l'editoriale dell'elefantino
Difesa della razza? Non esagerare, cara Rep.
Il governo dovrebbe scusarsi per il tremendo lapsus sulla sostituzione etnica, ma i fatti alla fine sono la scusa migliore. Per esempio la proposta "due figli, niente tasse": sarebbe un grido di battaglia vittorioso per la Next Generation Europe
"La difesa della razza”, come titolava ieri Repubblica, sembra un tantino esagerato. La formula complottista del disegno di sostituzione etnica ha un fondo razzista e suprematista, come dice anche il sito della presidenza del Consiglio dei ministri, ma l’uso della formula sbracata e falsa è l’inciampo terminologico del “prima”, fanatico, sul “dopo”, che è tutto un pragmatico e razionale revisionismo della precedente stupidità suprematista. Questi ex fascisti liberali che ci governano per volontà del popolo elettore hanno felicemente dirazzato, semmai, se guardiamo ai fatti di oggi che contraddicono le espressioni belluine di ieri. Che si scusino per tremendi lapsus, sarebbe il minimo, ma i fatti alla fine sono la scusa migliore. Per ora non si vedono, e non si vede da dove potrebbero arrivare, blocchi navali e campagne per l’integrità della stirpe.
Più interessante in proposito il 110 per cento della natalità, che secondo lo scoop di ieri di Claudio Cerasa può indurre il governo a detassare le famiglie che fanno almeno due figli. Pare sia una cosa fattibile, che non strazia i conti pubblici dell’erario, che anzi va contro modelli previsionali affidabili sulla minacciosa diminuzione del pil e del reddito pro capite derivante dalla mancanza in prospettiva di soggetti produttivi e tassabili in una società di vecchi e rincoglioniti come chi scrive. E non è una campagna “figli per la Patria” né una escogitazione antimigranti, visto che il Def di Giancarlo Giorgetti, titolare della proposta in itinere, dice che di immigrati il paese o la nazione ha bisogno, del tutto a prescindere dal dibattito un po’ stantio tra sovranisti e globalisti.
Ciò che incuriosisce e diverte della proposta di Giorgetti è il meccanismo lineare e paradossale, la semplicità che in questo caso non è, come dice il poeta, difficile a farsi. Due figli, niente tasse. Non è una formula ungherese, e poi anche se lo fosse va valutata nel merito. Si presenta al contrario come una italianata delle più interessanti, un rimedio da uovo di Colombo. Se le casse pubbliche non vengono sventrate dalla detassazione di alcune centinaia di migliaia di nuovi focolari, ecco trovato il meccanismo di incentivazione. Non si sa se funzionerà, perché maternità e paternità sono un fenomeno complesso e non solo una curva demografico-fiscale, ma potrebbe. Perché non provarlo?
Occorre però che i patti siano chiari. I tecnici facciano le distinzioni necessarie, per esempio tra redditi e patrimoni, e si scontino pure tutti i problemi giuridico-contabili del caso, ma la proposta ha un suo fascino se arriva in porto pura e dura: con i figli, la famiglia prolifica diventa per alcuni anni un soggetto esentasse, punto. Se invece si entrasse nel gioco delle detrazioni, dei calcoli a spanne o al millimetro, del dossier commercialistico-famigliare complicato, la rilevanza dell’immagine riformatrice, e la politica di governo è anche immagine, ne uscirebbe debilitata e sfocata. Uno dei pochi stimoli economico-sociali che hanno abbastanza funzionato nel rilancio economico a partire dalle scelte di individui e famiglie, certo non gratuitamente per lo stato ma con un discreto guadagno per il cittadino coinvolto, è stato la formula magica e ambigua del 110 per cento eco-edilizio. Due figli, niente tasse: sarebbe un grido di battaglia vittorioso per la Next Generation Europe, forse più efficace del piano quinquennale.