L'intervista
Lupo Rattazzi taglia i viveri a Renzi e Calenda: "Sono una grande delusione"
L'imprenditore, chairman di Neos spa e nipote dell’avvocato Agnelli, in passato aveva già sostenuto Italia Viva con 150 mila euro. Ora dice basta: "Separarsi è l'unica cosa che non dovevano fare"
“Delusione è poco. Delusione somma, direi. Anzi, a essere sinceri la parola giusta per descrivere la sensazione di fronte alla situazione sarebbe: tradimento”. E insomma è alquanto amareggiato, Lupo Rattazzi, imprenditore, chairman di Neos spa e nipote dell’avvocato Agnelli, quando, dall’Argentina, si trova a dover commentare al telefono la dissoluzione dell’intesa politica tra Matteo Renzi e Carlo Calenda, intesa terzopolista di cui Rattazzi è stato con generosità e convinzione sostenitore. Ha dato centomila euro all’uno e centomila all’altro. E non è la prima volta: Rattazzi in passato aveva già sostenuto Italia Viva con cinquantamila euro. Adesso però, davanti ai cocci, la pazienza è sfumata e l’incredulità dilaga, al punto che l’imprenditore promette di tagliare i viveri, nel senso di negare futuri apporti finanziari a un’eventuale fenice renzian-calendiana risorta dalle ceneri, anche se ieri la presidente di Azione Mara Carfagna ha provato a rilanciare l’idea di una Federazione di centro, ricevendo approvazione non soltanto dallo stesso Calenda ma anche da Italia Viva (nella persona di Maria Elena Boschi e di Raffaella Paita).
“No, basta, non li sosterrei più. Renzi e Calenda si sono dimostrati inaffidabili e poco rispettosi di chi li ha supportati. Separarsi è l’unica cosa che non dovevano fare, l’unica”, dice Rattazzi. Un Rattazzi che nel luglio scorso, di fronte alla caduta del governo Draghi, ha comprato una pagina su Repubblica e Stampa per ringraziare il premier uscente, azione uguale e contraria a quella compiuta nel 2018, quando l’acquisto di una pagina sui quotidiani era stata motivata dal desiderio di contrapporsi alle tendenze no-euro del governo gialloverde (“ma voi”, scriveva pubblicamente Rattazzi, rivolto a Matteo Salvini e Luigi Di Maio, “queste cose le avete raccontate al vostro elettorato, soprattutto a quello che vive di salari e pensioni?”). Chissà se ci ha parlato, Rattazzi, con i “separati” Calenda e Renzi.
“No, vista la delusione, che non è solo mia, ma è sentire comune presso gli azionisti del progetto – persone che lo sostenevano a maggior ragione pensando che l’unione fosse la prospettiva, confidando nel fatto che i due protagonisti fossero capaci di mettere da parte le proprie fisime e idiosincrasie. Invece ecco l’uno che continua ad andare in tv a esternare, mentre l’altro sta zitto, e poi ecco un crescendo di baruffe chiozzotte incomprensibili, data la posta in gioco. Se ci si unisce bisogna saper rinunciare ognuno a qualcosa, no? Beh, mi sarei aspettato una volontà reciproca di fare qualche sacrificio pur di evitare la rottura. Invece, da fuori, c’è uno che sembra pensare molto alle finanze del partito, e l’altro che sembra non voler rinunciare alle battute. Come quella su Renzi che parla solo con Bill Clinton e Barack Obama. Era proprio necessaria? Queste sono cose che, in un clima teso, scavano solchi. Immagino che le motivazioni dell’uno e dell’altro non siano peregrine, magari sono anche fondate, ma lo sbocco di tutto ciò è nullo, per non dire dei calcoli ipotetici sull’eventuale Opa verso l’elettorato di Forza Italia, ragionamento fumoso e magari anche sbagliato”.
“In ogni caso così si rischia di dare ragione”, dice Rattazzi, “a chi è convinto che il centro non esista. E non è che noi abbiamo investito risorse ingenti perché non sapevamo dove mettere i soldi – e dico noi non per usare il plurale maiestatis ma perché il disagio, come ho detto, è comune presso i sostenitori di quella che doveva essere un’unione vera che avesse l’obiettivo non di fare chissà che cosa, ma di costituire una forza-pungolo per il governo Meloni e un punto di riferimento, in prospettiva e in alternativa, per chi non si riconosce nelle culture della destra-destra e della sinistra. Niente, tutto perduto. Si è dimostrato, ohimè, questo sì, che nessuno è disposto a cedere su alcunché, altro che grande passo verso la fusione”.