il profilo
Storia di Serena Sorrentino, che già scalda i motori per il dopo Landini
La prossima destinazione è la segreteria confederale per poi arrivare al vertice. La partita è già cominciata al congresso della Cgil. E il suo discorso sembrava atto a definire il profilo di una nuova leadership politica-sindacale
Nel palazzone color salmone di Corso d’Italia dove ha sede la rossa Cgil in tanti danno per scontato il ritorno, nell’arco di un anno o poco più, di Serena Sorrentino. Destinazione segreteria confederale, per preparare poi la scalata al vertice, al posto di Maurizio Landini, quando – entro il 2027 – l’attuale segretario generale deciderà di lasciare e non potrà più essere rieletto.
Perché l’ultimo congresso di Rimini ha confermato sì la leadership incontrastata di Landini, con un consenso che ha superato il 94 per cento, ma ha cominciato a tratteggiare anche il futuro della Cgil. E Serena Sorrentino, capa dei dipendenti pubblici iscritti alla Cgil, parte in pole position. Le successioni in una (ancora) grande organizzazione di massa novecentesca si preparano, non si improvvisano quando si può.
La partita è lunga, ma è già cominciata. Proprio alle assise riminesi. Qui c’entra la prossemica congressuale, come spiegano i più esperti dirigenti sindacali. Nulla in un congresso accade per caso. La leader della Fp ha parlato per penultima, prima soltanto delle conclusioni di Landini. È un privilegio perché permette di dialogare con tutto il congresso senza che però gli altri delegati possano replicare. Tant’è che l’ultimo a intervenire è sempre il leader, perché chiude la discussione e definisce la rotta.
Sorrentino ha parlato per più del doppio del tempo concesso a ciascun delegato, oltre diciassette minuti contro gli otto regolamentari. Incurante dei richiami del presidente ha proseguito il suo intervento, punto dopo punto, esattamente come lo aveva concepito, senza tagliare nulla. Prossemica congressuale. Non ha parlato da delegata del pubblico impiego, se non a tratti, ma da esponente di un’opposizione radicale al governo dalle venature neofasciste di Giorgia Meloni.
Serena Sorrentino ha fatto come Pier Paolo Pasolini. Ha detto – come Pasolini – “Io so”, anzi “Noi sappiamo” perché in Cgil non si coniugano mai i verbi alla prima persona singolare, si fa sempre al plurale, perché conta il collettivo, la comunità, l’organizzazione. “Che cos’è questo golpe? Io so”, è il titolo del bellissimo articolo di Pasolini, pubblicato sul Corriere del 14 novembre 1974, con cui lo scrittore aggrediva il sistema di Potere dell’epoca: “Io so – scriveva –. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi”.
Più di dieci volte in diciassette minuti, Serena Sorrentino ha detto “Noi sappiamo”. “I nomi di quelli che hanno negato il soccorso in mare a Cutro”, per esempio. O “i nomi di quelli che hanno assaltato la sede della Cgil e anche di quelli che nel governo e nel Parlamento ancora non hanno sciolto le organizzazioni neofasciste”. E via così, tra la difesa della legge sull’aborto e la denuncia della precarietà nel lavoro, tra una citazione di Luciano Canfora, una di Jeremy Rifkin e una di Piero Calamandrei.
E qui non è più solo prossemica congressuale. Qui c’è il chiaro tentativo di definire il profilo di una (nuova?) leadership politica-sindacale. Si vedrà se nella lunga traversata Sorrentino (sarebbe la prima segretaria generale non proveniente dall’industria) si porterà dietro la maggior parte della nomenclatura del centro e della periferia confederale, quella che ancora serve, nonostante l’ultima riforma organizzativa che ha abolito il Comitato direttivo, per prendere il posto che fu, tra gli altri, di Giuseppe Di Vittorio, di Luciano Lama, di Bruno Trentin e di Sergio Cofferati.
Maurizio Landini non ha pregiudizi nei confronti di Sorrentino. Al congresso della categoria della Fp si è unito alla standing ovation che è seguita alla relazione di Sorrentino conclusasi con un mix di citazioni: “Eppure il vento soffia ancora. Siate partigiani del lavoro” che non hanno fatto pensare esattamente a una piattaforma sindacale per il rinnovo dei contratti. A Rimini – prossemica congressuale – il tema quasi centrale è stato quello della sanità. L’agenda sindacale vede la sanità al primo posto accanto al fisco. Sono i temi di merito della Funzione pubblica di Sorrentino. Segnali di fumo di Landini?
Sorrentino, napoletana, classe 1978, studi umanistici, pd tendenza Orlando, era la vera candidata di Susanna Camusso alla sua successione. L’aveva già voluta in segreteria confederale dopo una stagione alla Camera del lavoro di Napoli. Ma proprio la carenza nel curriculum di un’esperienza in una categoria (dove si fanno i contratti e si negoziano i processi di ristrutturazione) bloccò il disegno camussiano. Per questo Sorrentino fu dirottata alla Funzione pubblica e a sfidarsi furono Maurizio Landini e Vincenzo Colla. Ora il tempo lavora per Sorrentino. A meno che Michele De Palma, leader della Fiom, sindacalista totus politicus (prima Rifondazione, poi la vendoliana Sel), riuscisse a firmare il suo primo contratto nazionale, scendere in pista e trascinare così in un profondo personale e politico dilemma il metalmeccanico Maurizio Landini.