Nomine e partecipate
Meloni salva il governo ma perde su Enel. Cattaneo-Scaroni per compensare Eni
Lega e FI impongono i nomi dei due manager. Descalzi e Del Fante confermati a Eni e Poste. Cingolani a Leonardo insieme a Pontecorvo. Tutti i fantasmi che hanno spinto Meloni a cedere sulla società energetica
Lega e Forza Italia hanno segnato. Il trio, Salvini, Giorgetti e Tajani, ai tempi supplementari, rovescia la partita “Nomine e partecipate di stato”. Flavio Cattaneo viene infatti indicato ad di Enel. Il preferito di Giorgia Meloni, il favorito, l’ad di Terna, Stefano Donarrumma, non passa. Alla presidenza di Enel viene nominato Paolo Scaroni, così come chiedeva Silvio Berlusconi. L’ad Matteo Del Fante resta invece al comando di Poste. Il presidente sarà Silvia Rovere. A Leonardo va la coppia Cingolani ad e Stefano Pontecorvo (presidente). A Eni rimane saldo Claudio Descalzi mentre il generale della Gdf Zafarana ottiene la presidenza. La notte dell’11 aprile, Meloni stava per perdere il governo. Adesso i nomi ci sono. L’elenco dei manager e dei presidenti di Eni, Enel, Leonardo e Poste è stato depositato dal Mef.
Oggi si avrà la lista di Terna. La sera ha dunque portato consiglio a Meloni. Salvini ha fatto il resto. Poche ore dopo il Cdm, è l’11 aprile, pochi minuti dopo la partenza di Giancarlo Giorgetti per l’America, gli alleati iniziano ad assediare la premier. Non accettano il suo modello impero. Non accettano che lei si prenda tutti gli ad. I supplementari durano 24 ore ma alla fine la Lega alza la sua coppa. E’ Enel. Salvini, che ha dovuto accettare il veto pesantissimo “nessun politico nei cda”, chiede a Meloni di rinunciare al suo manager simbolo, l’ad Donnarumma, oggi alla guida di Terna. Al suo posto sarà nominata, salvo sorprese la prima donna manager. E’ Giuseppina Di Foggia, ad di Nokia. Il presidente sarà invece Igor De Biasio, il leghista membro del cda Rai. Donnarumma dovrebbe spostarsi a Cdp Venture Capital o alla guida di Rfi, per poi passare a Ferrovie. Cosa è accaduto? Nel linguaggio caro a FdI si scriverebbe così: “Si è mosso il deep state”. Contro Donnarumma si scatena un’ordalia. La sua nomina non convince Giorgetti. I tecnici del Mef ripetono: “Il rischio è che la nomina possa essere impugnata”. La politica fa il resto. Salvini prende il telefono e spiega a Meloni che così “non è più governo di coalizione”. Tajani ha il mandato di Berlusconi: “Scaroni deve fare il presidente”.
Giorgetti, in volo, ha invece il potere di firma. Si media tutta la notte. I leghisti, uno è Stefano Candiani, alla Camera, ieri mattina, sulle nomine spiega “che quando si esagera interviene poi la natura che compensa”. I capigruppo del Carroccio, Molinari e Romeo, hanno libertà di avanzare oltre la metà campo. Dichiarano che Meloni non può prendere tutto. Lo fanno nelle televisioni. A Palazzo Chigi viene avvistato anche Starace, ad di Enel. Gianni Letta, che in questa partita ha lavorato di sponda con Luigi Bisignani, fa il resto. Licia Ronzulli ha la rosa dei suoi senatori che si riscalda a bordocampo, al Senato. Uno di loro: “Meloni cederà, vedrete. Cederà”. Il nome di Scaroni che era stato depennato rientra, a ora di pranzo nella lista, perché “un torto così non si può fare a Berlusconi”. Lo vogliono spostare a Poste, ma Gianni Letta e Salvini chiedono il tandem a Enel. Hanno l’idea che Scaroni e Cattaneo, insieme, possano costituire un contropotere. Se Descalzi è vicino a Meloni, il suo beniamino, Lega e FI hanno bisogno di controbilanciare con una coppia forte. Il nome di Cattaneo si impone. E’ amico di Ignazio La Russa, e in realtà è anche amico di Meloni se solo non si fosse macchiato di una gravissima colpa. L’anno scorso, quando Meloni era ancora la segretaria di FdI, quando a Milano si tenne la grande manifestazione programmatica, Cattaneo non se la sentì di partecipare. Donnarumma fu il primo dei grandi manager ad accettare. Salvini dice sì a Cingolani come ad di Leonardo e accetta pure l’ambasciatore Stefano Pontecorvo. Si mostra conciliante. FdI ha ordine di fare muro.
Donzelli fa la spola tra Chigi e la Camera. I ministri di FdI scompaiono. Sono infuriati, come gli alleati. Alla Camera, il sottosegretario, Claudio Durigon “piange” per il male che è stato fatto ad Antonio Maria Rinaldi “che aveva davvero un bel cv”. E’ caduto, e forse non meritava lo scherno, le risatine. Quante cattiverie a volte si scrivono. Ancora Durigon: “Diciamo che c’è stato un eccesso di indicazione come sempre accade durante le nomine”. La sorpresa è sicuramente Silvia Rovere, già presidente di Assoimmobiliare. Va alla presidenza di Poste insieme a Del Fante che Meloni ha difeso come ha difeso Descalzi e Cingolani anche solo “per dimostrare che io non ero quella che voleva fare tabula rasa”. La verità? Ha temuto di rompere l’armonia, ma come racconta chi le vuole bene: “Ha sbagliato due volte. La prima quando ha fatto passare l’immagine che era un’imperatrice, la seconda quando ha ceduto su Scaroni e Cattaneo”. Di Cattaneo, ad esempio, ricordava quel peccatuccio: “Non sei venuto alla mia festa”. Ma si può governare pesando ancora al passato, a quando si era disprezzati, non capiti? Ha perso la finalissima e solo perché ha guardato indietro. Salvini ha preso la palla. E pensare che aveva quasi vinto…