chi li accusava di non essersi consegnati al nemico. “Quello era un atto di guerra!”. Non deve aver capito bene il concetto la giovane militante di Unione popolare che strilla al microfono: “Dobbiamo essere partigiani della pace, basta armi in Ucraina”. Lo ha inteso meglio Smeriglio: “In questi anni abbiamo sempre onorato le fosse ardeatine, le vittime, ma dobbiamo cominciare a onorare ha anche chi ha combattuto. Propongo di vederci ogni 23 marzo qui per celebrare i gappisti”. Poi l’eurodeputato dem fa un’ammissione ammirevole: “Non c’è nessun pericolo fascista”, dice, prima di aggiungere. “E però la destra vuole sporcare la parte migliore del 900 italiano, annacquarla, ma noi glielo impediremo”.
La storia sarebbe meglio discuterla nei dipartimenti che nelle piazze, ma su una cosa i partigiani del ricordo hanno ragione: “E’ La Russa che ha cominciato”.