nuove potenzialità
Governo e nomine pro atomo: si apre una finestra per il nucleare?
Con Flavio Cattaneo nuovo amministratore delegato di Enel e Cingolani alla guida di Leonardo si pongono le basi per un'eventuale nuova strategia sull'energia atomica. E l'esecutivo si è sempre detto propenso
Le condizioni per tornare a parlare di nucleare ci sono tutte, la domanda è se il governo vorrà approfittarne. Con le nomine nelle società partecipate si è venuta a creare una costellazione di manager non solo (come è ovvio) in sintonia con l’azionista pubblico, ma anche non ostili (e in alcuni casi apertamente favorevoli) all’utilizzo dell’atomo.
Il perno di un’eventuale strategia nucleare è l’Enel. Così era stato durante la stagione del nucleare italiano negli anni Settanta. Ma anche tra il 2008 e il 2011, quando il governo Berlusconi tentò di riaprire le porte a questa tecnologia, era proprio l’Enel – all’epoca guidata da Fulvio Conti – la capofila di quello sfortunato tentativo, che peraltro vide una forte mobilitazione di Confindustria e di molte realtà interessate a partecipare alla filiera. In questi anni l’Enel è stata freddina, per usare un eufemismo, anche perché l’amministratore delegato uscente, Francesco Starace, ne era tutt’altro che entusiasta. Ma il vento è cambiato negli ultimi mesi, con l’accelerazione sull’accordo con Newcleo. Inoltre non si è mai chiusa l’attività nucleare all’estero, e in particolare in Slovacchia, dove Enel partecipa ai lavori di espansione della centrale di Mochovce.
È in questo contesto che si insediano i nuovi vertici. L’amministratore delegato, Flavio Cattaneo, conosce bene il settore energetico grazie alla sua precedente esperienza in Terna. Non risultano sue prese di posizione pro (o contro) il nucleare, ma sarebbe sorprendente se avesse un pregiudizio avverso: anche perché la Lega, a cui Cattaneo è sempre stato vicino, è tra i più favorevoli. Il presidente, Paolo Scaroni, sul nucleare invece ha una posizione esplicita e forte: “Se – come è giusto che sia – l’Europa si pone l’obiettivo di arrivare a zero emissioni di CO2 nel 2050, nella linea tracciata anche dagli Accordi di Parigi, allora non si può dire di no e basta al nucleare, che ha l’indubbio vantaggio di non generare emissioni”, ha detto pochi mesi fa.
La dichiarazione risale al 2021, quando l’allora ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, aveva posto il problema di come coniugare la sostenibilità ambientale e quella economica e sociale. Cingolani ha sempre sostenuto che, quanto più prendiamo sul serio gli obiettivi di decarbonizzazione, tanto più dobbiamo aprire le porte al nucleare, sia con riferimento ai reattori di terza generazione a fissione, sia a quelli di quarta generazione. Cingolani adesso prenderà la guida di Leonardo. Sebbene l’azienda non abbia una funzione specifica, le sue attività possono diventare critiche sia sotto il profilo della cybersicurezza, sia sotto quello della diagnostica e del controllo. Non a caso Leonardo partecipa a Iter, il grande progetto europeo per la fusione nucleare.
Altri presidi pubblici per l’eventuale sviluppo del nucleare sono Sogin, la società deputata allo smantellamento delle vecchie centrali, e Ansaldo Energia, ai cui vertici si è da poco insediato Fabrizio Fabbri (mentre Riccardo Casale guida la controllata Ansaldo Nucleare). Ai vertici di Sogin dal 2022 c’è il commissario Fiamma Spena: il nuovo cda deve ancora essere nominato. Quanto alla galassia Ansaldo, Fabbri e Casale hanno da poco varato un accordo con Edf e Edison sullo sviluppo delle nuove tecnologie nucleari.
Che fare di queste potenzialità? In campagna elettorale, Giorgia Meloni e Matteo Salvini hanno spesso condannato l’abbandono del nucleare e sollecitato una riapertura del dossier. Una volta preso il potere, i toni si sono abbassati: il ministro Pichetto Fratin ha detto che il governo ha un “atteggiamento positivo” verso l’atomo ma “per fare ulteriori passi deve esserci la volontà democratica del Parlamento”. Infatti l’Italia partecipa solo come osservatore all’alleanza europea sul nucleare promossa dalla Francia.
In sintesi, ci sono professionalità importanti che possono essere attivate per un ritorno del nucleare. Quello che manca non è esterno allo stato, è interno: manca un’Autorità di sicurezza (l’attuale Isin va rafforzata sia nelle competenze interne sia nell’autonomia) e mancano le procedure per autorizzare l’installazione di nuovi impianti. In altre parole, c’è il pane ma non ci sono i denti: se, quando e come dotare il paese della necessaria infrastruttura legale e amministrativa è una scelta esclusivamente politica.