L'intervista
“Innovare si può, ma la carne sintetica è un'eresia”. Parla il senatore De Carlo (FdI)
“Sperimentare a terra ciò che i ricercatori fanno in laboratorio è naturale, coltivare il cibo no”, dice il meloniano che ha presentato il ddl per il miglioramento genetico delle piante. E guarda al derby con la Lega nel nordest: “Pronti a guidare il centrodestra anche in Veneto"
Luca De Carlo è il volto rasserenante di Fratelli d’Italia. Quello del ddl sulla sperimentazione scientifica per il miglioramento genetico delle piante, “perché la ricerca serve a valorizzare il nostro patrimonio agroalimentare”. E quello del veto categorico – da buon uomo di partito – alla carne coltivata, “perché sostituire i prodotti della tradizione con quelli da laboratorio è tutt’altra cosa”. Quello che quasi si commuove a passare in rassegna la pattuglia parlamentare meloniana, “perché competente lo sapevo, ma tanto solerte nel lavoro era difficile a immaginarsi”. E quello che abbassa lo sguardo, quando gli si ricorda di qualche elemento colpevole di nostalgia pure nel suo nordest: “Casi isolati rispetto a tutto il resto”. Gli dà fastidio “la stucchevole liturgia sul fascismo portata avanti da stampa e opposizione”. Ma anche i suoi che ci cascano. E non è poco. “Vorrei soltanto che fossimo valutati per il mazzo che ci facciamo ogni giorno”.
Partiamo allora dal disegno di legge che porta il suo nome, senatore. “L’autorizzazione a sperimentare a terra tutto ciò che i nostri ricercatori fanno già in laboratorio”. Ossigeno, insomma, dopo vent’anni di accanimento politico contro gli Ogm. “Eh no”, dice De Carlo. “L’Europa equipara il genoma editing agli Ogm per il semplice motivo che nasce dopo la normativa in materia. Ma di fatto non c’entra nulla”. Esempio. “Una vite può diventare più resistente alla peronospora se le si spegne il gene che fa avanzare la malattia, oppure le si rafforza un carattere che la contrasta, o ancora si incrocia la pianta con un’altra della stessa specie che resiste alla peronospora. Parliamo dunque di una vigna sessualmente compatibile, mica di un Ogm. No l’è un incrocio tra ‘na vacca e un caval, ecco”, dopo il momento Superquark, l’intercalare pedemontano. “Si tratta di accelerare processi che già accadrebbero in natura. E infatti, da Coldiretti a Confagricoltura, tutti sostengono la nostra iniziativa. Siamo per l’innovazione, per evitare che l’Italia rimanga indietro. Nonostante chi ci accusa”.
Perché per un De Carlo che apre, c’è un Lollobrigida che chiude. “Alla carne in vitro e alla deriva sintetica”, il senatore fa eco al ministro. “Questo sì che travalica la nostra maniera d’essere, la nostra civiltà, la nostra forza”. Addirittura. “Il Made in Italy è legato al territorio: racconta saperi, sapori. Al netto delle questioni sanitarie, se ci mettiamo a produrre in laboratorio andiamo a distruggere le nostre eccellenze di mercato”. Ma la chianina ottenuta da cellule staminali non sarebbe sempre chianina? “No. Sarebbe un sostituto, realizzabile in qualsiasi parte del mondo. E non ci si illuda che si continuerebbe a farla in Italia: le multinazionali mirano ai paesi dove costa meno. A loro e Bill Gates magari va bene. A noi no. Ma non siamo all’antica, e questo ddl lo dimostra”.
Restiamo sul territorio, sul piano politico però: alle elezioni in Friuli-Venezia Giulia, FdI ha mancato il sorpasso sulla Lega. “Le amministrative sono sempre partite a sé”, osserva vigile De Carlo, coordinatore regionale del Veneto alle urne fra due anni. “In Fvg abbiamo preso quasi il 19 per cento, alle politiche era il 26: un anno fa ci avremmo messo la firma. Certo ha pesato la figura di un governatore forte in quota Carroccio come Fedriga. Ed è vero che quando si cresce come partito si deve far crescere anche la classe dirigente. Adesso però Fratelli d’Italia non è più la Cenerentola di turno, con una leader che tira e poi il nulla”. E qui De Carlo si inorgoglisce. “L’ho scritto proprio ieri in chat senatori”, lui, al secondo mandato e presidente di Commissione, è ormai un veterano: “Sono colpito dal livello dei nostri eletti. Per il loro senso del lavoro, che viene amministrando”.
De Carlo li chiama figli della gavetta. Alcuni finiti a Roma, altri rimasti all’ovile. Soprattutto lì la panchina è corta, la forza residuale è vulnerabile: l’assessore Donazzan che in Veneto non rinnega nulla, Marzio Giau che in Fvg correva per il Consiglio regionale col braccio teso (con tanto di foto). “Ripeto: sono casi isolati. E noi siamo figli di una generazione diversa: io ho fatto tre volte il sindaco”, a Calalzo di Cadore, “mica il podestà. Le polemiche si spengono continuando a lavorare, portando fatti concreti. Le europee saranno un bel banco di prova, poi toccherà al Veneto e credo che avremo le carte in regola per rappresentare degnamente il centrodestra”. Sfida alla Lega e a Zaia? “Discorso prematuro, l’importante è rimanere uniti. Ma sento che la gente fuori è ben disposta verso di noi: in regione come al governo”. Consenso alla mano, poco da dire. “Sono reduce dal Vinitaly”, racconta De Carlo. “E le aziende lì presenti hanno percepito le tante cariche dello stato al proprio fianco, non come figure ostili. È uno dei segnali che volevamo dare sin dall’inizio: essere vicini a chi produce”. E torniamo al ddl sul genoma editing. “Avete visto? Neanche a farlo apposta”.