Nomine
Fondo Meloni. Scaricabarile sulle nomine. Mef indebolito. il governo teme complotti internazionali
I fondi non si fidano delle scelte su Enel e Leonardo. La premier vuole accelerare il viaggio in America ma il caso Uss complica. Il difficile rapporto tra governo e finanza internazionale. Domani attesa per il rating
Temono la sostituzione della “razza”, mentre i mercati sfidano i loro nuovi manager di “razza”. I fondi internazionali non credono in almeno due nomine del governo Meloni. Sono scettici su Paolo Scaroni, presidente di Enel, non sono pienamente convinti di Roberto Cingolani, ad di Leonardo. Un problema enorme riguarda il presidente designato di Terna. E’ il leghista Igor De Biasio e ha già comunicato, in via informale, che vuole cumulare tre incarichi: Terna, cda Rai e ad di Arexpo. Non ci sarebbe incompatibilità. La premier, in privato, è infuriata con la Lega, che su Enel aveva ingaggiato una battaglia. Il ministro dell’Economia, Giorgetti, è volato, negli scorsi giorni, in America. E’ servito il suo viaggio?
Il Pd, e dispiace, non ha compreso che il vero pericolo di queste ore non è il “suprematismo bianco” del ministro Lollobrigida, ma la scalata degli uomini in grigio; fondi come BlackRock o Covalis. Avviene sotto forma di liste parallele. Vengono depositate e contengono nomi alternativi, possibili candidati nei cda da sottoporre al voto dell’assemblea. Sta accadendo in Enel e Leonardo. In alcuni casi, i fondi non si sentono garantiti dalle biografie dei presidenti o dalle passività dell’azienda. In altri casi, come in Leonardo, la questione è più complessa. Tempo fa, a questo giornale, il sottosegretario Fazzolari aveva dichiarato che “gli omini della Cia” vedono con favore il governo Meloni. Ebbene, gli “omini di Wall Street” portano evidentemente gli occhiali da sole.
Ieri mattina, alla Camera, nella Sala della Regina, durante il discorso programmatico del direttore delle Dogane, Roberto Alesse, erano presenti il viceministro,leo, Gianni Letta, il ragioniere dello stato, Biagio Mazzotta, il prossimo presidente di Eni, il capo della Gdf, Zafarana. Era presente tutta la “famiglia politica” di Gianfranco Fini: la storica segretaria Rita Marino, Italo Bocchino. E’ anche la famiglia di Meloni. In sala si commentava lo scetticismo dei fondi e si diceva: “Li ha scelti tutti la premier”. Meloni è preoccupata. Domani, la società Standard & Poor’s pubblica la revisione del rating dell’Italia. I diplomatici, nei loro ambienti, parlano di un’accelerazione: “Meloni desidera andare a fare visita a Biden prima possibile, ma l’ultima visita di un premier italiano è troppo recente: è quella di Draghi. Bisogna dunque attendere”. Un’altra visita, a fine mese è prevista in Inghilterra. E’ confermata?
Il perno di tutta la politica estera del governo italiano è la sponda angloamericana. Tra Meloni e Biden c’è un rapporto solido e indiscusso. Nasce dalla fermezza di Meloni nel difendere l’impegno italiano in Ucraina. Ma l’America non è solo l’amministrazione americana. E’ intelligence (il caso Uss sta incrinando i rapporti) banche e finanza. Sono tutti rapporti che un ministro dell’Economia può scegliere di coltivare. L’ex ministro Padoan, ad esempio, era uno di quelli che incontrava costantemente i fondi. Daniele Franco preferiva di no. Ci sono tecnici che lo fanno al loro posto. Uno è il capo economista del Mef, un altro è il responsabile della gestione del debito, Davide Iacovoni. Il capo economista del Mef è stato a lungo Riccardo Barbieri Hermitte, ma oggi è direttore generale del Tesoro. La casella di capo economista è al momento vacante. Chiaramente, se uno fa il direttore generale del Tesoro non può fare pure il capo economista. Giorgetti ha scelto Marcello Sala, già vicepresidente del consiglio di gestione di Banca Intesa, per farsi aiutare. Lo ha indicato direttore del servizio relazioni con gli investitori. Sala deve curare questi rapporti con i fondi; rapporti che oggi, come si vede, si rivelano fondamentali. Il Mef li sta curando? Li sta curando bene? Perché i mercati non credono nel nome di Cingolani; nomina su cui non ci sarebbe nulla da ridire? La struttura del Mef meriterebbe un pezzo a parte. E’ solida?
Manca ancora il famigerato direttore delle partecipate. Ieri, abbiamo fermato il ragioniere dello stato, Mazzotta, e gli abbiamo chiesto: “Ragioniere, ma quando arriva il direttore delle partecipate?”. Lui, cordialmente, ha risposto: “Questa è una domanda che dovete fare al ministro Giorgetti”. Il modo in cui lo ha detto meriterebbe un terzo articolo. Mazzotta ha la fama di chi pronuncia al massimo quattro parole al giorno. Una volta, Ciampi ricordò a un ministro: “Guardi che la Ragioneria è temibile. Ripeto, temibile”. Ci sarebbe dell’attrito, e questo lo scriviamo noi, tra la Ragioneria e la struttura di Giorgetti. La Ragioneria non ha mai sopportato “lo scippo” di Raffaele Fitto (una parte della Ragioneria è stata incamerata dal superministro Pnrr). Ebbene, quanto incidono questi fatti, messi in fila, quanto pesano per i fondi d’investimento?
Il governo si sta naturalmente interrogando sul fondo Covalis, il più agguerrito su Enel. Protagonisti di FdI si chiedono da dove esca fuori questo fondo lituano, capofila della lista avversa a Enel. La geografia lituana agita fantasmi. Al governo si chiedono pure perché questo fondo stia avendo “tanto spazio sui giornali”. Annusano insomma del fumo. Meloni, ed è stato raccontato, nel caso di Enel, ha dovuto accettare le richieste di Salvini; lo stesso che ha imposto De Biasio a Terna. La premier ha scelto in libertà Cingolani e spostato Donnarumma da Terna a Cdp Venture Capital. Chi opera nel settore finanziario aveva già avvertito l’esecutivo. I fondi giocano in maniera aggressiva e non dialogano. Si sapeva. . La domanda è dunque questa: voi di cosa vi preoccupereste? Della “sostituzione” della razza o dei fondi che cercano di sostituire il governo come azionista nelle più grandi società partecipate?