Partecipate
Impero Meloni-Fazzolari, le partecipate di stato tutte "a loro!"
Il racconto della finalissima nomine. La premier piglia tutto. Eni, Enel, Poste e Leonardo: “Ecco i nomi, grazie”. Fazzolari e Giorgetti litigano su Donnarumma. La promessa della Lega: “La pagherà”
Le manca solo la luna. Giorgia Meloni si è presa tutto. Enel, Eni, Poste, Leonardo e Terna. Cinque amministratori delegati su cinque, scelti da lei, senza mediazione, senza tenere conto delle resistenze di Lega e Forza Italia. E’ quanto gli alleati di governo garantiscono quando questo giornale viene chiuso. Ai due partiti, prima del Cdm, la premier ha comunicato: “Queste sono le figure che ho in mente, grazie”. I messaggi di Lega e Forza Italia ai giornalisti: “Oggi nasce l’Impero Meloni”. I nomi degli ad sono Descalzi (Eni), Cingolani (Leonardo), Donnarumma (Enel) Del Fante (Poste) Di Foggia (Terna). E per fortuna, lo aveva annunciato Salvini, “chiuderemo la partita delle nomine in serenità”. La serenità è tale che il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha spostato il suo volo per l’America di un paio d’ore. Sono ore passate, si racconta, a ragionare, nell’ufficio di Giovanbattista Fazzolari, sulla nomina di Donnarumma come ad di Enel. Anche i ministri di FdI avrebbero avvisato la premier: “La sua nomina potrebbe finire sotto l’attenzione di Consob e Antitrust. Attenta”. Si scrive sotto un’alluvione di telefonate: “Le liste dei cda verranno comunicate a giornali chiusi”; “Meloni vuole che vengano comunicate oggi”; “c’è un problema donne. Dove sono le donne?”.
Ieri mattina, quando la premier ha fatto il suo ingresso a Palazzo Chigi, dicono che fosse irritata dalla lettura dei giornali. Era infastidita per le ventilate minacce di rappresaglia da parte di Lega e FI. Era indispettita dalle frasi del capogruppo della Lega, Riccardo Molinari (“Sarebbe bizzarro che sulle partecipate a scegliere sia solo un partito”). Gianni Letta, l’uomo che tratta sulle partecipate per conto di Berlusconi, alle ore 11, era al Senato e partecipava alla presentazione dell’ultimo libro di Franco Bernabè. I leghisti si sono affidati alla sua vecchia sapienza: “Dottor Letta, ci provi lei a fare ragionare Meloni. Non si può stravincere così”. Ma perché Meloni avrebbe dovuto rinunciare, lo ha confidato lei stessa, “a quanto Berlusconi, Renzi hanno fatto duranti i loro governi? Da sempre gli ad sono stati scelti dai presidenti del Consiglio. Perché dovrei rompere questa tradizione?”. E’ sottile, ironica, salace. Chi dice che da oggi qualcosa cambierà non va poi così lontano dal vero. Nel bene e nel male, chi la stima dirà infatti: “Si è fatta valere”. Ma tutti quelli che ha scontentato diranno invece: “Si è ubriacata. E’ tracotante”. Forza Italia vive questo tormento: assecondarla o combatterla? Alle ore 15, a Piazza Colonna, passa il suo capogruppo, il simpatico Paolo Barelli, atteso a Palazzo Chigi. Delle nomine non parla. I commessi, il creato li benedica sempre, dicono che la scena si svolga tutta nella stanza di Fazzolari. La loro confessione: “Giorgetti che entra, Giorgetti che esce. C’è movimento”. Il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, di FdI, per non sbagliare, se ne torna al ministero. Maurizio Lupi, che esce invece dal retro di Palazzo Chigi, sussurra a un amico: “Prenderà tutto Meloni e nessuno glielo può impedire. Nessuno ha la forza di far cadere questo governo”. Al Mef, la gente antica, dirigenti che hanno alle spalle decenni di nomine, la da per fatta: “Se Meloni vuole Donnarumma all’Enel, Meloni avrà Donnarumma all’Enel”. Alle 16 gira perfino l’indiscrezione che l’attuale ad di Terna sia atteso a Chigi. Giuristi, da settimane si interrogano sul suo passaggio da Terna a Enel, temono la decadenza una volta nominato a Enel, e che, tradotto nel politichese, “equivarebbe per tutto il governo ha una figura di tolla”. Pure il capo di gabinetto di Meloni, Gaetano Caputi, sarebbe un altro di questi medici del diritto scettico sulla nomina. Giorgetti si sarebbe limitato a dire a Fazzolari e Meloni: “La firma la metto io ma la responsabilità politica ve la caricherete voi”.
Un leghista, alla Camera, deserta, è sconvolto o forse ha solo aperto gli occhi: “Meloni la pagherà, eccome se la pagherà”. FdI, e i tanti dirigenti, i più astuti, fanno notare che l’equazione dei quotidiani è sbagliata. La Lega, e sono parole loro, “avrebbe già ottenuto Mps con Lovaglio e a Enav la nomina di Pasqualino Monti perché Monti non è in quota FdI, ma in quota Lega”. Il Def, che pure il Cdm approva, passa in secondo piano, così come altre due nomine definite laterali. Mentre Giorgetti, Tajani e Fazzolari si occupano di Eni, il Cdm indica come membri Consob, due figure. Una è Gabriella Alemanno, la sorella di Gianni, e l’altro è Federico Cornelli. Le partecipate, la Consob, non sono forse già un pezzo di luna? In pratica è la prima trattativa di nomine “transatlantica”. Meloni a Roma, Giorgetti forse sulla Manica. Alle ore 20,36, il ministro Adolfo Urso, uno che vuole dare la notizia sempre per primo, fa sapere in televisione che “il governo ha premiato la competenza anziché l’appartenenza”. Giorgetti, sull’aereo, cerca ancora di strappare almeno qualche presidenza. Forza Italia, festeggia “Paolo Scaroni che sarebbe andato alla presidenza di Enel”. L’unica cosa certa è che si litiga. Si litiga al punto che si parla di fare slittare la presentazione a domani. Contrordine. Presentarle, questa notte. Dopo mesi di roghi, curriculum bruciati come fossero legna secca e non professionalità, che importanza ha comunicare le liste? La Gdf è interessata di conoscere il futuro di Zafarana, il suo comandante generale ma anche prossimo (?) presidente di Leonardo. Altro giro di nomine e dunque altro giro di articoli: “Lo sai che al posto di Zafarana va Andrea De Gennaro, il fratello di Gianni De Gennaro?”. Il posto, la nomina. In una stanza di Palazzo Chigi, il Rasputin di Meloni, Fazzolari, con il lume accesso: “Tranquillo, Giancarlo, si può fare, si può fare”.